Ultima opera che Ágnes Heller concluse prima della sua scomparsa, questo libro ricostruisce la storia culturale dell'Occidente negli intrecci fra produzione drammaturgica e riflessione filosofica. Sin dalla loro nascita, tragedia e filosofia sono unite da un'"affinità elettiva": la tragedia rappresenta le tensioni che caratterizzano un dato presente storico e ne introduce la sua comprensione filosofica. A sua volta la filosofia, pensando il proprio tempo (Hegel), pone nuovi concetti e scenari che faranno da materiale per successive rappresentazioni drammaturgiche, in una mutua influenza che imprime movimento all'intero sviluppo storico. Antigone, Amleto, Fedra, la Nora di Ibsen, il Galileo di Brecht condividono il palcoscenico di questo libro con l'etica aristotelica, la teoria secentesca delle passioni, l'utopia marxiana, l'esistenzialismo, la decostruzione. Solo attraverso questa profonda e originale ricomposizione è possibile porre la domanda sul futuro di filosofia e tragedia - e tentare di rispondere.
È possibile leggere i sogni con le categorie dell'estetica? Questa la novità contenuta in "La filosofia del sogno", uno degli ultimi lavori inediti di Ágnes Heller, recentemente scomparsa, pubblicato in lingua italian n anteprima mondiale. Con la nascita della psicanalisi, l'interpretazione dei sogni si è affrancata dal dominio delle pratiche esoteriche per convertirsi in esercizio analitico. Quale sintomo del malessere o benessere di una coscienza privata, tuttavia, le realtà del mondo sognato sono rimaste escluse dalla comprensione scientifica moderna, che da Cartesio in poi ha separato in modo definitivo razionalità e immaginazione, spaccando il pensiero in due. Alla maniera dell'arte, dell'intuizione mistica, della poesia o della scoperta, i sogni - suggerisce l'autrice - dicono verità che si sottraggono al principio di verificazione. Attraverso la lettura di episodi biblici, dei drammi di Shakespeare, dei protocolli dei sogni di artisti e filosofi contemporanei, Ágnes Heller inaugura un nuovo discorso sul sogno e ricongiunge la tradizione religiosa e letteraria con l'odierna fenomenologia, con l'ermeneutica e la filosofia dell'esistenza.
Attraverso lo sguardo critico di Marx ed Engels, Ágnes Heller propone una nuova lettura di un Rinascimento che è stato al tempo stesso rivoluzione e crisi: i ceti del feudalesimo, infatti, lasciano il posto a una stratificazione sociale più fluida e a una nuova forma di lotta di classe, l'uomo si riappropria del suo destino, e il capovolgimento del sistema dei valori getta le basi del futuro individualismo. Dalle contraddizioni di quest'epoca si apriranno due strade sul futuro dell'Europa: da una parte proprio l'Italia, così come la Spagna, incarnerà il volto di un Rinascimento naufragato all'apice della sua trasformazione economica e culturale; dall'altra, le successive evoluzioni in Inghilterra e Francia rappresenteranno le naturali conseguenze di ciò che è stato anche l'alba del capitalismo. Analizzando i capolavori di Shakespeare, More, Machiavelli, Giordano Bruno e tanti altri artisti che sentirono l'esigenza di ripensare l'uomo e il mondo, la Heller ci restituisce la complessità di un'epoca così fondamentale per l'identità europea.
In un intenso dialogo con Francesco Comina e Genny Losurdo, Ágnes Heller, la grande filosofa ungherese, conduce il lettore attraverso un viaggio appassionato sul tema dell'amore, dalle origini del pensiero fino ad oggi. Un viaggio che corre dentro un filo narrativo serrato dove si mescolano le intuizioni dei filosofi con le leggende mitiche, letterarie e artistiche fra eros, philia, agape, amor passio, amor intellectualis e l'etica della cura e del prossimo. Senza dimenticare i riferimenti all'oggi, al rapporto tra amore e politica, in un'Europa bifronte, piena zeppa di paradossi inconciliabili, uscita dal flagello della guerra invocando l'universalità dei diritti umani, la solidarietà, la libertà e poi finita, con la caduta del muro di Berlino, nell'alzare fili spinati, barriere e nuovi muri. Il libro si chiude con uno scritto inedito della Heller, un ricordo vibrante, pieno di amore per i novant'anni dalla nascita di Anna Frank, sua coetanea. Entrambe condivisero la triste sorte riservata agli ebrei stritolati dal nazismo. Ágnes si salvò, dopo la liberazione del ghetto di Budapest, Anna venne invece deportata e uccisa nel lager di Bergen Belsen.
Le deportazioni naziste dell'infanzia e la complicità degli ungheresi, le fucilazioni degli ebrei lungo il Danubio, la morte dell'amatissimo padre ad Auschwitz, gli amici dell'Isola Margherita. Un'infanzia che decide, "per caso", il destino di una grande filosofa. Al cuore del suo percorso esistenziale e intellettuale, l'incontro con György Lukacs e la nascita della Scuola di Budapest, con il suo vivace corredo di amicizie e intrighi amorosi. La vocazione filosofica e il marcato spirito d'indipendenza di Ágnes Heller si accompagnano a un radicale impegno politico che la catapulta negli snodi cruciali del Ventesimo secolo: la Rivoluzione del 1956, il Sessantotto, la caduta del Muro nel 1989, il passaggio alla democrazia liberale, fino all'attuale tirannia di Orbán in Ungheria. Heller racconta l'emigrazione in Australia nel 1977, cui seguono i febbrili anni newyorkesi, dal 1986 al 2007, caratterizzati da una vita culturale in fermento: teatri, concerti, viaggi, incontri con intellettuali di tutto il mondo. In questo caleidoscopio di esperienze sfilano i più grandi nomi del pensiero novecentesco, da Foucault a Derrida, da Adorno a Löwenthal, da Jonas a Habermas, da Taubes a Bauman. Una vita intensa, movimentata, trascorsa in una costante e coraggiosa ricerca della libertà.
