Il volume, il primo di una trilogia, parla dell'esperienza del male e del peccato, a partire dal testo biblico di Genesi, ma calato nella condizione della modernità. Noi tutti viviamo non solo nel peccato, ma nella condizione di coloro che devono "scusarsi" per averlo commesso: il senso di colpa attanaglia le donne e gli uomini religiosi. E il nostro peccato si declina in forme che sconvolgono le nostre vite: ci sentiamo soli, inadeguati, cancellati; siamo insofferenti, infedeli, idolatri; ma viviamo anche nel dolore (siamo muti, ciechi, fuggiaschi) e, forse, è proprio Dio l'unico che ci guarda nella certezza che, a volere tutto questo, non siamo stati noi. Dio, paradossalmente, è l'unico che può condurci fuori dal senso di colpa, restituendoci la vista, la parola e un sentiero da camminare insieme.
L'originale conclusione del vangelo di Marco, con le donne che fuggono silenti dal sepolcro senza comunicare a nessuno l'annuncio di risurrezione, ha da sempre interrogato il mondo dell'esegesi. Perché le donne sono descritte travolte dalla paura, subito dopo aver appreso che il Crocifisso è risorto? Come mai il racconto non si conclude in un'atmosfera di gioia e di successo, come sarebbe lecito e ragionevole aspettarsi? Perché Marco avrebbe deciso di arrestare il motore della sua narrazione proprio nel momento in cui le prime testimoni della Pasqua di Gesù «falliscono» il mandato di diventarne anche annunciatrici ai suoi discepoli? Questo libro si propone di offrire un'originale risposta a queste domande, interrogando testi significativi del secondo vangelo e mostrando come la scelta di «non concludere» con l'ovvietà di un lieto fine corrisponda, in realtà, all'intenzione di non fallire l'obiettivo di realizzare una comunicazione adeguata a esprimere la follia e lo scandalo di un Cristo risorto perché crocifisso.