"Credi forse che gli uomini, e specialmente quelli di forte personalità, siano riassumibili in un giudizio solo? Se così fosse, ti sfiderei a formulare quello su Giulio Cesare. Cosa fu Cesare: il più grande generale e statista, o la più grande canaglia di tutti i tempi? Fu, credi a me, entrambe le cose. Gli uomini, te ne accorgerai, sono, anzi, siamo sempre un coacervo di contraddizioni." Un coacervo di contraddizioni, sì: dal Risorgimento all'altroieri, un personaggio dopo l'altro. Questo volume raccoglie una serie di articoli dedicati da Indro Montanelli, nel corso degli anni Novanta, ai protagonisti della storia politica italiana: da Garibaldi, "onesto pasticcione", a Grillo, "incubo esilarante", da Mussolini a Craxi a Berlusconi e D'Alema, fra demagoghi, guappi di cartone, statisti latitanti. Il formidabile ritrattista che fu Montanelli picchia furiosamente i tasti della proverbiale Olivetti e sembra in uno stato di grazia: arriva sulla pagina il distillato di una lunghissima carriera, con un ritmo e una velocità perfetti per il Ventunesimo secolo. Leggi sorridendo, con il divertimento di chi assiste all'azione dell'anarchico buono che se la spassa a prendere di mira i monumenti. Pensi di essere solo uno spettatore, ma via via hai il sospetto che tutto ti riguardi più del previsto. Un po' come spiegava Balzac ai lettori della sua Commedia umana: "Voi che vi sprofondate in una molle poltrona dicendo: forse mi svagherà. Dopo avere letto, cenerete con appetito e scaricherete l'insensibilità vostra sulle spalle dell'autore, tacciandolo di esagerare". Eh no, precisa il grande scrittore francese, "tutto è vero, è talmente vero, che ognuno potrà ritrovarne gli elementi dentro di sé". E visto che qui si tratta di politici, Montanelli, da par suo, aggiunge la domanda delle domande, la più scomoda: ma il Paese è davvero meglio della classe politica? Cioè, noi siamo meglio della classe politica? Postfazione di Beppe Grillo.
La storia di Roma racconta la parabola del più grande impero occidentale con la scrittura affilata che ha negli anni appassionato - e appassiona tutt'ora - i lettori di Indro Montanelli. Abile, la penna dell'autore ripercorre i rivolgimenti culturali e politici della società romana dalle sue origini al crollo dell'impero, unendo alla sempre precisa cronaca degli eventi, ritratti vivaci delle figure che di Roma hanno incarnato la storia. Il risultato è un racconto coinvolgente e scevro da accademismi, che invita a conoscere meglio il passato e, allo stesso tempo, a riflettere sul mondo contemporaneo. Dalle guerre puniche all'affermazione del Cristianesimo, dall'austerità di Catone al magnetismo di Giulio Cesare fino agli eccessi di imperatori come Nerone o Eliogabalo, dallo stoicismo delle origini alla decadenza del tardo impero; la Storia di Roma e i suoi protagonisti rivivono oggi in una nuova edizione che abbina le parole ironiche e pungenti della prosa montanelliana a splendide rappresentazioni artistiche, antiche e moderne, per una versione illustrata di un classico tra i più amati dai lettori.
Il 9 febbraio 1944 il "Corriere della Sera" diede la notizia dell'arresto di Indro Montanelli, accusato di avere scritto articoli diffamanti sul regime fascista, che in quel momento si trovava sul punto di raggiungere il gruppo partigiano guidato da Filippo Beltrami. Incarcerato insieme alla moglie Maggie a San Vittore, a Milano, il 14 agosto riuscì a fuggire in Svizzera. In realtà, Montanelli aveva preso le distanze dal regime fascista sin dal 1938, quando aveva rinunciato alla tessera del partito e ne aveva pagato le conseguenze con l'impossibilità di fare il giornalista in Italia, e quella che inizialmente era una divergenza politica e personale si era sempre più approfondita, sino a trasformarsi nella decisione di combattere attivamente contro il regime e gli occupanti tedeschi. Nel dopoguerra e fino alla sua morte Montanelli è ritornato spesso sulla figura del Duce e sulla storia del ventennio, contribuendo a disegnare nell'immaginario degli italiani l'immagine di un Mussolini perfetto "italiano medio", con tutti i vizi e le poche virtù che il giornalista attribuiva ai suoi connazionali, e che spesso "più che a dominare gli avvenimenti, badava a restarne a galla, lasciandosene portare". Raccontando il Duce, quindi, Montanelli elabora una storia del fascismo che, oltre a essere fedelmente documentata grazie alla sua partecipazione diretta e alla professione di giornalista, dà conto anche di altri elementi che sfuggono all'osservazione storica: il rapporto tra Mussolini e gli italiani ? soprattutto quelli della sua generazione ?; l'infatuazione del Paese per il suo dittatore e, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la delusione e i dubbi mai sopiti di coloro che sopravvissero e si posero il problema di spiegare ai giovani le ragioni di quanto accaduto.
