Mentre consegnamo queste pagine arrivano storie e immagini di una tragedia dai luoghi di cui si parla nel libro. Oltre 30.000 palestinesi uccisi da Israele nella striscia di Gaza e non solo. Tra il 2022 e il 2024 abbiamo raccolto storie di donne palestinesi che vivono in quei territori, di israeliane che gridano la necessità di un'altra Israele e di donne italiane che sono andate là partendo da qui, per restare una settimana o 25 anni, per tradurre in concreto parole difficili come giustizia e solidarietà. Dopo il 7 Ottobre le abbiamo cercate, a volte senza più trovarle; desiderano ancora parlare.
La figura della donna privata della protezione del proprio Stato, in cerca di asilo in un altro paese, non è una novità del nostro tempo. Molte donne nel corso della storia hanno fatto esperienza dell'esilio, e grandi pensatrici del Novecento come Hannah Arendt, Simone Weil, Maria Zambrano, Àgnes Heller hanno scritto opere di speciale originalità e profondità sulla condizione degli sradicati e dei senza Stato. Caratteristica del presente è la dimensione massiva delle migrazioni forzate femminili, a cui il diritto dei rifugiati, a settant'anni dall'approvazione della Convenzione di Ginevra, ancora stenta a offrire risposte adeguate. La figura della rifugiata mette in crisi concetti consolidati, come quelli di Stato, nazione, cittadinanza, e rappresenta in sé una critica alle norme che sovraintendono all'accoglienza e protezione di chi chiede asilo. Il libro indaga quindi la condizione delle «donne senza Stato» attraverso gli strumenti della teoria politica e del diritto internazionale, discipline che fino ad oggi troppo poco si sono interrogate sulla profondità della sfida che questa prospettiva comporta per le categorie giuridiche e politiche tradizionali. Per restituire vitalità all'istituto della protezione internazionale, in una congiuntura connotata dal rafforzarsi di tendenze repressive e autoritarie, che avanzano norme discriminatorie nei confronti delle donne e mettono al bando la prospettiva di genere nella ricerca così come nella politica, appare imprescindibile ricentrare il discorso pubblico sull'asilo partendo dall'esperienza femminile e dalla consapevolezza che ne deriva: non esiste un paese «sicuro» per le donne. Con un saggio di Jane Freedman.
I1 volume ricostruisce la storia del concetto di meritocrazia dal momento in cui fu coniata la parola (la seconda metà degli anni cinquanta del Novecento) ai giorni nostri, guardando sia alle elaborazioni teoriche della filosofia e del pensiero sociale (da Young a Della Volpe, Hayek, Arendt, Rawls, Bell, Bourdieu, Walzer, Sen, La-sch, Sennet, Giddens) sia al linguaggio politico (da Martelli a Blair e Renzi) e al senso comune diffuso. Il percorso proposto mostra come il termine nasca con un significato negativo, a identificare una prefigurazione distopica, che continuerà a caratterizzare il suo utilizzo nel vecchio continente per alcuni decenni; e come negli Stati Uniti il lemma assuma invece da subito un significato anche positivo, all'interno di un'ideologia tecnocratica proiettata nella nuova civiltà postindustriale. È solo all'inizio del nuovo millennio che con la Terza Via l'ideologia meritocratica diventa parte dei valori della cultura politica progressista europea, sempre più sussunta dalla governance postfordista. La meritocrazia diventa perciò una parola-chiave del neoliberalismo, giustificando le crescenti diseguaglianze dovute ai processi di finanziarizzazione, delocalizzazione e privatizzazione.
Qualcuno lo chiama «il Papa sindacalista», qualcuno dice che è «il leader della sinistra globale», ma la vera ispirazione di Francesco è il Vangelo. È da questa prospettiva che Francesco guarda ai problemi sociali di oggi, alle vittime della cultura dello scarto e di un’economia che uccide, ai giovani abbandonati alla precarietà, agli anziani trattenuti troppo a lungo al lavoro per pagarsi una pensione spesso non dignitosa, ai migranti che rischiano la vita per trovare un luogo in cui costruire un avvenire per sé e le proprie famiglie e faticano a trovare accoglienza. Francesco ama la concretezza e non ha paura di misurarsi con il conflitto sociale, che ci invita ad assumere. Per questo, quando parla di impresa, investimenti e finanza, non usa giri di parole, anche quando deve andare contro il pensiero dominante. E nella concretezza delle iniziative di solidarietà e di auto-organizzazione di chi sta ai margini sa riconoscere i semi di un’alternativa che sta già germogliando. In questo libro padre Giacomo Costa e Paolo Foglizzo raccolgono e commentano gli interventi più significativi del Papa sul tema del lavoro: ci viene offerto un quadro di riferimento adeguato alla realtà contemporanea, in cui collocare la nostra riflessione sul lavoro e la nostra azione a favore delle donne e degli uomini che lavorano. Come Papa Francesco stesso ha detto, «il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare».
