Jean Bosmans ha l'abitudine di annotare su un taccuino tutti i frammenti di memoria che si affacciano alla sua mente. Cosi, a partire da un nome di donna, ricorda l'incontro avvenuto a fine anni Sessanta con Margaret Le Coz, una ragazza ventenne frequentata a Parigi e amata intensamente per alcuni mesi. Con Margaret, Jean ha condiviso il sentimento di essere seguito, spiato, aspettato ogni giorno, o meglio braccato. Lei da un uomo dal viso magro, gli zigomi butterati e un abito sempre troppo stretto: un certo Boyaval, lui da una donna crudele dai capelli rossi, forse sua madre. Margaret è una giovane donna bella e misteriosa, vulnerabile, segreta, silenziosa. Di lei si sa soltanto che è nata a Berlino, che è arrivata in Francia con la madre, che non ha mai conosciuto il padre e che è cresciuta in vari collegi. È una donna che fugge. E durante una delle sue fughe incontra Boyaval che inizia a perseguitarla. Fugge ancora, ma l'uomo non le dà tregua, cosi come la incalzano alcuni misteri che provengono dal suo profondo passato, zone d'ombra che di punto in bianco la convincono a nascondersi, ad abbandonare tutto senza avvertire nessuno. Una sera Margaret non si sente più sicura, abbandona precipitosamente Parigi e parte per Berlino dove sparisce senza lasciare traccia. Quarant'anni dopo, Jean, diventato uno scrittore, decide di ritrovarla: parte per Berlino dove un ragazzo incontrato per caso gli conferma che una donna con quel nome possiede una libreria li vicino...
1933, Parigi. I giornali riportano una notizia drammatica: la morte misteriosa di due giovani sposi, rincasati a notte fonda nel loro appartamento. La sera precedente hanno incontrato altre due coppie per andare in un night club e finire la serata a casa tutti insieme. Dopo che gli ospiti se ne sono andati, nel silenzio della notte risuonano degli spari. Da quel momento in poi la ricostruzione dei fatti si fa incerta e contraddittoria, senza portare a una soluzione. Molti anni dopo, il narratore prova a ricucire questa vicenda in una storia che, in qualche punto del passato, ha incrociato la sua e quella di suo padre, Albert Modiano. Ogni indizio scatena una nuova ricerca, provocando un'eco ipnotica, un cerchio che si allarga nell'acqua. Come nella maggior parte dei suoi romanzi, anche in "Fiori di rovina" Patrick Modiano torna a indagare le "cose oscure e dolorose della vita". Rievoca luoghi e fa rivivere personaggi della sua infanzia e della sua giovinezza, fantasmi irrisolti, sfocati, in una città che è ancora una volta artefice, nella memoria dell'autore, di ossessioni e nostalgie.
Sobborgo parigino, primi anni Cinquanta. Il piccolo "Patoche" e suo fratello vivono in una grande casa ricoperta d'edera, in rue du Docteur-Dordaine, nell'ovattata compagnia delle donne a cui sono stati affidati: l'austera Mathilde, sua figlia, un'ex-cavallerizza del circo e la proprietaria di un locale notturno. I genitori dei due ragazzi sono partiti, il padre per affari e la madre per un'interminabile tournée teatrale in Africa. Da dietro le porte e attraverso le persiane socchiuse i due ragazzi osservano gli adulti, i loro gesti enigmatici; ne spiano i silenzi, le telefonate, le risa, le conversazioni misteriose in cui ricorre il nome della "banda della rue Lauriston". Nell'alcova criminale in cui sono accuditi, pervasa di ambiguità e popolata da personaggi indecifrabili, Patoche e il fratello si ingegnano per collegare tra loro frasi e oggetti: un portamonete di coccodrillo, un ritaglio di giornale, un orologio, un'automobile di lusso. Con la sua scrittura nuda e cesellata, il suo vagabondare nello spazio e nel tempo, Modiano va alla ricerca del proprio passato, sospeso tra oscure rivelazioni e identità sfuggenti, portandoci a condividere lo sguardo incantato di sé bambino. Con un'intervista all'autore di Maryline Heck.
«Certi libri ci temprano. Cataloghi di pensieri solidi, manuali di inflessibilità, trattati per dominare il mondo. Altri, ben più preziosi e necessari, ci rendono fragili, ci disarmano. Così questa sconvolgente figura di donna, vicina e perduta, ritratta da Modiano proprio al confine fra l'ombra e la luce».