Nel 1947 Indro Montanelli riceve dal "Corriere della Sera" l'incarico di seguire il Giro d'Italia. Gli accordi con il "Corriere" sono precisi, non può scrivere di politica: si trova "in purgatorio" a causa del suo passato, sebbene abbia rotto con il fascismo, sia stato imprigionato e condannato a morte e si sia salvato fuggendo in Svizzera. Eppure, la passione per lo politica e lo voglia di restare comunque "dentro lo storia" trasformano le cronache sportive di Montanelli in uno straordinario osservatorio della vita quotidiana, in cui lo sport e i grandi temi della politica si intrecciano indissolubilmente. Certo, ci sono le vittorie e le sconfitte dei grandi campioni e dei gregari, ci sono le statistiche, ma Montanelli non si limita a questo: racconta l'Italia con il suo sguardo critico e anticonformista, controcorrente. Ecco allora lo strategia "degasperiana" di Bartoli, il Giro "sarogatiano" del 1948 o il gregario anarchico Menon che rompe la rigida tattica di squadra per darsi alla fuga e, almeno per una volta, gusta la libertà ribellandosi. Le cronache del Giro sono anche un diario personale: in esse ritroviamo i ricordi dell'infanzia, l'esperienza in Africa, la guerra e l'opposizione al fascismo, il tutto amalgamato con le riflessioni personali e la passione per lo sport come combattimento leale.
Dalla caduta dell'Impero romano alla scoperta dell'America passando per il fatidico anno Mille: i secoli del Medioevo costituiscono un enorme mosaico fatto di guerre e invasioni, ordini monastici e scismi religiosi, signorie e città-stato, vette poetiche e rivoluzioni artistiche. Le calate dei "barbari", la società feudale, la nascita dei Comuni, lo splendore culturale del Rinascimento sono tappe decisive per il destino dell'Italia, determinanti nel segnare lo sviluppo civile e i costumi del nostro Paese. Magistrale interprete della nostra storia nazionale, Indro Montanelli ha raccontato come nessun altro gli eventi e i protagonisti del nostro passato: in questo volume che raccoglie le sue migliori pagine sul Medioevo, si alternano le narrazioni delle vicende più appassionanti e i ritratti dei più grandi personaggi del tempo. Tra "secoli bui" e "secoli d'oro", si susseguono condottieri, papi e imperatori come Attila, Odoacre, Carlo Magno, Federico Barbarossa, Bonifacio VIII, Lorenzo il Magnifico, ma anche religiosi, poeti, esploratori come San Benedetto, Arnaldo da Brescia, Dante, Petrarca, Cristoforo Colombo. Il testo è tratto dai seguenti volumi della "Storia d'Italia": la parte prima da "L'Italia dei secoli bui. Il Medio Evo sino al Mille"; la parte seconda da "L'Italia dei Comuni"; la parte terza da "L'Italia dei secoli d'oro. Il Medio Evo dal 1250 al 1492".
"Fare gli italiani doveva rivelarsi impresa molto più difficile che fare l'Italia. Tant'è vero che vi siamo ancora impegnati." Così Indro Montanelli riassume con una delle sue frasi fulminanti la complessità che ha accompagnato il processo di unificazione italiana. Una delle fasi più convulse della nostra storia, un secolo di battaglie ed errori, ma anche di eroi ed episodi di coraggio assoluto: la discesa di Napoleone in Italia, la Repubblica partenopea, i Savoia, gli Asburgo; e poi Cavour, Garibaldi, Mazzini, le "cinque giornate" di Milano, la breccia di Porta Pia; fino agli anni della difficile unità, della Destra e Sinistra storiche, del brigantaggio, dello scandalo della Banca Romana. Muovendosi tra leggende, dibattiti e revisioni, Montanelli ricostruisce con lo scrupolo e la vivacità del cronista storico i fermenti sociali e le intricate vicende del Risorgimento, affrontando senza partigianeria le questioni più controverse: come si è arrivati all'unificazione? Quali conseguenze ha comportato? Di chi i meriti e di chi le colpe? Un volume utile per orientarsi in una fase cruciale della nostra storia, un avvincente affresco di un periodo che preannuncia molti aspetti dell'Italia in cui viviamo. Il testo è tratto dai seguenti volumi della Storia d'Italia: la parte prima da "L'Italia giacobina e carbonara. 1789-1831"; la parte seconda da "L'Italia del Risorgimento. 1831-1861"; la parte terza da "L'Italia dei notabili. 1861-1900".
