In tempi che vedono anche la lingua della predicazione e della catechesi cristiana afflitta in misura non lieve dalla frammentazione tipica della cultura postmoderna, il tentativo di offrire un’intelligente introduzione alla fede va salutato con soddisfazione. È questo il caso del saggio di Pierluigi Lia, che si propone di disegnare una visione complessiva e coerente del mistero cristiano. La sintesi unificante viene conseguita, in modo agile e originale, attorno alla nozione di ‘forma’, sviluppando un orientamento teologico, quello sensibile alle istanze ‘estetiche’, che si va dimostrando sempre più pertinente ed efficace. Qui non si allude certo a un inconcludente estetismo, ma ci si riferisce al disporsi bello della realtà cristiana verso lo sguardo semplice che si fa guidare dal manifestarsi della verità. Al cuore dell’identità cristiana, quale forza che ne plasma la forma, sta la rivelazione di Dio, il suo splendore, apparso una volta per sempre nella pasqua di Gesù. Nel Figlio, nella sua sorprendente vicenda terrena, Dio realizza l’intenzione di far conoscere la propria verità. In rapporto a questa figura acquistano collocazione sensata e ordinata le linee essenziali che costituiscono l’identità cristiana e che qui vengono conseguentemente rilette: la deformazione dell’immagine originaria dell’uomo a causa del peccato, la rinascita dall’alto del credente che si va così conformando all’immagine del Figlio, la figura della Chiesa come segno vivo del destino a cui tutti gli uomini sono chiamati. L’itinerario che l’autore fa in tal modo percorrere si rivela nitido e persuasivo, capace di accompagnare la riflessione di chi si avventura a riscoprire l’insieme inviolabile del mistero cristiano.
Pierluigi Lia, teologo, è stato a lungo docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel suo lavoro dedica particolare attenzione alle relazioni tra l’intelligenza propria della fede cristiana, la filosofia e l’estetica. Oltre a numerosi articoli e contributi in opere collettive ha pubblicato: Libertà incatenata e trascendenza. Note per una fenomenologia della coscienza credente, Milano 1995; Forza di Dio è solo quella che dona la vita. Percorsi di riflessione teologica a proposito della speranza cristiana, Milano 1996; L’incanto della speranza. Saggio sul canto dei Misteri di Ch. Péguy, Milano 1998; La pietà Rondanini. Una lettura del Mistero pasquale, Milano 1999; Et incarnatus est. Sguardi sul mistero cristiano, seduzione dell’intelligenza e passione del cuore, Milano 2000.
Finalmente come Dio! Come Dio? Finalmente?
Essere come Dio è tentazione antica come la consapevolezza di essere uomo: sentimento variamente articolato che l'uomo non possa aspirare a nulla di meno e che a nessun altro spetti giudicare ciò che è bene o male. È dunque paradossale l'entusiasmo irresponsabile per la 'morte di Dio': Nietzsche aveva ben detto che non c'era di che entusiasmarsi a buon mercato. In ogni caso, se Dio è morto, essere come Dio diviene problematico; anche essere al suo posto, perché lì la morte ormai incombe. Il nostro non sembra esser più il tempo dell'ebbrezza su nessuno dei due fronti, piuttosto il tempo del disinganno, magari risentito, dell'uomo che ha provato ad essere come Dio e che stenta ad essere dignitosamente uomo. Tempo di fragilità dolorosa dell'uomo che, tuttavia non rinuncia all'arroganza con cui, dopo aver detto "penso quindi sono", dice "sono quindi voglio e posso" mosso da aspirazioni di sempre più piccolo cabotaggio. Ci chiediamo se, per qualificare la propria identità, l'uomo non possa far altro che muovere i suoi passi ripetendosi ossessivamente: penso quindi sono, mi sento quindi… Sono… Finalmente… Come Dio. Forse dovrebbe riconoscersi nello sguardo di un compagno di strada, ritrovarsi nella confidenza della sua voce. Forse un Dio amante dell'uomo, che per essere con l'uomo non si sottrae nemmeno alla morte, sarebbe un buon compagno di strada per un diverso incedere alla scoperta della sua dignità.
L’arte in tutte le sue espressioni è forse la maggiore forma di comunicazione utilizzata dal cristianesimo sin dall’inizio della sua diffusione.
A partire da questa considerazione l’autore svolge la sua riflessione estetico-teologico seguendo l’evoluzione del concetto di “arte cristiana” partendo dal II Concilio di Nicea (787 d.C.) – dove si respinge in modo definitivo l’iconoclastia – sino ai nostri giorni.
Nella seconda parte l’autore sviluppa in particolare tre temi scelti come paradigmatici: la raffigurazione pittorica di Dio Padre nell’età alto-medievale; l’architettura cistercense; il senso dei volumi e dello spazio nelle chiese attuali, con esempi concreti: la Cattedrale di Chartres, Cluny, Autun e altri. Più di 20 illustrazioni a colori arricchiscono questo saggio di alto livello.