Sembra più facile appassionarsi alla lettura dell'Inferno di Dante che a quella del Paradiso, che può apparire come un nulla immacolato. Ma il Paradiso dantesco è più variato e violento dell'Inferno. Lì, Beatrice dichiara al poeta: "S'io ridessi tu ti faresti di cenere". Ecco perché mettiamo il Paradiso alla porta: temiamo la sua gioia esigente. E allora ci fabbrichiamo un piccolo paradiso artificiale, rassicurante: un inferno molto rispettabile. Certo, non si tratta di fuggire verso un altro mondo immaginario né di regredire verso il paradiso terrestre della Genesi, che, lo sappiamo, è definitivamente perduto. Alla nozione di un aldilà opponiamo a buon diritto l'esigenza di vivere hic et nunc. Ma non riusciamo mai a essere veramente qui, adesso. Ed è a questo punto che il vero paradiso rivela il suo paradosso e si difende dalle sue parodie: non è evasione verso un altrove, ma grazia lacerante di essere infine presenti a tutti e a ciascuno, in un'apertura sinfonica, una creatività corale. Questo libro è un invito a percorrere un itinerario attraverso la filosofia, la teologia e le arti - da Nietzsche a san Tommaso, da Baudelaire e Proust a Bernini, da Sade a Mozart - per accostarsi a ciò che il paradiso ha di più terribile e di più bello: la ferita della sua beatitudine. Non si tratta di una consolazione, ma di una convocazione a quella gioia che deve farci perdere ogni contegno - come un clown - e distruggere ogni contentamento - come un fiume...
Fabrice Hadjadj nació en Nanterre en 1971 de padres de ascendencia judía e ideología maoísta. Vivió su infancia entre Túnez y Francia. Convertido al catolicismo en 1998, ha ejercido como profesor de filosofía y literatura en Toulon. Es ensayista y dramaturgo, está casado con la actriz de teatro Siffreine Michel, con la que tiene seis hijos y, en la actualidad, es director del Instituto Europeo de Estudios Antropológicos Philanthropos de Friburgo. Colabora regularmente en Art Press, en el Figaro Littéraire, en La Vie y en Panorama.Hesíodo ya sentía nostalgia de una antigua edad de oro y denunciaba la suya como una época de hierro. Por tanto, es probable que la humanidad esté en crisis desde su origen. Sin embargo, el estado crítico de nuestra época posee carartrísticas especiales, extremas, y se parece mucho a una fase terminal: puede que no vivamos ya en una época, sino más bien en una prórroga.Precisamente cuando una cosa desaparece es cuando se nos revela en sus contornos más singulares. La palabra apocalipsis lo sugiere así, con su doble significado de ?desastre? y ?revelación?. En esta nueva situación en que lo humano se ve amenazado por los exterminios tecnológico, ecológico y teocrático, las líneas de separación se difuminan, los enemigos de ayer se alían y los más revolucionarios experimentan la necesidad de recurrir a una tradición?Esta obra de Hadjadj trata sobre esa alianza de tradición y modernidad, de escatología y cultura, de lucidez ante la muerte y educación abierta a la vida. El autor querría pasar del transhumanismo de J. Huxley al trasumanar de Dante, para extraer así del apocalipsis venidero una alegre sabiduría.
