Ancora Antigone? Il saggio di Alessandra Papa mostra quanti e differenti motivi ci siano per rileggere e ripensare la tragedia di Sofocle. Una tragedia a sé, che nella storia è stata oggetto di diverse riscritture teatrali e interpretazioni filosofiche, ma che resta capace di riproporre differenti piani di racconto dell'umano: quelli della libertà, della disobbedienza civile, della cittadinanza e dell'identità fra tutti. Tale saggio si presenta, perciò, come un originale e ostinato tentativo di tenere a mente i diversi insegnamenti che Antigone ci offre, ancora oggi, attraverso quel "diritto di piangere" che ci costringe a riflettere, ma mai abbastanza, sugli effetti rovinosi di una ragione di Stato dispoticamente applicata, che batte la coda negli interstizi del male banale, spingendoci ogni volta più lontano dalle leggi degli dei, dai diritti umani, dalla persona umana. Il libro si presta a una riflessione antropologica e politica 'colta', ma è anche un utile strumento di studio per approfondire la lettura dell'Antigone di Sofocle in una prospettiva filosofica originale, che passa attraverso le interpretazioni più rilevanti - da Hegel al pensiero femminile contemporaneo - e le riscritture teatrali novecentesche più significative, da Zambrano, ad Anouihl a Brecht.
Chi è l'uomo? Una domanda 'radicale', che ci riguarda in prima persona singolare e che ci consegna un preciso compito filosofico, tanto urgente quanto ineludibile, ma che, al contempo, non può prescindere da una riflessione sull''essere nato'. In questo senso Alessandra Papa si propone di porre le basi per un'antropologia natale che si apra al Chi originario dell'uomo e pensi il sé proprio a partire da quella formidabile promessa di relazionalità che è la nascita. Del resto, nascere fra gli uomini è l'unica possibilità di umanizzarsi: Dio stesso ha scelto di nascere da una donna per chiedere ospitalità e cittadinanza nel mondo degli uomini, assoggettandosi a rimanere, per dirla alla maniera di Sartre, come una fragola di sangue in un grembo femminile. Nell'intento di delineare una semantica dell'umano alternativa alla consueta immagine dell'uomo - definito solo in base al suo essere 'mortale' e non già al suo essere 'natale' - il saggio prende in esame alcune figure morali della condizione umana e del pensiero nativo, facendone punto di riferimento per la riflessione filosofica. A iniziare da Giobbe, l'uomo savio che nella malattia maledice il giorno in cui è nato; per concludere, nell'epoca contemporanea, con il risentimento dell'uomo tecnologico di fronte al natum esse di Günther Anders e alla ripresa di quella potente categoria filosofica che è il natality di Hannah Arendt. Questo saggio, dunque, ci ricorda alla somma che la nascita - sia essa intesa come un giorno in calendario o come il segno di un 'Totalmente Altro' che ci chiama alla vita - è quell'evento 'assolutamente nuovo' con cui ognuno di noi viene al mondo fra altri uomini, portando sempre con sé la domanda fondamentale sul 'Chi' dell'uomo, sulla sua collocazione nello spazio identitario delle relazioni umane e sul significato del proprio agire.
Questo libro presenta un itinerario di riflessione in cui il tema della cura diventa l'occasione per ripensare la condizione umana che fa da sfondo e anche da fondamento dell'agire medico contemporaneo. Dalla raffigurazione della morte di Socrate, con cui Platone ci consegna la relazione di cura come philia, passando attraverso il mito heideggeriano di cura, la foucaultiana 'cura di sé', ma anche, più in filigrana, la pecora malaticcia e il mito della 'grande salute' nietzscheani, il testo di Alessandra Papa pone a tema il corpo vulnerabile come paradigma delle relazioni e primo valore della persona, sempre esposta al fraintendimento, all'abbandono o all'incomprensione. Nel dialogo con i temi dell'ethics of care e con le sollecitazioni sviluppate nei Disability Studies, il testo propone una rilettura dei limiti procedurali e formali con cui la medicina oggi guarda alla figura del paziente, e cioè, in ultima analisi, dell'uomo, di cui dovrebbe essere la custode. Grazie a una comprensione filosofica dell'azione di cura, descritta anzitutto come impegno nei suoi aspetti etico-sociali, ma anche politici, si auspica che la medicina, rifondata ontologicamente, e con gli strumenti che la filosofia le mette a disposizione, possa finalmente giungere alla costruzione teoretica di modelli relazionali efficaci che non sacrifichino la persona umana di volta in volta al principio normativo, o a un modello di comprensione empirico-naturalista, o matematico.