Sulla Sicilia, sin da tempi antichissimi, si sono riversate ondate di civiltà. Ma i Greci vi hanno lasciato un carattere indelebile, che fa parte della natura profonda di questa terra. Gli dèi non se ne sono mai andati dall'isola. Nelle campagne assolate nel cuore dell'estate, per le strade aggrappate ai pennacchi di roccia delle montagne siciliane si può ancora sentire Eracle chiamare le sue mandrie e Ulisse ridere del Ciclope. Nel tramonto di Agrigento, di Selinunte, di Segesta abitano ancora le processioni in onore degli dèi. Quando il giorno chiama la notte, nei teatri di Siracusa e di Taormina, il racconto del mito, nella rappresentazione delle tragedie, ritrova la voce potente che dovette avere nel V secolo a.C., in Grecia e nell'Occidente greco. Terra rifugio di dèi e di eroi, di ninfe e di filosofi, di mostri e di re, la Sicilia è l'incarnazione di quello straniamento magico e felice che tanto piaceva ai Greci. È la stranizza di un mezzogiorno d'estate, con i cortili risuonanti di voci e qualche buona storia da ascoltare e da raccontare.
Non servono bussole, gps o rose dei venti. Ogni viaggio in Grecia è, prima di tutto, un viaggio dell’anima. Fra querce che sussurrano il nome delle divinità, grotte misteriose, antichi templi e racconti di poeti, questo viaggio è un salto nel blu del mare di Grecia, alla ricerca dei suoi dèi, degli eroi, dei miti e, anche, un po’ di noi: di quel che siamo stati e, talvolta, vorremmo di nuovo essere.
Il tempo di una sosta sotto un albero ombroso, accanto alle rovine di un tempio, ma anche, semplicemente, la fantasia di un viaggio, dalla poltrona di casa: è la magia del mito, sempre diverso e sempre lo stesso a ogni nuovo racconto, ovunque ci si metta in ascolto.
Giulio Guidorizzi e Silvia Romani ci accompagnano nella terra in cui ogni pietra custodisce una storia da raccontare e ci invitano a rallentare il ritmo, a concederci il piacere di fermarci per un attimo ad aspettare il passaggio, invisibile, di un dio. Una guida mitologica della Grecia in cui i luoghi sono descritti con gli occhi e i miti di coloro che li hanno fabbricati, in un tempo lontano.
Le passioni colorano emotivamente l’esistenza e vengono vissute come un’esperienza travolgente. La Grecia antica ha riconosciuto la loro importanza e le ha rese protagoniste dei poemi epici e delle tragedie. L’ira, l’amore, l’odio, la paura, il desiderio sono tra le grandi passioni che dominano Achille, Edipo, Medea e gli altri eroi cantati da Omero, dai tragici e dai lirici greci. Sono moti della psiche ambivalenti, ma viverli – e a maggior ragione osservarli in scena, provando pietà e terrore – favorisce la conoscenza delle sfere più nascoste della mente. Concepite come forze che si impossessano dell’anima, le passioni erano subite dagli eroi del mito che le incarnavano. Furono però variamente considerate: ora come effetto dell’intervento divino, ora come sintomo di un conflitto interiore dell’individuo, ora come ostacolo al predominio della ragione sull’irrazionalità. Giulio Guidorizzi passa in rassegna alcuni dei più affascinanti miti greci per scoprire quale significato quelle passioni possano avere tuttora o come ne sia mutata l’interpretazione, a partire da alcune diventate emblematiche, come quella di Edipo riletta dalla psicoanalisi.
Alle origini della civiltà occidentale, i Greci svilupparono una vera e propria cultura del sogno. Per loro la vita notturna non era marginale e poco significativa, ma un messaggio capace di proiettarsi con forza sulla vita cosciente; a loro si chiedevano indicazioni su scelte da compiere, oracoli, persino miracolose guarigioni. Questo libro parla delle varie funzioni dei sogni nella civiltà greca, sino alla tarda antichità: dai sogni di Omero a quelli che progressivamente vennero studiati e descritti da filosofi , scienziati, poeti, interpreti professionisti di sogni.
L'autore
Giulio Guidorizzi insegna Teatro e drammaturgia dell’antichità all’Università di Torino. Nella collana Scienza e Idee ha pubblicato Ai confini dell’anima (2010).
Per la prima volta in un testo italiano si affronta il tema della follia nell’antichità.
Per i Greci la follia non era solo una malattia ma anche un mezzo per dilatare la personalità: era lo strumento con cui la Pizia rendeva oracoli a Delfi, stava alla base di culti estatici come quello di Dioniso, attraverso cui molte persone avevano la possibilità di sperimentare esperienze visionarie. Perciò in Grecia i folli non venivano reclusi ma la società si attrezzava per fare della follia un “buon uso”.
L'autore
Giulio Guidorizzi insegna Teatro e drammaturgia dell’antichità all’Università di Torino. Si dedica da sempre allo studio dell’antropologia del mondo antico e ha curato, tra l’altro, l’edizione della Biblioteca di Apollodoro (Adelphi 1995) e il primo volume del Mito greco per i Meridiani Mondadori (2009).