Nel 1990 Carlo Maria Martini pubblica la lettera pastorale Effatà, cui fece seguito, nel 1991, Il lembo del mantello, in cui ricorda che «notizia» non è merce, è comunità, deve renderci fratelli, non nemici. Con Effatà, il Cardinale propone una sorta di teologia della comunicazione prendendo spunto dall'autocomunicazione di Dio all'uomo. In Il lembo del mantello, a partire da un indovinato e vivace dialogo con il televisore, Martini traccia i criteri di una comunicazione che sia rispettosa della realtà e dell'uomo e che, proprio per questo, è in grado di diventare "lembo del mantello-, ovvero strumento di educazione e di crescita. Rileggere oggi questi testi, a dieci anni dalla scomparsa di Martini e a più di trenta dalla loro pubblicazione, ci consente di coglierne l'attualità e la lungimiranza, la profondità e la voglia di capire il mondo che ci circonda, di chiederci cosa significhi comunicare e fare informazione e di quale posizione la chiesa voglia assumere in tale contesto. "Gesù - scrive Martini - ci rende dunque attenti al valore unico e irripetibile di ogni persona e noi, affascinati dai media, dai grandi e intricati network, non dobbiamo mai dimenticare questo valore evangelico fondamentale: la relazione tra le persone. ancora oggi, dopo una pandemia e con una guerra tra le notizie del giorno, dobbiamo guardare al mondo come a una possibilità di relazioni". Ferruccio De Bortoli
Basta una piccola luce per tornare a camminare, a vedere gli altri attorno a noi, a trovare le nostre cose che sembravano scomparse, perdute. E la luce non è mai "a caso". Un volume della serie Setteminuti per lo spirito, agili libretti pensati per coniugare il nostro bisogno di spiritualità con i tempi della vita moderna.
Martini è stato, di fatto, uno dei maggiori biblisti italiani (e non solo) nel XX secolo: coniugando la sua spiritualità ignaziana e la formazione esegetica al testo biblico ci ha lasciato straordinari commenti al Vangelo, tra i quali ne abbiamo scelti alcuni che possono fare da originale guida al nostro pregare i misteri del Rosario e che sono riportati in queste pagine. Pregare il Rosario con Carlo Maria Martini è un vero e proprio cammino all'interno della Parola, una ruminazione del Verbo, un metodo di accostamento sia alla preghiera mariana che alla riflessione su Cristo.
Giornalista della Repubblica, Silvia Giacomoni si trovò a raccontare per il suo giornale i momenti pubblici, i discorsi e l'attività pastorale di Carlo Maria Martini fin dall'arrivo del cardinale a Milano nel 1980. Cresciuta in una famiglia anticlericale, del tutto digiuna di Chiesa, di religione, per non parlare della Bibbia, Giacomoni iniziò a seguire Martini con il distacco della cronista e finì per accompagnarlo fino alla morte con l'affetto premuroso dell'amica, lei stessa profondamente cambiata da un lento processo di conversione che ebbe in Martini un motore fondamentale.
Il volume raccoglie alcuni degli interventi che l'Arcivescovo di Milano ha tenuto negli anni del suo magistero alla guida della diocesi ambrosiana, sul tema scottante dei mali della politica e della sua necessaria "conversione" perché sia al servizio dell'uomo e della società del futuro. Un'analisi attenta e lucida, sempre attuale, e uno sguardo che cerca di cogliere le criticità aperte senza mezze misure, di indagarne gli oscuri percorsi, sforzandosi al contempo di intravedere possibili vie d'uscita e motivi di speranza per l'intera comunità civile. «La prima sensazione, istintiva, leggendo le riflessioni e gli scritti del cardinale Martini è quella della mancanza. Mancanza di una figura straordinaria, capace di capire il suo tempo così in profondità a tal punto da riconoscere le sfide che sarebbero venute.» Enrico Letta «Senza una educazione all'onestà intellettuale l'uomo non può sperare di affrontare una minaccia in una società complessa come la nostra. Di qui l'importanza della scuola ma anche l'importanza di ogni linguaggio di comunicazione, del linguaggio giornalistico, del linguaggio televisivo, di tutto ciò che nell'informazione è rispetto alla verità e quindi modestia, spirito critico, capacità di moderazione e di uso delle parole e degli aggettivi e degli avverbi, capacità di considerazione oggettiva delle situazioni: sono tutte virtù fondamentalissime per l'uomo d'oggi» (Carlo Maria Martini).
