Tra i più noti e studiati dialoghi di Platone, il Menone è centrale nella produzione del filosofo non solo cronologicamente - fu composto in una fase di transizione fra il periodo giovanile e quello maturo - ma soprattutto per la varietà delle tematiche che affronta: verte attorno al tema della virtù e della conoscenza, e tuttavia in esso Socrate riflette con Menone, il suo giovane e ambizioso interlocutore, anche di politica, matematica, pedagogia, dialettica. Dando vita a un dialogo ricco e denso, che contiene il celebre esperimento maieutico in cui Socrate conduce uno schiavo incolto a risolvere un problema di geometria, e che, come conclude Ferrari nella sua approfondita introduzione, "assume per più di un aspetto la forma di un autentico microcosmo della filosofia platonica".
L'Eutidemo è uno degli ultimi dialoghi della giovinezza di Platone. Il filosofo vi mette in scena, con le tinte parodistiche della farsa, una critica impietosa del ramo meno nobile della dialettica antica: l'eristica, ossia l'arte sofistica di combattere pretestuosamente con i discorsi al solo fine di confutare in maniera ingannevole le argomentazioni degli avversari, senza riguardo per la verità.
"L'Alcibiade I è uno dei dialoghi in cui Platone sostiene compiutamente la tesi di Socrate della coincidenza dell'uomo con la sua anima. Inoltre, è l'unica opera platonica, oltre al Fedro, in cui l'interlocutore di Socrate il giovane Alcibiade, alla vigilia del suo ingresso nella vita politica passa da un atteggiamento spirituale a un altro: infatti, all'iniziale presunzione e superbia, fanno seguito l'umiltà richiesta dalla ricerca della verità e il bisogno dell'aiuto del maestro. Giovanni Reale ritiene così, in sintonia con Friedländer, che l'Alcibiade I sia il momento di transizione tra i dialoghi aporetici giovanili e la prima fase del pensiero maturo di Platone inaugurata dal Gorgia".
"Proprio perché si tratta di uno dei dialoghi socratici più difficili da intendere e da valutare, l'autenticità dell'Alcibiade II è messa in dubbio anche da Reale, che lo considera composto al tempo dei primi dialoghi di Platone. A ogni modo, i pensieri espressi in relazione al tema centrale del dialogo - la preghiera, che va rivolta agli dèi col cuore, non con lo sfarzo di riti appariscenti - sono congruenti con le testimonianze di Senofonte sulla concezione socratica del pregare. Nel saggio introduttivo, Reale appronta un perspicuo e fecondo parallelo tra questa concezione e l'epilogo del Fedro..."
L'"Ipparco" è uno tra i più eleganti e ironici dialoghi giovanili di Platone. La sua autenticità è stata messa in dubbio, ma Giovanni Reale, sulla scorta dell'ermeneutica gadameriana, adduce argomenti definitivi per l'attribuzione platonica. La tesi fondamentale del dialogo è che il "guadagno" è un "bene", e, poiché tutti non vogliono altro che il bene, allora ogni uomo vuole il guadagno, quindi è amante del guadagno. Così l'Ipparco è solo in apparenza privo di conclusione, mentre esprime la verità di fondo del pensiero socratico, che qui Platone accetta pienamente, e che presenta e difende con la sua grande arte.
A partire dal giudizio negativo di Friedrich Schleiermacher, la maggior parte degli interpreti ha inteso e intende ancora oggi "Gli amanti" come l'opera non autentica. Giovanni Reale dimostra però che le idee espresse in questo agile dialogo sono tipicamente quelle che Platone nelle opere giovanili attribuisce a Socrate, quindi o si tratta di un falsario geniale, oppure lo scritto è autentico. D'altra parte, l'asse portante degli "Amanti" è proprio quel concetto di "giusta misura" che qui viene delineato nella sua prima formulazione perspicua, e che in seguito verrà coerentemente ripreso e sviluppato non solo nei dialoghi più maturi (Protagora, Politico, Filebo), ma anche nelle dottrine non scritte.
Il Carmide è uno dei dialoghi giovanili di Platone più ricchi e più interessanti, con pagine di straordinaria profondità e attualità. Vengono qui messi in luce i limiti dell'antica tesi della medicina greca secondo cui non si può curare una "parte" del corpo senza curare "tutto" il corpo, e si dimostra che il corpo umano stesso è solo una "parte", in quanto l'intero dell'uomo è insieme corpo e anima. Il messaggio centrale del dialogo resta particolarmente valido anche per l'uomo d'oggi: per liberarsi dai mali, bisogna innanzitutto curare la propria anima in modo che domini il corpo, ossia occorre raggiungere un adeguato autodominio, la temperanza, perché solo così si può acquistare la vera salute.