Hyman Minsky è un economista keynesiano famoso per le sue tesi sulla instabilità finanziaria del capitalismo, che da molti sono state ritenute in grado di spiegare le dinamiche dell'ultima fase economica, e in particolare la Grande Recessione. Tra i suoi libri sono stati tradotti in italiano: "Keynes e l'instabilità del capitalismo", del 1975; "Potrebbe ripetersi?", del 1982; "Governare una economia instabile", del 1986. Questo volume raccoglie alcuni scritti, editi e inediti, che testimoniano del suo interesse per le questioni relative al modo di affrontare la povertà e al tipo di piena occupazione che sarebbe necessaria nel capitalismo sviluppato. La tesi provocatoria di Minsky è che la povertà vada combattuta essenzialmente creando lavoro e non con politiche di assistenza, quali meri sussidi monetari o riduzione di imposte. Come mostrano i curatori dell'edizione italiana, Riccardo Bellofiore e Laura Pennacchi, queste tesi di Minsky hanno un positivo rapporto con la tradizione sindacale e politica della sinistra italiana, con particolare riferimento alla proposta di un Piano del lavoro, e con una visione dello Stato del benessere legata alla fornitura "in natura" di beni e servizi essenziali. Si tratta della ripresa, radicale ma sempre più necessaria, dell'idea di una socializzazione degli investimenti, estesa non solo a banche e finanza, ma anche al ruolo dello Stato come fornitore primo di occupazione. Il volume contiene anche la traduzione della prefazione e dell'introduzione.
Negli anni trenta del secolo scorso Asmara, Mogadiscio, Macallè, Tripoli, Adua erano nomi familiari agli italiani. La propaganda per l'impero voluta da Benito Mussolini era stata battente e ossessiva. Dai giochi dell'oca ai quaderni scolastici, per non parlare delle parate, tutto profumava di colonie. Di quella storia ora si sa poco o niente. Anche se in Italia è forte la presenza di chi proviene da quelle terre d'Africa colonizzate. Ci sono eritrei, libici, somali, etiopi. Il libro riprende la materia dell'oblio coloniale e la tematizza attraverso alcuni luoghi di Roma che portano le tracce di quel passato disconosciuto. I monumenti infatti, più di altre cose, ci parlano di questa storia, dove le ombre sono più delle luci. Prende vita così un'analisi emozionale dei luoghi voluti a celebrazione del colonialismo italiano, attraverso un testo narrativo e delle fotografie. In ogni foto insieme al monumento viene ritratta anche una persona appartenente a quell'Africa che l'Italia ha invaso e dimenticato. Una sorta di riappropriazione della storia da parte di chi è stato subalterno. Una riappropriazione per costruire finalmente un'Italia decolonizzata, multiculturale, inclusiva, dove ogni cittadino possa essere finalmente se stesso. Presentazione di Nadia Terranova, postfazione di Andrea Bianchi.
In Italia sono precari, cioè hanno un contratto temporaneo, spesso di collaborazione o a partita IVA, circa il 15% dei lavoratori, una quota che cresce molto tra i giovani ad alta scolarizzazione, ma che non tralascia neanche i quaranta-cinquantenni. Ma cosa pensano, fanno e sperano i lavoratori precari? Il volume, basato su una ricerca svolta con il contributo della CGIL e della rivista "Internazionale" che ha raccolto e analizzato centinaia di storie di lavoratori e lavoratrici atipici, vuole aiutare a comprendere meglio l'"arcipelago della precarietà", al cui interno si intrecciano la discontinuità della retribuzione, la ricattabilità nei confronti dei datori di lavoro e la fatica di dover ricominciare sempre da capo, in nuovi lavori e con nuovi colleghi. Fare parte della "generazione senza" significa non potersi permettere progetti di vita, non avere diritti elementari, stare peggio dei propri genitori pur avendo studiato di più: in una parola si vive ai margini del mercato del lavoro vedendosi negata una parte importante della propria identità. Per cambiare questa situazione non basta una buona legge: bisognerà ripensare la cittadinanza sociale e il welfare, in modo che sia garantito un futuro ai lavoratori, a prescindere dal contratto che hanno stipulato. Prefazione di Susanna Camusso. Introduzione di Aris Accornero.