"Il cardinale del dialogo" è un appellativo che ben descrive l'instancabile spendersi di Carlo Maria Martini nell'impegno a favore di positivi rapporti con l'alterità, declinata nelle sue più varie versioni: rapporti con gli ebrei, il mondo ebraico e Israele; rapporti con le diverse chiese cristiane e rapporti con i musulmani, anche con uno sguardo alle grandi religioni orientali. Negli oltre cento interventi raccolti nel libro, la voce di Martini si alza limpida sopra il coro di diffidenza che riempie il nostro quotidiano, mettendo a fuoco il senso del farsi altro, dell'aprirsi all'accoglienza, dell'affermare la propria identità partendo dal confronto e non dalla prevaricazione. Così gli incontri legati all'ebraismo diventano per lui fondativi in quanto riconoscimento cristiano delle proprie radici, e il discorso di sant'Ambrogio del 1990, intitolato 'Noi e l'Islam', coglie in anticipo l'urgenza di fare i conti con il nuovo protagonismo della religione musulmana su scala mondiale, all'interno di società sempre più segnate dal fenomeno del pluralismo religioso. Il cardinale rende viva e attuale la riflessione sulla fede, scavando sotto la superficie delle parole evangeliche per arrivare fino alla concretezza terrena della vita umana.
Per il cardinal Martini "mettere ordine" significa cercare il bandolo della matassa che il destino ci pone nel presente, nella trama intricata dei doveri da affrontare, delle prove da superare, delle speranze da coltivare. Mettere ordine, inoltre, significa porsi in ascolto di quella Voce interiore, che può aiutare a mettere nella giusta prospettiva i bisogni e i desideri, gli affetti e le relazioni. Il libro suggerisce un itinerario spirituale accessibile e semplice, che invita a fare propri alcuni atteggiamenti, indispensabili per ridare senso al non-senso del nostro vivere caotico e frettoloso.
Nella sinagoga di Cafarnao, la folla chiede a Gesù: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù risponde: «Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato». La riflessione di Carlo Maria Martini prende l'avvio da qui, dalla domanda che rappresenta la questione fondamentale per ogni cristiano, e dalla risposta racchiusa nel vangelo di Giovanni, ripercorso in queste pagine. Due sono le radici della salvezza, nel quarto vangelo: credere e amare. Perché la vita cristiana ha le sue fondamenta non in una dottrina, ma in una persona: Gesù Cristo. Prendere una posizione chiara di fronte al Verbo fatto carne: questo, nella lettura del testo di Giovanni proposta da Martini, è affrontare «il caso serio della fede» nella sua nudità e semplicità. Siamo capaci di credere andando oltre i segni tangibili, affidandoci a lui e alla sua parola? Siamo pronti ad accogliere un Dio umile, pieno di tenerezza, che si esprime nella fragilità della carne, un Dio crocifisso? Con il caratteristico rigore, ma senza nascondere l'inquietudine, i turbamenti e la stanchezza che rendono faticoso il cammino anche agli uomini di fede, il religioso che ha aperto il dialogo con i non credenti interroga il testo sacro alla ricerca del sentiero che conduce al credere autentico e maturo. Una meditazione di grande attualità che invita a mettersi all'ascolto della Parola, ad aprire il cuore, a esercitare quell'affidarsi a Dio che è il bene più grande e liberante dell'uomo.
