«Da una crisi come questa non si esce uguali, come prima. Si esce o migliori o peggiori.»
Francesco
Il racconto di un momento epocale per la Chiesa nell’analisi di uno dei vaticanisti più autorevoli e stimati.
Il 27 marzo dell’anno 2020 Jorge Mario Bergoglio si affaccia solitario sul sagrato abbandonato della basilica di San Pietro. Il vecchio pontefice avanza zoppicando. I capelli schiacciati sotto lo zucchetto. Una macchia bianca, irreale sotto il cielo nerastro. Da quasi tre settimane la Chiesa sembra aver cessato di esistere. Templi praticamente chiusi, fedeli spariti. Non si celebrano messe, non si festeggiano battesimi, niente matrimoni, niente funerali. L’ultima benedizione ai moribondi è affidata dai vescovi agli infermieri. Spiccano i camici, non le stole. Mai nella storia la Chiesa aveva disertato il dolore degli uomini. Con il suo gesto straordinario Francesco riempie questa assenza. E pensa soprattutto al dopo. Chiede una società inclusiva, un’economia al servizio di tutti, una politica che dia voce ai più vulnerabili. Cattolici e laici hanno capito da che parte sta Jorge Mario Bergoglio. E colgono il pungolo della sua ironia quando dice: «Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla».
«Seguiremo la strada della verità ovunque possa portarci», promette Francesco. È un combattente solitario. Sa che i nemici lo aspettano al varco, pronti ad attizzare il fuoco dell'opinione pubblica. Un viaggio negli ultimi anni del pontificato, i più difficili e tormentati, in un mondo divenuto improvvisamente ostile. Nel cattolicesimo è in corso una guerra sotterranea per mettere Francesco, il pontefice riformatore, con le spalle al muro. Preti, blogger e cardinali conducono un'opera sistematica di delegittimazione e, mese dopo mese, si va compattando un fronte conservatore con notevole forza organizzativa e mediatica. Debole, invece, è la mobilitazione dei sostenitori della linea riformatrice di Francesco: vescovi e cardinali si affacciano poco sulla scena per difendere il papa e appoggiare gli obiettivi di cambiamento. Spira un vento di forte opposizione: «Vogliono un altro conclave», dice il cardinale Kasper. Francesco ha cambiato i rapporti con ortodossi, luterani, musulmani e Cina. Su pace, ambiente, giustizia sociale è un'autorità morale mondiale. Ma anche lo scenario internazionale si è fatto più complesso: l'America di Trump respinge gli accordi su clima e migrazioni, temi non negoziabili per il pontefice; in Italia, intanto, su migranti e integrazione circola un populismo anti-papale; in Europa orientale divampa un cattolicesimo xenofobo. Altre preoccupazioni incombono. La Chiesa è travagliata dalla piaga degli abusi sessuali, dalla insoluta questione del ruolo delle donne, dal sensibile calo delle vocazioni. Confessa il gesuita Antonio Spadaro, intimo collaboratore di Francesco: «È un pontificato drammatico in cui ci sono cardinali che attaccano il papa e atei che lo sostengono».