Una proposta alternativa alla stanca spiritualità dei nostri tempi, una proposta che riprende la saggezza della tradizione. Padre Serafino Tognetti dice tra l'altro nella prefazione: "L’ideale di vita proposto in questo libro di Aurelio Porfiri non è un nostalgico ritorno al passato, ma una valorizzazione del presente rivisto e rivisitato con quello spirito, che poi è l’unico cattolico, cristiano: essere figli di Dio umili e combattivi, semplici e convinti, nell’accettazione serena della figliolanza divina in Cristo, avendo presente l’ordine voluto da sempre. La vita non l’inventiamo noi, anche se siamo capaci di andare sulla luna (ma cos’è mai poi la luna, nei confronti dell’universo e delle stelle fisse?): quando nasciamo ci troviamo inseriti in un ordine di natura che si dà da sè, che siamo chiamati a contemplare e in qualche modo ad obbedire. Dio ci dà la libertà e ci insegna ad usarla per il bene.... Quale figura di cristiano propone il nostro autore? La figura del cristiano come monaco-cavaliere. Non con la bardatura, cavallo bianco e spada sguainata, ma in giacca e cravatta negli uffici, con vesti usuali negli uffici, nelle case, nelle scuole, nelle parrocchie, ovunque. Persone che rimettono tutto in equilibrio: Dio prima di tutto, poi l’ascolto della sua divina Parola, la contemplazione della vita e dell’ordine delle cose, quindi di conseguenza l’amore vero per il prossimo, lo spirito di sacrificio, la preghiera, il servizio". Insomma, tornare indietro per riprendere il futuro.
In questo volumetto sono raccolti una serie di articoli che furono scritti e rivisti nel corso di vari anni. Essi furono pubblicati prima sulla rivista "La Vita in Cristo e nella Chiesa" e poi ripubblicati con molti aggiornamenti ne "Il messaggio del cuore di Gesù". Con essi si vuole offrire una piccola guida alla celebrazione della Messa nella sua forma ordinaria e al ruolo che in essa ha la musica sacra, ruolo che si è andato sempre più confondendo e diradando nel corso dei decenni che hanno seguito il difficile postconcilio che stiamo vivendo. Si è consultata anche una letteratura ampia, senza preclusioni ideologiche, anche facendo riferimento ad autori e correnti che non sono tra i riferimenti liturgici e culturali dell'autore di questi articoli. Si spera essi saranno un punto di partenza per poter celebrare "in spirito e verità", ripieni di quella bellezza che è sempre stata cifra privilegiata del culto nell'ambito della Chiesa Cattolica.
Quando Antonio Rosmini nel 1848 pubblicava il suo opuscolo sulle cinque piaghe della Santa Chiesa, egli certamente intendeva mettere in risalto quali fossero le sofferenze che la Chiesa attraversava in quel dato momento storico, o perlomeno quelle che lui percepiva come tali. L'autore, una delle menti più elevate della cultura cattolica, aveva con il suo pensiero spaziato negli ambiti più diversi, anche a volte controversi, ma mai perdendo di vista il suo essere figlio della Chiesa, come viene reso più ancora evidente dall'ardore da lui dimostrato nel lavoro sulle cinque piaghe. Un lavoro in cui lui certo muoveva alcune critiche, alcune obiezioni, ma sempre tenendo di fronte a lui la maternità della Chiesa come elemento fondante del suo agire. Non è possibile anche criticare la propria madre senza cessare di amarla? Oggi ci sembra che ogni critica debba essere considerata alla stregua di un tradimento, di una mancanza imperdonabile di rispetto, di un affronto ai diritti della nostra santa religione. Ma in realtà è attraverso critiche costruttive che possiamo evolvere, correggere, modificare per il meglio. Uno sguardo caustico ma sincero sui mali che affliggono la musica e la liturgia. Perché si può criticare quando è in gioco un bene così grande come quello della liturgia, della sua dignità, del suo decoro, anche attraverso l'uso della musica. Si può criticare, anzi in alcune circostanze, si deve.