Conflitti feroci, fratture politiche, innovazioni industriali, sommovimenti sociali: le due guerre mondiali costituiscono i momenti drammatici in cui i moti e le contraddizioni di un secolo esplodono con una violenza senza precedenti. Prima la guerra del '15-'18, i massacri in trincea, la disfatta di Caporetto, le battaglie sul Piave, la comparsa delle masse sulla scena politica. Poi la dittatura di Mussolini e l'alleanza con Hitler, le leggi razziali, l'entrata nel secondo conflitto mondiale, lo sfacelo militare, fino all'armistizio e alla guerra civile. E, al centro di tutto, una popolazione straziata, divisa, colpita dai bombardamenti e condannata all'orrore di una lotta fratricida. Con il suo stile inconfondibile, illuminato anche da memorie personali, Montanelli immerge il lettore nel vortice di avvenimenti dei due conflitti mondiali, raccontando senza pregiudizi né retorica anni difficili e densi. Una narrazione accurata, animata dai ritratti dei protagonisti e dalla cronaca "in diretta" degli episodi decisivi, in cui possiamo rivivere le vicende che hanno dato forma all'Italia contemporanea. Il testo è tratto dai seguenti volumi della Storia d'Italia: la parte prima da "L'Italia di Giolitti. 1900-1920"; la parte seconda da "L'Italia dell'Asse. 1936-10 giugno 1940"; la parte terza da "L'Italia della disfatta. 10 giugno 1940-8 settembre 1943"; la parte quarta da "L'Italia della guerra civile. 8 settembre 1943-9 maggio 1946".
"Sono un disordinato assolutamente refrattario al lavoro di team e animato da uno spirito d'indipendenza che spesso sconfina nella riottosità: non conosco remore di cautela e di diplomazia; non credo che riuscirei a imporre la disciplina per il semplice motivo che non l'ho mai rispettata io stesso." Così scriveva Indro Montanelli in una lettera del 1967, pochi anni prima di fondare "il Giornale". Per tutta la vita il grande giornalista ha tenuto una fitta corrispondenza, pubblica e privata, con i protagonisti della politica, della cultura e del giornalismo, da Andreotti a Cossiga, a Nenni e Pertini, da Buzzati a Prezzolini, a Longanesi e Guareschi, ma anche con la prima moglie, gli amici, i familiari. Dalla lettera al suo professore di liceo, in cui un Montanelli ventenne rivela le sue aspirazioni di giornalista, a quelle inviate ai genitori dal fronte africano nel 1935 e dal carcere nel 1944. E naturalmente i lunghi anni al "Corriere", quelli al "Giornale" fino allo scontro con Berlusconi. Questi testi inediti ci rivelano il lato più intimo di Montanelli, ricostruendone l'intera parabola esistenziale attraverso la sua viva voce. Il risultato è un'autobiografia postuma che completa le note dei suoi diari, offrendo ai lettori il ritratto di un uomo che a novant'anni dichiara "So di avere scritto sull'acqua. Ma ciò non mi ha impedito di continuare a scrivere, impegnandomi tutto in quello che scrivo".
È risaputo. L'alta società assomiglia in tutto e per tutto a un ballo di gala: sotto i lustrini e gli abiti da sera pulsano le rivalità e le discordie più accese, circolano le peggiori malignità e i più infondati pettegolezzi. Eppure c'è chi in questa zona oscura del bel mondo ha imparato a camminare a occhi chiusi, armato solo di un inseparabile taccuino e di una penna affilatissima. Il suo nome è Indro Montanelli. Cosa c'entra una delle firme più prestigiose del Novecento italiano con i retroscena del jet-set e dei salotti letterari? La risposta è in questo libro, un concentrato di frecciate che sbeffeggia senza risparmio le ipocrisie e le piccolezze di amici, nemici, conoscenti e colleghi, riuscendo sempre a trasformare lo sdegno in ironia, il disprezzo in aforisma, la cattiveria in arte. In questi fulminanti testi, scritti per puro divertimento negli anni Cinquanta (sotto lo sguardo spietato del suo "cattivo maestro" Leo Longanesi), Montanelli rivela tutto il suo talento di dissezionatore del malcostume e mette a frutto il suo fiuto da segugio per stanare le contraddizioni e le magagne di chi gli sta intorno. Ma questi "Ricordi sott'odio" non sono solo un gustosissimo esercizio di crudeltà, sono anche e soprattutto la foto di gruppo di una stagione culturale che nella storia recente del nostro Paese non ha eguali.
