Finalmente come Dio! Come Dio? Finalmente?
Essere come Dio è tentazione antica come la consapevolezza di essere uomo: sentimento variamente articolato che l'uomo non possa aspirare a nulla di meno e che a nessun altro spetti giudicare ciò che è bene o male. È dunque paradossale l'entusiasmo irresponsabile per la 'morte di Dio': Nietzsche aveva ben detto che non c'era di che entusiasmarsi a buon mercato. In ogni caso, se Dio è morto, essere come Dio diviene problematico; anche essere al suo posto, perché lì la morte ormai incombe. Il nostro non sembra esser più il tempo dell'ebbrezza su nessuno dei due fronti, piuttosto il tempo del disinganno, magari risentito, dell'uomo che ha provato ad essere come Dio e che stenta ad essere dignitosamente uomo. Tempo di fragilità dolorosa dell'uomo che, tuttavia non rinuncia all'arroganza con cui, dopo aver detto "penso quindi sono", dice "sono quindi voglio e posso" mosso da aspirazioni di sempre più piccolo cabotaggio. Ci chiediamo se, per qualificare la propria identità, l'uomo non possa far altro che muovere i suoi passi ripetendosi ossessivamente: penso quindi sono, mi sento quindi… Sono… Finalmente… Come Dio. Forse dovrebbe riconoscersi nello sguardo di un compagno di strada, ritrovarsi nella confidenza della sua voce. Forse un Dio amante dell'uomo, che per essere con l'uomo non si sottrae nemmeno alla morte, sarebbe un buon compagno di strada per un diverso incedere alla scoperta della sua dignità.
Non bisognerebbe mai smettere di leggere Péguy.. Oggi ci fa bene cominciare, almeno. La passione per l'inesauribile approfondimento della verità, la dedicazione religiosa alla qualità della parola e della scrittura, il rigore etico come tratto estetico che onora la dignità dell'uomo, l'incondizionato affetto per l'umano comune e la tenace avversione per tutto quanto lo avvilisce, una fede libera da vincoli ideologici per un Dio innamorato dell'uomo e della sua terra..di tutto questo la sua opera è testimonianza appassionata. Di tutto questo il nostro tempo patisce un'indigenza resa ancor più dolorosa dalla mancanza di parole che ci aiutano, almeno, a decifrarle, a dare nome alla nostalgia di ciò che abbiamo perduto, a coltivare la speranza di ritrovarlo.