Che cos'è una famiglia? Fino a qualche tempo fa la risposta era talmente ovvia che la domanda non meritava neppure di essere posta. Ma oggi, con la propaganda del "matrimonio per tutti", la diffusione delle teorie del gender, e l'invasione della tecnologia per produrre individui preselezionati e performanti, niente va dato per scontato. Per Fabrice Hadjadj, la famiglia "è il luogo nel quale si articolano la differenza dei sessi e la differenza delle generazioni, e anche la differenza tra queste due differenze"; fondata su un desiderio, prima che da una decisione, la famiglia "è il luogo del dono e della ricezione incalcolabile di una vita che si dispiega con noi ma anche nostro malgrado, e ci spinge sempre più avanti nel mistero dell'esistere". Per questo, Hadjadj può affermare che "la famiglia è lo zoccolo carnale dell'apertura alla trascendenza": infatti, "proprio perché la trascendenza è la sorgente di tutto ciò che appare, è nascosta come la luce. Il suo spirito è nel tessuto stesso della nostra carne". "Che cosa dice l'inizio del libro della Genesi? Dio creò l'uomo a sua immagine. Maschio e femmina li creò (Gn 1, 27). In altri termini, l'immagine di Dio si trova nella differenza dei sessi". Non è dunque una provocazione il titolo del secondo saggio di questo volume, La trascendenza nelle mutande.
Fabrice Hadjadj nació en Nanterre en 1971 de padres de ascendencia judía e ideología maoísta. Vivió su infancia entre Túnez y Francia. Convertido al catolicismo en 1998, ha ejercido como profesor de filosofía y literatura en Toulon. Es ensayista y dramaturgo, está casado con la actriz de teatro Siffreine Michel, de la que espera su sexto hijo y, en la actualidad, es director del Instituto Europeo de Estudios Antropológicos Philanthropos de Friburgo.
¿Puede ser Dios un tema de conversación? ¿Se le puede mencionar entre los resultados de la Champions y la predicción meteorológica? ¿No sería mucho mejor disertar sabiamente sobre él, colocándolo entre las antinomias de Kant y las genealogías de Nietzsche? ¿La misma boca que acaba de decir “¡Pásame la sal!”, o “Eres muy guapa, Mónica, ¿puedo subir a tomarme una copa contigo?”, podría decir algo acerca de la divinidad? Además, ¿la palabra “Dios” no es quizás una más entre otras dentro de nuestras frases, aunque lleve inicial mayúscula? ¿Acaso el Infinito se sostiene sobre cuatro letras corrientes (como el hombre finito en cinco)? ¿No lo rebajamos hablando de él cuando pretendemos exaltarlo? ¿No lo honramos hablando de él cuando queremos liberarnos para siempre de su presencia?
Hay al menos dos clases de personas que no se asustan ante estas dificultades: el fundamentalista y el ateo. Ambos hablan de Dios a diestro y siniestro. Eso hace que otros dos tipos se rebelen contra tanta arrogancia: el agnóstico y el criptocristiano. Ambos deciden no hablar de Dios para nada. Y luego están aquellos que no se encuentran en ninguna de estas cuatro facciones. Aquellos que creen que no pueden hablar de Dios, pero que menos aún pueden callar. Y ahí los tenemos tartamudeando, farfullando, balbuceando, como payasos que han de dar testimonio de algo que los supera… Son enviados como heraldos del “Reino”, y van a hacer la compra a los almacenes Leclerc. Son llamados “la luz del mundo”, y buscan a tientas el interruptor de su habitación. Finalmente, se saben hijos del Dios infinito y, no obstante, hijos de Lucette y de Ferdinand, finitos, extremadamente finitos…
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Saggio su come parlare oggi del mistero ineffabile di Dio. Il giovane filosofo francese ci regala il suo vademecum per la nuova evangelizzazione.
