Servizi di consulenza non sempre serissimi e interi scaffali di libri di 'self-help' hanno trasformato la riflessione su che cosa sia la vera vita in trattazione superficiale orientata al raggiungimento della realizzazione personale, della riscoperta di se stessi o di una non meglio precisata ricerca della felicità. Con questo libro uno dei più noti e apprezzati filosofi contemporanei, da sempre sensibile agli intrecci tra saperi di provenienza culturale differente, ci esorta a tornare invece ai fondamentali della filosofia, per porre le giuste domande su una questione radicale: qual è la vita degna di essere vissuta? È vita vera quella che portiamo avanti giorno dopo giorno? O esiste una dimensione autentica che ci sfugge? E la storia della filosofia occidentale, da Platone a Cartesio e Heidegger, ci fornisce gli strumenti più adatti per tentare una risposta? François Jullien affronta coraggiosamente un tema che ha da sempre sollecitato pensatori e scrittori, a Oriente come a Occidente. Una lettura utile tanto più in un tempo di smarrimento profondo come è quello che stiamo attraversando.
In breve
Esistono valori universali? Dove possiamo collocare la dimensione comune a tutti gli uomini? Come concepire il dialogo fra culture? È infatti giunto il momento di abbandonare sia l’universalismo superficiale che il relativismo pigro: di riqualificare attraverso il loro versante negativo il carattere assoluto dei diritti umani; di ripensare il dialogo fra culture non più in termini di identità o differenza bensì, a partire dal piano comune dell’intelligibile, in termini di scarto e fecondità; di considerare le culture come tante risorse da esplorare, minacciate però dall’uniformazione del mondo contemporaneo. Solo la pluralità delle culture ci consentirà di sostituire il mito eterno e stereotipato dell’Uomo con l’infinito dispiegamento dell’umano che attraverso di esse si sviluppa e si riflette.
Indice
Premessa - Itinerario - I. L’universale - II. L’uniforme - III. Il comune - IV. Dalla nascita della «polis» all’estensione cosmopolitica del comune - V. L’altro piano: l’universale, categoria logica della filosofia - VI. Primo incontro tra universale e comune: la cittadinanza romana viene estesa all’impero - VII. San Paolo e il superamento dei comunitarismi nell’universalismo cristiano - VIII. Esiste una questione dell’universale nelle altre culture? - IX. Esistono nozioni universali? Statuto ideale di un universale culturale X. I diritti umani: concetto di universalizzante - XI. Né sintesi, né denominatore, né fondamento: da dove proviene il comune? - XII. Le «culture»: scarti linguistici e risorse del pensiero - XIII. Costruire il dialogo tra culture in opposizione all’uniformazione diffusa: l’auto-riflessione dell’umano
Per un occidentale l'efficacia è la capacità di ottenere i risultati previsti seguendo la via più breve. Figlia del razionalismo greco e della scienza moderna, la cultura occidentale lega il concetto di efficacia all'azione decisa, frutto di un'attenta pianificazione che prima appronta un buon modello teorico, e quindi lo applica con lineare determinazione. I cinesi, al contrario, definiscono efficace un'azione indiretta, lenta, che attende gli sviluppi della situazione e si limita a esaminare lo stato dei fatti per comprendere quale sia la loro propensione. L'efficacia di un'azione deriva dunque dalla capacità discreta di far leva sulle cose per consentirne una spontanea maturazione. Questa concezione dell'agire, tanto diversa da quella occidentale, si esprime anche nel modo con cui i cinesi affrontano gli affari, danno seguito ai contratti, rispettano gli impegni: un divario enorme che interviene nelle relazioni economiche tra Oriente e Occidente, complicandole e inducendo reciproci malintesi. In queste pagine François Jullien sviluppa una riflessione sulle profonde differenze che separano e attraggono Oriente e Occidente, ricorrendo a una esemplificazione che attinge alle sorgenti dell'immaginario delle due culture, fino ad abbracciare la storia più recente.
I greci ci hanno tramandato una cosa che non può essere completamente detta se non nella loro lingua: logos. Significa allo stesso tempo parola, argomentazione, giudizio, ordine e, in ultima analisi, logica. Attorno a questa articolazione si è cristallizzata quella che da allora chiamiamo la Ragione (occidentale). E con altrettanta evidenza si è fissato in noi il principio che fa coincidere l'atto del parlare con il dire e il dire con il dire qualcosa. Tutto il destino della parola si gioca a partire da questo elemento: la parola deve sempre mantenere una corrispondenza uno a uno con un concetto. «Chiediamoci: quali risorse della parola si sono perse, disdegnate o lasciate incolte? Quali riserve, quali giacimenti rinvenibili in altre culture abbiamo negligentemente lasciati inesplorati?»
Jullien insegna all'università di Paris-VIII e si occupa dello studio del pensiero e dell'estetica della Cina classica in una prospettiva interculturale. In questo volume analizza l'I Ching, il libro-non libro servito da testo fondamentale per tutta una civiltà, come strumento, mettendo a frutto il commento agli stessi Ching di uno dei grandi pensatori cinesi del XVII secolo, Wang Fuzhi.