Il 20 marzo 1963 Palmiro Togliatti tiene a Bergamo un discorso che ha come titolo "Il destino dell'uomo". È in corso la campagna elettorale, ma il segretario del Pci si tiene lontano dalle schermaglie tattiche del momento, e si impegna in una operazione politica di altissimo livello, cercando di costruire il terreno per una collaborazione tra il movimento operaio e il mondo cattolico sui grandi temi del nostro tempo, a partire dalla necessità di salvare l'umanità dalla minaccia della guerra nucleare. Bergamo è una città di fortissima tradizione cattolica, ed è anche la terra d'origine di papa Giovanni XXIII. È dunque chiaro l'intento di costruire un ponte con tutto il movimento riformatore che sta cambiando in profondità gli orizzonti culturali della Chiesa cattolica, con l'impulso decisivo del pontefice, che segna davvero una "svolta" nella storia della Chiesa. Dopo pochi giorni, l'11 aprile, viene promulgata l'enciclica "Pacem in terris", nella quale giungono a piena maturazione i nuovi orientamenti dottrinali della Chiesa cattolica, con un impatto fortissimo sulla società italiana e sull'intera comunità internazionale. A cinquant'anni da questi due eventi il volume propone una riflessione storica sull'attualità di Togliatti e di Giovanni XXIII e sulla loro convergenza di metodo e di approccio. Il libro pone l'accento non tanto sulle ideologie, quanto sulle forze reali e sulle possibilità di un incontro che avvenne sul terreno della comune condizione umana...
Violenza contro le donne: cosa si sta facendo in Italia? Inasprire le norme repressive e isolare i comportamenti violenti maschili - che sono ormai arrivati ad un femminicidio ogni due giorni - facendone casi eccezionali, patologici, lascia inalterati i modelli culturali fondati su quegli equilibri patriarcali di potere contro i quali hanno lavorato fin dagli anni Ottanta i Centri antiviolenza e le Case per donne maltrattate, frutto delle lotte femminili e femministe. Comprendere invece che la violenza sulle donne è prima di tutto un problema degli uomini significa spostare l'attenzione dalle vittime agli autori, a quella "questione maschile" che tutta la violenza di genere sottende. Il volume coglie, nella parte iniziale, questo cambiamento di ottica attraverso una ricerca - la prima in Italia - che censisce le esperienze d'avanguardia rivolte agli uomini violenti nel nostro paese, nelle carceri e nei centri, in ambito privato e pubblico, e offre un quadro di programmi sviluppatisi a livello internazionale, cui le esperienze italiane fanno riferimento. Nella seconda parte sono presentate le riflessioni e le proposte di studiosi e studiose afferenti a molteplici discipline, e le esperienze di operatrici e operatori con ruoli professionali diversi. In appendice, un'analisi critica del recente decreto legge n. 93/2013 convertito nella legge del 15 ottobre 2013 n. 119.
Il bilancio sociale è lo strumento attraverso il quale le imprese danno conto agli stakeholder del livello della loro responsabilità sociale. Per molti è un documento che risponde a una necessità di comunicazione e punta a costruire una buona immagine dell'azienda, per altri serve a migliorare la gestione interna rendendola più consapevole e trasparente intorno alle finalità da raggiungere, per altri ancora è un modo per misurare la coerenza del proprio operato rispetto alla mission che ci si è data. Il sindacato, stakeholder che rappresenta alcuni tra i destinatari principali della rendicontazione sociale (i dipendenti dell'impresa ma anche la comunità più in generale), dopo una fase di iniziale cautela sull'argomento, ha scoperto tutte le potenzialità del bilancio sociale e moltiplicato le occasioni di studio e discussione. Il testo - più volte citato nella letteratura delle discipline economico-aziendali italiane ed utilizzato in diverse università e corsi formativi - illustra i concetti fondamentali della responsabilità sociale e dell'accountability, approfondisce la teoria degli stakeholder, ricapitola i passaggi essenziali della storia del bilancio sociale, in particolare in Italia dove nell'ultimo decennio ha conosciuto un positivo e forse inatteso sviluppo. E suggerisce come il sindacato possa farne un uso corretto, sia per arricchire i contenuti della propria contrattazione sia per rendicontare ai propri stakeholder (gli iscritti e tutti i lavoratori) la propria missione, gli obiettivi assegnati...