L'ultimo secolo ha visto cambiamenti epocali: la trasformazione della società di classe in società di massa, l'accentuarsi del legame fra scienza e tecnologia, le guerre mondiali, i sistemi totalitari, l'accelerazione digitale. Riattualizzando la visione della modernità offerta da Max Weber, Heller riflette sul nostro tempo e in particolare sul concetto di verità nella sfera politica. Cosa consideriamo vero? Quanto pesa l'interpretazione sulle nostre posture politiche? In che modo la verità politica si distingue dal vero in altre sfere del mondo moderno? Ma cos'è, poi, in fondo, la verità? Questo breve saggio ci sorprenderà con la spiazzante posizione della filosofia rispetto a tali interrogativi.
Questo libro, scritto prima che l’autrice abbandonasse l’Ungheria e pubblicato per la prima volta in Germania nel 1978, offre spunti di riflessione ancor oggi di grande attualità. Se è vero che allo scienziato non occorre la filosofia per convalidare i propri metodi, è altrettanto vero, sostiene Heller, che è necessario ricorrere alla filosofia per rispondere alle domande: come si deve pensare? Come si deve agire? Come si deve vivere? La filosofa ungherese invita la filosofia a svegliarsi dal letargo in cui il prevalere del dominio scientifico l’ha confinata e a riguadagnare la propria radicalità di pensiero, fondata sull’unità di Vero e Bene, di teoria e prassi.
In questo testo considerato ormai un classico, Heller analizza in modo radicale il ruolo e l’importanza della storiografia, al cui centro vi è il concetto di storicità inteso come condizione umana. Il libro esamina le norme e i metodi della storiografia da un punto di vista filosofico, e rifiuta con fermezza le generalizzazioni offerte dalla filosofia della storia come risposta ai problemi della contemporaneità. Criticando la tradizione filosofica che l’ha preceduta, la filosofa ungherese delinea una teoria della storia intimamente intrecciata all’etica, che pone al cuore del proprio dispiegarsi la responsabilità dell’uomo nei confronti delle proprie azioni. Un pensiero che è ancora così radicale da poter essere applicato a tutte le strutture sociali dei nostri giorni.
Tutti noi siamo esposti al crescente potere della vergogna. Un potere che produce sofferenza, alienazione e una terribile solitudine. Non esiste una vera autorità capace di detenere questo potere: gli "altri" sono esecutori di un ruolo inconsapevolmente giudicante. Sull'amor di sé prevale l'amor proprio, l'amore della propria immagine. Heller analizza questo sentimento e ne scandaglia le diverse manifestazioni fenomeniche: la sua disanima è anche una critica impietosa nei confronti della società contemporanea, che ci condanna a essere schiavi dello sguardo altrui e ci rende estranei a noi stessi.
Quattro saggi inediti si affiancano in questo volume a uno studio sull'eredità dell'etica marxiana e al testo, ormai classico, sulla teoria dei bisogni. Una lettura del pensiero di Marx decisamente controcorrente che - analizzando il rapporto con la modernità, la giustizia, la liberazione dell'uomo, l'ebraismo, la cultura tedesca - sottolinea l'importanza filosofica del lavoro di Marx, la cui attualità non è scalfita dal superamento delle sue teorie economiche o sociologiche ed è ancora oggi indispensabile per comprendere i caratteri fondamentali della nostra modernità e molti problemi cruciali del nostro tempo. «Karl Marx non si è mai identificato con il suo essere un tedesco o un ebreo, né con il suo essere un membro del proletariato internazionale o un marxista. È ben nota la sua affermazione: 'lo non sono un marxista, sono Karl Marx'. Quindi quando parlo di Marx come filosofo ebreo-tedesco ho in mente l'identità delle sue creazioni, della sua opera, della sua filosofia, non la sua identità personale».
“…Volevo spingerti in una direzione che ti permettesse di renderti conto che nessun’altra etica è possibile nell’epoca moderna, quantomeno nessuna che le sia adeguata. O l’etica della personalità o nessun altra etica. Ci sono tante etiche della personalità quante persone etiche rappresentative.”
Accompagnata dalla voce di altre filosofe, come Simone de Beauvoir e Hannah Arendt, Heller passa in rassegna le tappe del lungo e rivoluzionario processo di liberazione delle donne: dalla sottomissione allo sguardo dell’altro – prevalentemente al maschile – alla conquista del diritto all’autodeterminazione, che coinvolge in una battaglia comune gli stessi uomini; dall’emancipazione politica dell’Illuminismo alla parità economica e sessuale, sino ad arrivare alla partecipazione sociale, professionale, istituzionale dei nostri giorni. Sorge però una domanda cruciale: essere state liberate significa per ciò stesso essere libere? Appellandosi alle scelte individuali di ciascuna, la filosofa sembra indicare la direzione di una responsabilità personale, cui nessuna donna può sottrarsi.