Sembra più facile appassionarsi alla lettura dell'Inferno di Dante che a quella del Paradiso, che può apparire come un nulla immacolato. Ma il Paradiso dantesco è più variato e violento dell'Inferno. Lì, Beatrice dichiara al poeta: "S'io ridessi tu ti faresti di cenere". Ecco perché mettiamo il Paradiso alla porta: temiamo la sua gioia esigente. E allora ci fabbrichiamo un piccolo paradiso artificiale, rassicurante: un inferno molto rispettabile. Certo, non si tratta di fuggire verso un altro mondo immaginario né di regredire verso il paradiso terrestre della Genesi, che, lo sappiamo, è definitivamente perduto. Alla nozione di un aldilà opponiamo a buon diritto l'esigenza di vivere hic et nunc. Ma non riusciamo mai a essere veramente qui, adesso. Ed è a questo punto che il vero paradiso rivela il suo paradosso e si difende dalle sue parodie: non è evasione verso un altrove, ma grazia lacerante di essere infine presenti a tutti e a ciascuno, in un'apertura sinfonica, una creatività corale. Questo libro è un invito a percorrere un itinerario attraverso la filosofia, la teologia e le arti - da Nietzsche a san Tommaso, da Baudelaire e Proust a Bernini, da Sade a Mozart - per accostarsi a ciò che il paradiso ha di più terribile e di più bello: la ferita della sua beatitudine. Non si tratta di una consolazione, ma di una convocazione a quella gioia che deve farci perdere ogni contegno - come un clown - e distruggere ogni contentamento - come un fiume...
"Come potrebbe il male farci tanto male se non avessimo prima udito la promessa del bene? Come potrebbe la morte di un bambino essere per noi così mostruosa se non avessimo prima gustato la meraviglia della sua vita?".
"Che cos'è la verità?" è la domanda che Ponzio Pilato fece a Gesù e che oggi viene rivolta, nell'ambito di una disputatio tenutasi nella cattedrale di Rouen, a due filosofi francesi contemporanei, ben noti anche al pubblico italiano: Fabrice Hadjadj e Fabrice Midal. Partendo da punti di vista radicalmente diversi, entrambi propongono al lettore interessanti spunti di riflessione su una questione che ha attraversato la storia della filosofia, della religione, della letteratura e dell'arte, e che ciascuno è costretto ad affrontare nel corso della vita. Per Midal la ricerca della verità si inscrive nell'ambito del buddhismo, verso cui il filosofo, di origine ebraica, ha da tempo rivolto il suo interesse (ritrovandone echi suggestivi anche in Rilke e in Monet). Per Hadjadj - pure di origine ebraica, ma convertito al cristianesimo - la ricerca della verità si realizza soprattutto nell'incontro con l'Altro, colto nella sua irriducibile diversità e concretezza, di cui la persona di Cristo è l'espressione folgorante e assoluta.
Molti cristiani credono di individuare il nemico tra i libertini e i lussuriosi, ma i demoni sono piuttosto angeli che ignorano i piaceri della carne. Altri ancora reputano che il demonio si nasconda tra gli atei o gli agnostici, mentre - come ricorda san Giacomo - «i demoni credono e tremano»: non esiste un solo articolo di fede della cui verità essi dubitino! Per di più, essendo puri spiriti, spesso sono famelici di spiritualità. L'essere diabolico non è così lontano ed estraneo come ci si immagina. Questo libro non è un compendio di demonologia, ma una riflessione sulla logica del male, per poterlo riconoscere e combattere. Lo si consideri dunque alla stregua di un piccolo prontuario di battaglia in modo da imparare, come dice san Paolo, a «far pugilato, ma non come chi batte l'aria».
Contro i manuali che riducono l'esistenza a ricette per il successo, l'Autore propone un anti-metodo per accettare il fallimento e la paura e per aprire noi stessi a ciò che va oltre di noi. Perché, paradossalmente, una società che fugge dinanzi alla morte non può che costruire una cultura di morte, mentre una società che la accetta genera una cultura di vita. DALL'INDICE Meditazioni sul tempo umano Lo spavento del morire Sul suicidio e l'eutanasia dal nome ingannevole Sull'omicidio legale e il terrorismo Sul peccato di Adamo, il sacrificio di Cristo e il nichilismo Anti-metodo in quindici lezioni GRAND PRIX CATHOLIQUE FABRICE HADJADJ, ebreo dal nome arabo e di confessione cattolica, è sposato e padre di due figli. Saggista e drammaturgo, insegna filosofia e letteratura.