Le Monde
Parigi, Quartiere Latino. Nei pressi dell'Odéon c'era un tempo Le Condé, un piccolo caffè dove ogni sera erano soliti ritrovarsi per caso, per noia o per abitudine, giovani studenti, aspiranti scrittori e misteriosi avventori accomunati dal sospetto di un passato indicibile o dallo stesso sghembo destino. Ogni giorno uno di loro annotava su un quaderno i nomi e i soprannomi di tutti quelli che passavano di lì, scrivendo a fianco anche la data, l'ora e il tempo che ciascuno restava nel locale. Non c'è una ragione vera e propria, o tanto meno un desiderio di controllo, in questa registrazione puntuale, quanto piuttosto l'ineluttabile necessità di trovare dei punti fermi nella vita. Eppure ciò che resta, alla fine, sono tracce di vita inutili e insoddisfacenti nella loro esatta maniacalità.
Le Condé è una calamita che attrae tutti quelli che passano nelle sue vicinanze, o meglio è un luogo di confine, una frontiera, una pausa nella città, un porto che accoglie chi sta andando alla deriva e che decide, per un'ultima volta e per un tempo determinato, di ancorarvisi. Al centro di tutto c'è una ragazza misteriosa, chiamata (o meglio ribattezzata) Louki dagli altri avventori del locale. Louki è una di quelle donne che non appena entrano in una stanza e si siedono in un angolo catturano subito lo sguardo e l'attenzione di tutti. Una di quelle comparse che, in un film, catturano la luce prima e meglio degli stessi protagonisti. L'intero romanzo ruota intorno a lei, e pagina dopo pagina cerca di trovarla, definirla, identificarla. Per quattro volte si indaga la sua vita e quattro sono le voci che raccontano la sua storia. Alcuni degli uomini che parlano di lei semplicemente la cercano, altri la amano: per tutti la giovane incarna una stagione della vita e un desiderio irraggiungibile.
Louki, come quelli che la affiancano nel suo vagabondare in una Parigi ipnotica ed enigmatica, è uno straordinario personaggio senza radici che vive momento per momento, inventandosi diverse identità, rinascendo continuamente e fuggendo (fino alle più estreme conseguenze) per inseguire un presente perpetuo o, meglio, un Eterno Ritorno.
Parigi, ottobre 1942. Durante l'Occupazione un uomo e una donna si incontrano. Lui è un ebreo di origini toscane, lei è una fiamminga arrivata a Parigi inseguendo l'impossibile sogno di diventare ballerina. I due si sposano e hanno due figli, uno è Patrick Modiano. Per vent'anni vivono in un appartamento al numero 15 di quai de Conti, ma quelle che conducono sono vite parallele che a volte si intrecciano per brevi istanti ma che non si incontrano mai del tutto. Intorno a loro gravita uno strano mondo, bizzarri personaggi che appaiono e scompaiono e che per brevi periodi abitano le stanze dell'appartamento: sono uomini d'affari le cui occupazioni sono sempre indefinite e misteriose, sono cinici profittatori ed esteti da strapazzo, mediocri attori e attricette pronte a tutto, registi già affermati e amanti di personaggi famosi, protettori e aristocratici in declino dalla dubbia sessualità. Sono uomini e donne che prima cercano di sfuggire alla guerra e alle deportazioni e che poi si arrangiano come possono nella difficile esistenza del dopoguerra. A essere narrato in queste pagine è un universo di volti, a tratti solo un nome o un soprannome, che Modiano cerca di far riemergere dalla profondità della memoria per ricostruire una personale carta d'identità, o meglio per tracciare un impossibile e indefinito pedigree. Ma è anche un quadro di una strana epoca in odore di disastro in cui gli uomini sembrano abitare la città come se fosse una stazione.
Mimetizzarsi, a volte, può sembrare più facile che nascondersi. E' quello che fanno tre sconosciute, anonime a se stesse. Tre donne dagli sguardi intensi, eppure rassegnati a non trovare vie d'uscita. Una di loro approda a Parigi senza motivo né scopo, quasi per caso; cammina per strade ignote sperando di imboccarne una che sia finalmente la sua. Incontrerà un amore, forse, ma tacito e misterioso, in fuga fin dal principio verso uno strappo inevitabile. Un'altra a Parigi non ci arriverà mai. Ha sedici anni e "la bellezza del diavolo"; non desidera che partire, ma in valigia porta una pistola. La terza arriva da Londra: dalla finestra, di prima mattina, sente passare i cavalli destinati al mattatoio. Sarà l'angoscia a definire il suo orizzonte.