Il Cardinal Martini vede in Samuele l'emblema del profeta «di transizione», chiamato a una difficile missione in un tempo di decadenza nazionale, civile e religiosa. Di qui la sua attualità. Di qui, anche, l'insistere su alcuni aspetti della complessa figura del profeta che spesso rischiano di passare in sordina. Samuele non è solo il profeta, ma è anche l'intercessore, partecipe di una dimensione di preghiera che impegna e trasfigura. E di intercessori, oggi, c'è davvero bisogno. Martini si chiede: esistono oggi nella Chiesa veri intercessori, o «ci sono soltanto persone che pensano di essere profeti, che sono esperti in programmi pastorali, che hanno sempre soluzioni pronte, ciascuna naturalmente diversa da quella dell'altro, che si battono per ideologie diverse?». La profezia di Samuele diventa allora modello per un impegno testimoniale che non deve mancare nella Chiesa di oggi. Viene qui messa a confronto con la "profezia" di Maria e di san Paolo per convergere, soprattutto, verso il termine perfetto, ultimo e definitivo: quello di Cristo sulla croce.
Elia, vero «gigante della fede», è «un eroe di grandezza quasi sovrumana che lotta per il suo Dio», ne difende il nome e l'unicità assoluta contro ogni idolatria, ne confessa l'amore geloso e fedele. Quale rivelazione del Dio vivente ci è consegnata nella figura di un uomo così straordinario? Il Cardinal Martini fa di questa domanda il filo conduttore delle sue meditazioni. La risposta può essere colta anzitutto gettando uno sguardo sulla vocazione e sulla vita del profeta. Elia è testimone di un "nascondimento" fecondo, ricco di nutrimento spirituale; è il profeta dall'orecchio attento: la sua familiarità con Dio gli rende possibile di riconoscerne il passaggio, anche quando è accompagnato o quasi preannunciato da un vento leggero, da una brezza quasi impercettibile. Elia entra nel fuoco dell'amore ardente di Dio, verso il quale è rapito, passando dal mistero dell'oscurità a quello della gloria. Martini ne è convinto: «È il simbolo della nostra vita e della nostra morte; il suo lasciarsi portare dalle ali dell'amore, dai cavalli di fuoco, è immagine della vita cristiana, della vita religiosa, è immagine della nostra morte, ed è questo il messaggio, la certezza che portiamo con noi».
Alcuni giovani dell'Azione Cattolica, negli anni '80, chiesero a Carlo Maria Martini di insegnare loro a pregare pregando insieme con loro. Ebbe inizio la Scuola di preghiera in Duomo, il primo giovedì di ogni mese. Gli stessi giovani vollero offrire a tutti l'esperienza fatta, raccogliendo in un piccolo volume le meditazioni. Questo libro è nato così: non un testo sulla preghiera, quindi, ma una preghiera vissuta. Si articola in due parti: 1) Il clima della preghiera: quattro brevi capitoli introduttivi per entrare nella preghiera e trovare il proprio ritmo; 2) Itinerario di preghiera con l'evangelista Luca: sette momenti forti di preghiera, tratti da sette pagine del Nuovo Testamento (Maria, Simeone, diversi momenti della vita di Gesù, la prima comunità cristiana) che Martini rilegge con la competenza del biblista e rioffre come preghiera.
La riflessione che Martini propone è un vero e proprio viaggio verso l’interiorità, un cammino tutt’altro che facile. Da un lato c’è quel che noi diciamo di noi stessi; dall’altro quello che gli altri capiscono e dicono di noi; su un versante ancora più impervio, infine, c’è tutto quello che né noi né gli altri sappiamo di noi stessi. La sfida di andare a fondo nell’esplorazione di questi tre fronti non deve trovarci impreparati. Occorre anzi affrontarla con coraggio. Del resto, ogni esplorazione dell’interiorità è una porta di accesso alla chiamata che Dio ci rivolge, ed è al contempo «l’altra faccia della nostra conoscenza di Dio». Dio ci chiama «per dirci il nostro nome, la nostra identità in un incontro personale, irripetibile, singolarissimo, che trasforma la nostra esistenza in maniera assolutamente insperata e imprevedibile». In questo, anche in questo, la via di Pietro è il simbolo di ogni cammino dell’umanità verso il Regno, di ogni pellegrinaggio verso la casa del Padre.