«Gigi Proietti se n'è andato in fretta, troppo. È uscito dallo spettacolo come i colleghi Federico Fellini, Alberto Sordi, Carlo Lizzani. Nato nel 1940, era un ruscello fresco, un bell'atleta della durata, un pischello, un malandrino, con sorrisi in corsa. Non ha potuto battersi e vincere, fino in fondo, contro Roma: immobile, confusa, dominata da incapaci. Non come i suoi colleghi illustri, che avevano trovato continuità, successi, premi, protezioni nella Roma più corrotta di ieri e ieri l'altro. Avrebbe voluto impedire, allontanare la città da inganni, affarismi, pigrizia, bande, malaffare; ma doveva battersi contro le scene e gli schermi, cantare, giocare, soprattutto non farsi prendere dal deterioramento nelle abitudini. E poi, a un certo punto, non ce l'ha fatta più. Roma è rimasta sola? Sola, senza la forza dei suoi artisti, dei grandi nomi fondatori di avventure? Gigi si è impegnato nello spettacolo, nella televisione, nel teatro unendosi a personaggi come Carmelo Bene, alle avanguardie, ha fatto tutto e anche di più. Era impetuoso e irresistibile. Ha lavorato con passione, genialità. Ma si è trovato solo».
Fellini diceva che la grande capacità di Rossellini era quella di riuscire con la macchina da presa a catturare momenti di realtà e, al tempo stesso, a trasfigurarla magicamente in qualcosa che diventava quasi visionario e onirico. Fellini già coglieva in Rossellini la grandezza, vale a dire la capacità - tipica poi di ogni forma d'arte - di interpretare la realtà e trasportarla in un'altra dimensione. Prefazione di Giulio Troli.
La vita e l'opera di Pasolini, la sua passione, il suo coraggio, la sua costante disponibilità a mettersi in gioco, esercitano un richiamo che sembra crescere con il tempo. Il panorama politico e culturale di questi anni frammentato, confuso, percorso da tensioni dagli esiti imprevedibili - ha bisogno di voci capaci di incidere, se non di convincere. E Pasolini era e resta una di quelle. Questo libro prosegue la ricerca di Moscati dopo gli anni in cui ha conosciuto, frequentato e si è sforzato di capire il poeta, romanziere, regista, scrittore corsaro: protagonista di percorsi, mestieri, esperienze che provano una vitalità sfrenata, drammatica, gioiosa nei giorni migliori (quelli del primo cinema, degli interventi, delle amicizie, dei viaggi), ma anche disperata; e non per vicende personali che pure esistono - e il libro le racconta andando in profondità; bensì per l'isolamento da cui questo artista, ricco di idee per tutti, si sforzava di uscire. Il suo è un "romanzo esistenziale" sacro per dignità e pensiero; e inviolabile patrimonio di chi non lo commemora, ma ne avverte acutamente la mancanza.
Nata Greta Gustafsson in un sobborgo di Stoccolma da una famiglia molto povera, la ragazza comune "dal volto di luna", tanto timida quanto caparbia, sarà destinata a diventare la Divina, l'immortale femme fatale che alimenterà i sogni di molti uomini, l'eroina delle storie d'amore di celluloide di cui molte donne, le "donne nuove" del '900, vorranno condividere il destino. Fellini definì la Garbo "una fata severa, fondatrice di un ordine religioso chiamato Cinema" ed era vero. Fu un'ammaliatrice - e non solo nelle pellicole -, ma fu anche una monaca: verginale, austera e con un'incredibile disciplina nel lavoro di attrice. Il suo talento fu enorme e spesso mal riconosciuto. Partendo dagli esordi nel silent movie, proseguendo al ritmo incalzante del jazz con l'avvento del sonoro e arrivando sino al 1941, anno dell'inaspettato addio alle scene della Divina, Moscati traccia un ritratto originale e appassionato della donna e dell'attrice, che attraversa e coincide con il '900, l'epoca dei totalitarismi e della seconda guerra mondiale. L'epoca in cui, più che in tutte le altre, si aveva bisogno di proiettarsi in una realtà diversa, sognando nel buio della sala di un cinema, rapiti dalla luce della bellezza di una vera dea.
Una dichiarazione d'amore, per l'amore. Non c'è attimo della giornata in cui possiamo vivere senza pensare, senza cercare, senza interrogarci, senza perdere o ritrovare l'amore per conquistare fiducia. L'amore è una perla nella conchiglia. Può attrarci con la brillantezza della luce, può persuaderci che dobbiamo aprire un'altra conchiglia e continuare. La perla più preziosa equivale a un primo bacio. La luce e lo sguardo aiuterà altri baci, altre confidenze, altre intimità. Il libro di Italo Moscati è una storia fatta di tante storie, intorno al gioco disincantato, divertente, dell'amore, degli amori. I corteggiamenti, i simboli, l'allegria, le malinconie, l'entusiasmo di un colpo di fulmine. Vi compaiono i protagonisti conosciuti o sconosciuti, nel grande scenario che parte da vicino per andare lontano, e da lontano pervenire vicino. Dai divi famosi, dai modelli del cinema e dello spettacolo, della Tv, alle persone messe in luce dai fatti di cronaca; da figure che nella cultura e nell'arte hanno rappresentato i pensieri, i moti del cuore, le speranze, le illusioni, e ancora le speranze. L'autore ha attraversato le epoche, fino alla contemporaneità, con attenzione per gli amori della classicità ma soprattutto per sedurre il lettore con immagini e vicende che parlano soprattutto di lui e della incrollabile tenacia nell'inventarsi l'amore, una grande avventura personale. Moscati preferisce non fare nomi, invita a scoprirli.
Questa è una storia che attrae e fa paura. Sembra che i protagonisti siano Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, i due attori che furono fucilati dai partigiani in una via di Milano; ma è così solo in parte. Più di altri personaggi, vittime della guerra e della guerra civile che imperversarono in Italia dal 1940 al 1945, i due divi più cari al pubblico del fascismo appartengono a una lacerante vicenda che stenta a chiudersi. La loro fine è stata chiarita, ma non abbastanza; le loro colpe sono state accertate, ma non abbastanza; la decisione di fucilarli è stata motivata, ma non abbastanza. Il dramma continua, alimentato dal senso di colpa di un'Italia che fu fascista in massa e che non sa staccarsi dal passato. La luce su un periodo su cui è stato scritto molto, e di tutto, si fa a volte sfocata, confusa, e comunque sempre cupa, terribile, carica di ambiguità. Come tante vicende italiane, di ieri e di oggi.
Un racconto sulla vita, la carriera, gli amori e la passione per il gioco del grande regista Vittorio De Sica, vincitore di tre premi Oscar. Il libro ripropone i personaggi interpretati, le numerose e divertenti caratterizzazioni; il periodo dei cosiddetti film dei "telefoni bianchi"; la bella e poetica avventura del "neorealismo" cominciata con "I bambini ci guardano", le pellicole di successo mondiale come "La ciociara", "Matrimonio all'italiana". Infine, la vita privata: le due mogli, i tre figli, le amanti, nonché la roulette che continuò ad attirarlo al tavolo dell'azzardo anche e soprattutto negli ultimi anni di vita, fino a pochi giorni dalla scomparsa, avvenuta nel novembre 1974.