"A questo punto non avevo scelta. O rassegnarmi a diventare il megafono di Berlusconi. 0 andarmene. Me ne vado." Questo scriveva Indro Montanelli nel suo ultimo articolo per "il Giornale". Così, nel gennaio 1994, l'uomo che vent'anni prima aveva fondato quella testata lasciò la poltrona da direttore per imbarcarsi nella sua ultima grande battaglia: quella contro una destra nella quale non si riconosceva e che, a suo parere, era il nemico numero uno di chiunque avesse a cuore la libertà d'espressione. Questo libro raccoglie in modo organico gli interventi più accesi degli ultimi anni d'attività di Montanelli: editoriali, risposte ai lettori e articoli sferzanti che oggi suonano come una profezia della cronaca dei nostri giorni. Basta leggere cosa scriveva nel 1998, quando, preoccupato che il caso Berlusconi paralizzasse il Paese, proponeva un referendum con questa formula: "Volete voi l'abrogazione dei reati in base ai quali è stato condannato l'on. Silvio Berlusconi?" 0 ancora quando metteva alla berlina i difetti del Cavaliere: bugiardo congenito, con un'innata tendenza al vittimismo, circondato da un drappello di parassiti servili, eccessivo, ignorante, volgare. La metastasi del berlusconismo oggi è più evidente di allora e, anche se Indro non c'è più da dieci anni, questo suo atto d'accusa delinea il ritratto dell'Italia dei nostri giorni, un Paese che Montanelli non ha fatto in tempo a vedere, ma che si era perfettamente immaginato. Prefazione di Massimo Fini.
Il trentennio affrontato in questo volume – cruciale non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa – sembra aprirsi nel segno della restaurazione: i moti del 1831 vengono schiacciati, si riaffermano gli equilibri sanciti dai trattati di Vienna, il nostro Paese resta diviso in Stati solo nominalmente autonomi.
Eppure, nonostante le forze insurrezionali si mostrino deboli e disunite e il vecchio patriottismo della Carboneria fallisca, quei fermenti dimostrano definitivamente la fragilità del sistema, aprendo la strada agli slanci politici e sociali che costituiscono il culmine del Risorgimento. Gli anni che seguono sono densi di avvenimenti e personaggi indimenticabili: la Giovine Italia di Mazzini, Garibaldi, le “Cinque giornate” di Milano, le annessioni piemontesi, la resistenza borbonica, Cattaneo e Cavour, D’Azeglio e i Savoia, la musica patriottica e appassionata di Verdi.
È senza dubbio uno dei momenti più studiati della storia italiana, sul quale però i giudizi continuano a dividersi. Montanelli ce lo racconta attraverso la pura ricostruzione dei fatti, rispondendo senza partigianeria a domande ancora irrisolte: come si è arrivati all’unificazione? Quali conseguenze ha comportato? Un saggio ormai divenuto classico, che ha proposto uno sguardo diverso sul nostro passato, e quindi sul nostro presente. Perché, come dice l’autore, “l’Italia di oggi è figlia di quella del Risorgimento, ed è quindi in questo periodo che ne vanno cercati i caratteri e le malformazioni”.
Dopo il tumultuoso periodo del Risorgimento e dell’unificazione si aprono anni fondamentali per la costruzione dello Stato e gravidi di conseguenze sul suo sviluppo. I moderati hanno fatto l’Italia e l’hanno guidata nei suoi primi passi, avviando però una gestione da cui le grandi masse sono escluse; un “feudo di classe”, per usare le parole dell’autore. Nelle prime elezioni nazionali – svolte nel gennaio 1861, mentre ancora al Sud resistono piazzeforti borboniche – il partito moderato trionfa, ma a dargli il successo è una minoranza della popolazione; il diritto di voto riguarda soltanto il due per cento dei cittadini, e in molti seguono l’invito all’astensione predicato dai parroci. Su questa base ristretta, prima la Destra e poi la Sinistra storiche, tentano di affrontare le grandi questioni che gravano sul Paese: l’assetto amministrativo, l’istruzione, il rapporto con la Chiesa, il brigantaggio, la crisi agricola, i primi grandi appalti e i lavori pubblici, lo scandalo della Banca Romana, la guerra d’Africa e le sconfitte di Dogali e Adua… Anni difficili, in cui già si avvertono le avvisaglie di una crisi violenta.
Un quadro sociale, politico ed economico nel quale spiccano, come sempre, le grandi personalità che hanno fatto la storia: Di Rudinì, Depretis, Ricasoli, Giolitti e, troneggiante su tutti, l’imponente figura del conte di Cavour.
Montanelli, con competenza e maestria, ci regala l’affresco di un periodo che preannuncia molti aspetti dell’Italia contemporanea.