Ci sono sogni capaci di metterci a nudo. Sono schegge impazzite, che ci svelano una realtà a cui è impossibile sottrarsi. Lo capisce appena apre gli occhi, il maestro Nani Sapienza: la bambina che lo ha visitato nel sonno non gli è apparsa per caso. Camminava nella nebbia con un’andatura da papera, come la sua Martina. Poi si è girata a mostrargli il viso ed è svanita, un cappottino rosso inghiottito da un vortice di uccelli bianchi. Ma non era, ne è certo, sua figlia, portata via anni prima da una malattia crudele e oggi ferita ancora viva sulla sua pelle di padre. E quando quella mattina la radio annuncia la scomparsa della piccola Lucia, uscita di casa con un cappotto rosso e mai più rientrata, Nani si convince di aver visto in sogno proprio lei. Le coincidenze non esistono, e in un attimo si fanno prova, indizio. È così che Nani contagia l’intera cittadina di S., immobile provincia italiana, con la sua ossessione per Lucia. E per primi i suoi alunni, una quarta elementare mai sazia dei racconti meravigliosi del maestro: è con la seduzione delle storie, motore del suo insegnamento, che accende la fantasia dei ragazzi e li porta a ragionare come e meglio dei grandi. Perché Nani sa essere insieme maestro e padre, e la ricerca di Lucia diventa presto una ricerca di sé, che lo costringerà a ridisegnare i confini di un passato incapace di lasciarsi dimenticare. Con questo romanzo potente, illuminato per la prima volta da un’intensa voce maschile, Dacia Maraini ci guida al cuore di una paternità negata, scoprendo i chiaroscuri di un sentimento che non ha mai smesso di essere una terra selvaggia e inesplorata.
È la storia di un incontro, questo libro intimo e provocatorio: tra una grande scrittrice che ha fatto della parola il proprio strumento per raccontare la realtà e una donna intelligente e volitiva a cui la parola è stata negata. Non potrebbero essere più diverse, Dacia Maraini e Chiara di Assisi, la santa che nella grande Storia scritta dagli uomini ha sempre vissuto all'ombra di Francesco. Eppure sono indissolubilmente legate dal bisogno di esprimere sempre la propria voce. Chiara ha dodici anni appena quando vede "il matto" di Assisi spogliarsi davanti al vescovo e alla città. È bella, nobile e destinata a un ottimo matrimonio, ma quel giorno la sua vita si accende del fuoco della chiamata: seguirà lo scandaloso trentenne dalle orecchie a sventola e si ritirerà dal mondo per abbracciare, nella solitudine di un'esistenza quasi carceraria, la povertà e la libertà di non possedere. Sta tutta qui la disobbedienza di Chiara, in questo strappo creativo alle convenzioni di un'epoca declinata al maschile. Perché, ieri come oggi, avere coraggio significa per una donna pensare e scegliere con la propria testa, anche attraverso un silenzio nutrito di idee. In questo racconto, che a volte si fa scontro appassionato, segnato da sogni e continue domande, Dacia Maraini traccia per noi il ritratto vivido di una Chiara che prima è donna, poi santa dal corpo tormentato ma felice: una creatura che ha saputo dare vita a un linguaggio rivoluzionario e superare le regole del suo tempo...
È la storia di un incontro, questo libro intimo e provocatorio: tra una grande scrittrice che ha fatto della parola il proprio strumento per raccontare la realtà e una donna intelligente e volitiva a cui la parola è stata negata. Non potrebbero essere più diverse, Dacia Maraini e Chiara di Assisi, la santa che nella grande Storia scritta dagli uomini ha sempre vissuto all’ombra di Francesco. Eppure sono indissolubilmente legate dal bisogno di esprimere sempre la propria voce. Chiara ha dodici anni appena quando vede “il matto” di Assisi spogliarsi davanti al vescovo e alla città. È bella, nobile e destinata a un ottimo matrimonio, ma quel giorno la sua vita si accende del fuoco della chiamata: seguirà lo scandaloso trentenne dalle orecchie a sventola e si ritirerà dal mondo per abbracciare, nella solitudine di un’esistenza quasi carceraria, la povertà e la libertà di non possedere. Sta tutta qui la disobbedienza di Chiara, in questo strappo creativo alle convenzioni di un’epoca declinata al maschile. Perché, ieri come oggi, avere coraggio significa per una donna pensare e scegliere con la propria testa, anche attraverso un silenzio nutrito di idee. In questo racconto, che a volte si fa scontro appassionato, segnato da sogni e continue domande, Dacia Maraini traccia per noi il ritratto vivido di una Chiara che prima è donna, poi santa dal corpo tormentato ma felice: una creatura che ha saputo dare vita a un linguaggio rivoluzionario e superare le regole del suo tempo per seguirne una, la sua.
Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, narrazioni autobiografiche e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in venti paesi. Nel 1990 ha vinto il premio Campiello con La lunga vita di Marianna Ucrìa, nel 1999 il premio Strega con Buio, nel 2012 il premio Campiello alla carriera. Tra i suoi libri, disponibili nel catalogo BUR, ricordiamo La seduzione dell’altrove e La grande festa.
Per Dacia Maraini il teatro è sempre stato impegno e poesia, e in questo ricco ed esauriente libro-intervista la grande autrice ci guida alla scoperta della sua scrittura teatrale: dalle letture onnivore fatte in gioventù all'attività di ricerca negli anni Sessanta, dal grande interesse per la componente tecnica e scenografica alle opere più recenti. Il libro descrive il valore poetico e civile che il teatro ha sempre avuto per Dacia Maraini e racconta la passione della scrittrice per un luogo capace di catturare istanti di vita e trasformare la parola in realtà. Nel far emergere la costante tensione tra l'amore della donna di teatro per il lavoro collettivo e la spinta della scrittrice alla creazione solitaria, quest'opera ci restituisce tutto il fascino di un'autrice unica nel cogliere e mettere in scena le sfumature profonde dell'esistenza umana. Prefazione di Dario Fo.
Sono tutte qui le donne raccontate da Dacia Maraini, in questo piccolo libro importante. Sono qui a mostrarci qualcosa di intimo, qualcosa di necessario e doloroso. Le donne di Dacia sono forti, hanno lottato, a volte hanno perso ma non si sono mai arrese. Le protagoniste de "L'amore rubato" combattono una battaglia antica e sempre attuale, contro gli uomini amati che sempre più spesso si dimostrano incapaci di ricambiarle, di confrontarsi con il rifiuto, il desiderio. Davanti a queste donne, mariti, amanti, compagni si rivelano ragazzini che stentano a crescere e confondono la passione con il possesso e, per questo, l'amore lo rubano: alle bambine che non sanno, alle donne che si donano troppo. Come Marina, che si ostina a cadere dalle scale, come Ale, che sceglie con sofferta determinazione di non far nascere il frutto di una violenza o ancora come Angela, che si addossa, aderendo alle parole della Chiesa, le colpe che una antica misoginia attribuisce alla prima disobbedienza femminile. In tutte queste storie affilate e perfette, dure e capaci di emozionare e indignare, Dacia Maraini racconta di un mondo diviso fra coloro che vedono nell'altro una persona da rispettare e coloro che, con antica testardaggine, considerano l'altro un oggetto da possedere e schiavizzare.
Emanuele è un bambino ribelle e pieno di vita che vuole costruirsi un paio di ali per volare come gli uccelli. Emanuele ha sempre addosso un odore sottile di piedi sudati e ginocchia scortecciate, l'"odore dell'allegria". Emanuele si arrampica sui ciliegi e si butta a capofitto in bicicletta giù per strade sterrate. Ma tutto ciò che resta di lui è un pugno di lettere, e un quaderno nascosto in un muro nel ghetto di Lodz. Per ritrovare le sue tracce, Amara, l'inseparabile amica d'infanzia, attraversa l'Europa del 1956 su un treno che si ferma a ogni stazione, ha i sedili decorati con centrini fatti a mano e puzza di capra bollita e sapone al permanganato. Amara visita sgomenta ciò che resta del girone infernale di Auschwitz-Birkenau, percorre le strade di Vienna alla ricerca di sopravvissuti, giunge a Budapest mentre scoppia la rivolta degli ungheresi, e trema con loro quando i colpi dei carri armati russi sventrano i palazzi. Nella sua avventura, e nei destini degli uomini e delle donne con cui si intreccia la sua vita, si rivela il senso della catastrofe e dell'abisso in cui è precipitato il Novecento, e insieme la speranza incoercibile di un mondo diverso.
"Io sono nata viaggiando. Ho saputo solo più tardi, da grande, che il viaggio era un male di famiglia." Partita per Tokyo ad appena un anno di età, abituata alle valigie e al contatto con l'altro sin da bambina, con il tempo Dacia Maraini ha fatto del viaggio un destino, un modo di vita. In queste pagine, che raccolgono racconti, articoli e reportage, offre al lettore uno spaccato del mondo come è apparso ai suoi occhi vagabondi, dall'Africa nera delle savane e delle baraccopoli affogate nei fumi della diossina all'Europa pasciuta, dall'Oriente che dimentica inesorabilmente le proprie radici ai ricchi campus degli States, alle città del Sudamerica cariche di prezioso passato. Attraverso le sue parole, che si intrecciano e rievocano brani, visioni e passaggi firmati da grandi scrittori come Marguerite Yourcenar, Henry James e molti altri, i luoghi ripongono la maschera che indossano a beneficio del turista e svelano finalmente la loro anima.
