"Carta straccia" non è un pedante trattato sui media. È un libro carogna, un racconto all'arma bianca, sornione e beffardo, pieno di ricordi. Mette in scena una quantità di personaggi, tutti attori di una recita alla quale ho partecipato anch'io: l'informazione stampata e televisiva, di volta in volta commedia o tragedia. Sono un signore che ha trascorso cinquant'anni nei giornali, lavorando in molte testate con incarichi diversi. Che cosa ho capito della mia professione? All'inizio pensavo che avesse la forza di un gigante, in grado di vincere su chiunque. Poi ho cambiato opinione: in realtà, il nostro è un potere inutile, serve a poco, non conta quasi nulla rispetto a quello politico, economico e giudiziario. Il perché lo spiego in "Carta straccia". Dopo un'occhiata al passato, la mia prima macchina per scrivere e l'apprendistato ferreo imposto da direttori senza pietà, vi compaiono i capi delle grandi testate di oggi. E i misfatti delle loro truppe. La faziosità politica dilagante. Gli errori a raffica. Le interviste ruffiane. Le vendette tra colleghi. Lo schierarsi in due campi contrapposti, divisi da un'ostilità profonda. Il centrodestra, dove si affermano Maurizio Belpietro e Vittorio Feltri, con le campagne di stampa condotte senza guardare in faccia a nessuno. E il centrosinistra, dominato dalla potenza guerrigliera di Ezio Mauro e dalle ambizioni politiche di Carlo De Benedetti, nemici giurati di Silvio Berlusconi". (Giampaolo Pansa).
Il pio Rumor, l'irriducibile Fanfani, l'eterno Andreotti, l'enigmatico Moro, l'aggressivo De Mita, il monacale Berlinguer, l'ardimentoso Craxi, il tenace Almirante, l'ambizioso Spadolini... Giampaolo Pansa rimette sulla scena alcuni dei protagonisti che dal 1948 al 1989 hanno guidato l'Italia, ripercorrendo il loro tempo. Il caos delle correnti. L'alterigia dei ras locali. Il cancro della mafia. Le bombe del terrorismo, il sequestro di Aldo Moro. Il ciclone della Loggia P2. La guerra fra comunisti e socialisti. In queste pagine Giampaolo Pansa racconta come la vede un italiano uguale a molti. Allarmato dal disordine della lotta politica di oggi. E dal rischio che corre un Paese in cerca di un equilibrio sereno.
In questo saggio scomodo, documentato e duro, Pansa rimette in discussione il mito resistenziale e il ruolo giocato dai comunisti nel costruirlo. E replica a chi rifiuta qualsiasi forma di ripensamento o di autocritica. Il ritratto reticente, incompleto, spesso falso della nostra guerra civile, delineato e protetto per sessant'anni dalle sinistre italiane, è quel che definisce la "grande bugia". Uno scudo dietro cui si sono nascosti tanti di coloro che hanno cercato di screditare il suo lavoro: politici, giornalisti, baronetti universitari, furbetti del quartierino storiografico, antifascisti autoritari, capi del reducismo partigiano. Tutti citati qui con nome e cognome e descritti nella loro sterile faziosità. Un libro appassionante, di battaglia politica e civile, percorso da una cattiveria allegra che a tratti, e giustamente, assume toni al vetriolo.