"In questa collana presentiamo, in volumi singoli, i primi dialoghi platonici, interpretandoli come documenti che attestano in modo assai efficace 'il pensiero storico' di Socrate. La lettura di questi Dialoghi ci farà conoscere a fondo Socrate nella grandezza del suo messaggio rivoluzionario."
"In questa collana presentiamo, in volumi singoli, i primi dialoghi platonici, interpretandoli come documenti che attestano in modo assai efficace il 'pensiero storico' di Socrate. La lettura di questi Dialoghi ci farà conoscere a fondo Socrate nella grandezza del suo messaggio rivoluzionario."
Il Fedone è la storia di una morte, quella di Socrate e, allo stesso tempo, è il racconto di una nascita, quella della metafisica occidentale, che proprio nelle pagine di questo splendido dialogo vede la luce. Il racconto dell'ultima giornata di Socrate nel carcere di Atene diviene, per Platone, il luogo decisivo per tenere un altro discorso sulla morte: un discorso diverso da quelli della religione, dell'arte o della scienza, un discorso che non si limita ad inaugurare un modo nuovo di parlarne, ma si spinge fino ad intrecciare la morte e la filosofia in un abbraccio indissolubile.
Dopo il Fedone, la morte non potrà più essere, per il pensiero, qualcos'altro a cui pensare, un pensiero particolare, un determinato oggetto del pensiero. Dopo il Fedone, la morte si porrà, sin dall'inizio, insieme al pensiero. Dopo il Fedone non si cesserà di pensare alla morte che cessando di pensare.
Il mito della caverna, l'uomo che si libera dalle catene del conformismo, oppure la metafora dell'auriga, del cavallo nero e del cavallo bianco, utilizzata per spiegare la tripartizione dell'anima; o ancora l'importanza del filosofo in una società perfetta o le prime riflessioni sull'eguaglianza tra gli uomini e sul comunismo? "Repubblica" è l'opera di Platone che più ha influenzato la politologia e il pensiero moderno, che più ha infiammato studiosi e statisti di ogni epoca. Una sorta di summa nella quale il filosofo, deluso dalla politica ateniese del tempo, si rifugia in un'analisi sullo Stato ideale e sui valori che muovono la società, sulle gerarchie che dovrebbero guidarla e sul rapporto tra le esigenze del singolo e il bene comune. "Repubblica" resta un'opera indispensabile per chiunque voglia conoscere le radici dei concetti di democrazia, oligarchia e tirannia e la genesi dello Stato come forma collettiva di organizzazione. Presentazione di Luciano De Crescenzo. Con un saggio di Francesco Adorno.
In aggiunta ai numerosi dialoghi di Platone già pubblicati nei Testi a fronte, una nuova collana di undici titoli con una nuova traduzione di Giovanni Reale. Undici dialoghi cosiddetti "socratici" in quest'ordine: Teagete, Ippia minore, Ippia maggiore, Ipparco, Amanti, Carmide, Lachete, Liside, Eutidemo, Alcibiade primo, Alcibiade secondo. Spesso trascurati dal grande pubblico, perché perlopiù aporetici, e apparentemente non conclusivi sul problema trattato, sono stati studiati da specialisti, peraltro condizionati, a partire dall'Ottocento, da pregiudizi ermeneutici, che hanno talvolta deposto a favore dell'affermazione della loro povertà teoretica e della negazione della loro autenticità. Giovanni Reale ha capovolto tali convinzioni e dimostrato come, sulla base delle nuove scoperte dell'ermeneutica, della tecnologia della comunicazione nel mondo antico e delle nuove interpretazioni dell'ironia socratica, tali dialoghi si rivelino tra gli scritti più freschi e innovativi di Platone. Platone ha compreso, come nessun altro filosofo, la portata rivoluzionaria della domanda di Socrate sul "che cos'è" e il metodo dialettico-confutatorio con cui dalla domanda si dipana la trattazione. Questo nuovo approccio ha comportato un mutamento radicale del modo tradizionale di "pensare per immagini e per miti" traghettandolo nel nuovo modo di "pensare per concetti", che si imponeva come una necessità storica.