È un linguaggio profondo e complesso quello con cui ci parlano coloro che abbiamo amato e non sono più con noi, ineffabile come il paese che abitano. I sogni e i ricordi sono il solo passaggio per questo luogo in cui le epoche della vita si confondono, "un'isola sospesa sulle acque, dai contorni sfumati e frastagliati". Così, attraverso il filtro essenziale della memoria e del sogno, Dacia Maraini ci racconta in questo libro intenso e intimo come "Bagheria" coloro che ha amato, che l'hanno amata e che vivono ora solo attraverso i ricordi: "nel giardino dei pensieri lontani" rievoca e incontra la sorella Yuki, il padre Fosco, Alberto Moravia, Giuseppe Moretti - l'ultimo compagno scomparso prematuramente per una malattia crudele - l'amico carissimo Pasolini e un'inedita e fragile Maria Callas. Perché il racconto ha il potere di accogliere e abbracciare come in una grande festa le persone amate, restituendo al momento della fine, che oggi sempre più si tende a negare, a nascondere, quel sentimento estremo di bellezza e consolazione che gli è proprio. Dacia Maraini ci regala una storia sincera e struggente, un ritratto memorabile di sé che mescola affetti privati e pubblici, felicità e dolore.
Sono tutte qui le donne raccontate da Dacia Maraini, in questo piccolo libro importante. Sono qui a mostrarci qualcosa di intimo, qualcosa di necessario e doloroso. Le donne di Dacia sono forti, hanno lottato, a volte hanno perso ma non si sono mai arrese. Le protagoniste de "L'amore rubato" combattono una battaglia antica e sempre attuale, contro gli uomini amati che sempre più spesso si dimostrano incapaci di ricambiarle, di confrontarsi con il rifiuto, il desiderio. Davanti a queste donne, mariti, amanti, compagni si rivelano ragazzini che stentano a crescere e confondono la passione con il possesso e, per questo, l'amore lo rubano: alle bambine che non sanno, alle donne che si donano troppo. Come Marina, che si ostina a cadere dalle scale, come Ale, che sceglie con sofferta determinazione di non far nascere il frutto di una violenza o ancora come Angela, che si addossa, aderendo alle parole della Chiesa, le colpe che una antica misoginia attribuisce alla prima disobbedienza femminile. In tutte queste storie affilate e perfette, dure e capaci di emozionare e indignare, Dacia Maraini racconta di un mondo diviso fra coloro che vedono nell'altro una persona da rispettare e coloro che, con antica testardaggine, considerano l'altro un oggetto da possedere e schiavizzare.
Marianna appartiene a una nobile famiglia palermitana del Settecento. Il suo destino dovrebbe essere quello di una qualsiasi giovane nobildonna ma la sua condizione di sordomuta la rende diversa: "Il silenzio si era impadronito di lei come una malattia o forse una vocazione". Le si schiudono così saperi ignoti: Marianna impara l'alfabeto, legge e scrive perché questi sono gli unici strumenti di comunicazione col mondo. Sviluppa una sensibilità acuta che la spinge a riflettere sulla condizione umana, su quella femminile, sulle ingiustizie di cui i più deboli sono vittime e di cui lei stessa è stata vittima. Eppure Marianna compirà i gesti di ogni donna, gioirà e soffrirà, conoscerà la passione.
È un linguaggio profondo e complesso quello con cui ci parlano coloro che abbiamo amato e non sono più con noi, ineffabile come il paese che abitano. I sogni e i ricordi sono il solo passaggio per questo luogo in cui le epoche della vita si confondono, "un'isola sospesa sulle acque, dai contorni sfumati e frastagliati". Così, attraverso il filtro essenziale della memoria e del sogno, Dacia Maraini ci racconta in questo libro intenso e intimo come "Bagheria" coloro che ha amato, che l'hanno amata e che vivono ora solo attraverso i ricordi: "nel giardino dei pensieri lontani" rievoca e incontra la sorella Yuki, il padre Fosco, Alberto Moravia, Giuseppe Moretti - l'ultimo compagno scomparso prematuramente per una malattia crudele - l'amico carissimo Pasolini e un'inedita e fragile Maria Callas. Perché il racconto ha il potere di accogliere e abbracciare come in una grande festa le persone amate, restituendo al momento della fine, che oggi sempre più si tende a negare, a nascondere, quel sentimento estremo di bellezza e consolazione che gli è proprio. Dacia Maraini ci regala una storia sincera e struggente, un ritratto memorabile di sé che mescola affetti privati e pubblici, felicità e dolore.
"Bagheria" è un racconto affidato alla memoria. L'autrice, bambina, arriva in Sicilia dopo aver trascorso due anni in un campo di concentramento giapponese. Con infantile intensità vive la scoperta delle proprie origini, della nobile famiglia materna, così radicata in quel paesaggio fatto di palazzi baronali e case che sembrano reggersi una all'altra. Nell'omertà delle pareti domestiche si consumano rapporti tortuosi, dove il prezzo da pagare ricade sempre sulle donne, sacrificate alla "legge" dell'onore in una società che tutto sa, ma finge di non vedere.