Il suo volto è dappertutto: pennellato sui muri, tracciato sulle rocce, tatuato sulla pelle. Anche il suo nome risuona in ogni dove: nelle chiese, nei manicomi, nelle galere. La sua popolarità è seconda solo a quella del Figlio. Un umano, di fronte a lei, mai si sognerebbe di prendere appunti: ha parlato così poche volte nei vangeli, solo sei, ch'è persino arduo indovinarne il timbro: soprano, mezzo soprano o contralto? Ancora oggi, però, è incredibile la potenza della sua voce, la destrezza dell'intuito. "Bisognerebbe essere mamma per capire certe cose" potrebbe risponderci. Il suo splendore è nato da uno spavento di naufragio. Che lei, come un marinaio scafatissimo, ha aggredito da vecchia lupa di mare. Dietro Lei, Maria di Nazareth, è rimasto soltanto il sole. Quello maiuscolo.
Dopo L’imbarazzo di Dio, Marco Pozza torna a raccontare il vissuto di Gesù, il Nazareno.
Con lo stile dissacrante e profondo
che da sempre lo caratterizza, Pozza – cappellano di un carcere del nord-est, teologo e scrittore – ci narra di «un Dio in agguato», che «s’intrufolò tra le viuzze assolate di una terra di confine: vi rimase per un po’ di anni. Compiuti
i trenta, scelse d’andare via di casa». Un Dio che si guadagna «il pane con
le reti», in grado di mandare «su tutte le furie lo sbruffone di Lucifero » e
che «in mille giorni rimise mano al terrestre», dando il via a «una strana faccenda che ancor oggi aizza le folle».
Marco Pozza (1979) è sacerdote, teologo e scrittore. Cappellano di
un carcere nel Nord-Est d’Italia, ha sposato una frase di san Giovanni XXIII: «Non siamo al mondo per custodire un museo, ma per coltivare un giardino». Il suo sito internet – sullastradadiemmaus.it – è un crocevia affollatissimo di ragazzi che incontra in giro per le strade, nelle scuole e dentro i teatri e con i quali spezza il pane
del Vangelo. Con le Edizioni San Paolo ha pubblicato il romanzo Contropiede (2012) e L’imbarazzo di Dio (2015).
Una rilettura meditata e piena di passione dei vangeli, dell'inesauribile sorpresa che racchiudono, dell'imbarazzo che suscita il Dio che in essi sceglie gli ultimi per farne destinatari dell'amore più grande. Un sussurro d'anima che si legge con il pudore di una confidenza e lo stupore di una poesia di vita e di speranza. Sfavillano d'una luce tumultuosa e selvaggia: nel mattino scarmigliato di Nazaret e in quello arruffato di Cafarnao, come nel meriggio riluttante del Golgota e in quello lento di Emmaus. Su trame tormentate, una ciurma d'umani dispiega un'avventura profondamente e disperatamente seria, quella dell'essere braccati dal Cielo: sorpresi dalla Grazia, sorprenderanno la disgrazia. Tra vigne dorate, confusione di popoli e palme di dattero, un anticipo d'Eterno su trame d'imbarazzo. Il Cielo li sorprese acquartierati sulla soglia del loro daffare quotidiano: pescatori, fonditori, tessitori e portatori d'acqua. Coloro che in essi s'imbatterono dopo quell'incontro li annusarono col rossore sulle gote e la fretta come mantello: imbarazzati e imbarazzanti. Tutto cominciò a Nazaret, un pugno di capanne fatte con l'argilla secca: "Lo chiamerai Imbarazzo". Un giorno si fece carne e scompigliò la storia. Imbarazzandola nel colorato bailamme di periferia.
L'Autore in quest'opera, partendo dal reale distacco dei giovani dalla pratica religiosa, tenta di decifrarne le motivazioni, di scrutare il fenomeno partendo dall'interno del disagio giovanile, per proporre alcuni suggerimenti di soluzione.