La vita e l'opera di Pasolini, la sua passione, il suo coraggio, la sua costante disponibilità a mettersi in gioco, esercitano un richiamo che sembra crescere con il tempo. Il panorama politico e culturale di questi anni frammentato, confuso, percorso da tensioni dagli esiti imprevedibili - ha bisogno di voci capaci di incidere, se non di convincere. E Pasolini era e resta una di quelle. Questo libro prosegue la ricerca di Moscati dopo gli anni in cui ha conosciuto, frequentato e si è sforzato di capire il poeta, romanziere, regista, scrittore corsaro: protagonista di percorsi, mestieri, esperienze che provano una vitalità sfrenata, drammatica, gioiosa nei giorni migliori (quelli del primo cinema, degli interventi, delle amicizie, dei viaggi), ma anche disperata; e non per vicende personali che pure esistono - e il libro le racconta andando in profondità; bensì per l'isolamento da cui questo artista, ricco di idee per tutti, si sforzava di uscire. Il suo è un "romanzo esistenziale" sacro per dignità e pensiero; e inviolabile patrimonio di chi non lo commemora, ma ne avverte acutamente la mancanza.
Nata Greta Gustafsson in un sobborgo di Stoccolma da una famiglia molto povera, la ragazza comune "dal volto di luna", tanto timida quanto caparbia, sarà destinata a diventare la Divina, l'immortale femme fatale che alimenterà i sogni di molti uomini, l'eroina delle storie d'amore di celluloide di cui molte donne, le "donne nuove" del '900, vorranno condividere il destino. Fellini definì la Garbo "una fata severa, fondatrice di un ordine religioso chiamato Cinema" ed era vero. Fu un'ammaliatrice - e non solo nelle pellicole -, ma fu anche una monaca: verginale, austera e con un'incredibile disciplina nel lavoro di attrice. Il suo talento fu enorme e spesso mal riconosciuto. Partendo dagli esordi nel silent movie, proseguendo al ritmo incalzante del jazz con l'avvento del sonoro e arrivando sino al 1941, anno dell'inaspettato addio alle scene della Divina, Moscati traccia un ritratto originale e appassionato della donna e dell'attrice, che attraversa e coincide con il '900, l'epoca dei totalitarismi e della seconda guerra mondiale. L'epoca in cui, più che in tutte le altre, si aveva bisogno di proiettarsi in una realtà diversa, sognando nel buio della sala di un cinema, rapiti dalla luce della bellezza di una vera dea.
Questa è una storia che attrae e fa paura. Sembra che i protagonisti siano Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, i due attori che furono fucilati dai partigiani in una via di Milano; ma è così solo in parte. Più di altri personaggi, vittime della guerra e della guerra civile che imperversarono in Italia dal 1940 al 1945, i due divi più cari al pubblico del fascismo appartengono a una lacerante vicenda che stenta a chiudersi. La loro fine è stata chiarita, ma non abbastanza; le loro colpe sono state accertate, ma non abbastanza; la decisione di fucilarli è stata motivata, ma non abbastanza. Il dramma continua, alimentato dal senso di colpa di un'Italia che fu fascista in massa e che non sa staccarsi dal passato. La luce su un periodo su cui è stato scritto molto, e di tutto, si fa a volte sfocata, confusa, e comunque sempre cupa, terribile, carica di ambiguità. Come tante vicende italiane, di ieri e di oggi.