Il mondo sembra impazzito. Stagnazione economica. Guerre civili e conflitti religiosi. Terrorismo. E, insieme, la spettacolare impotenza dell'Occidente a governare questi shock, o anche soltanto a proteggersi. Senza una guida, abbandonate dai loro leader sempre più miopi e irrilevanti, le opinioni pubbliche occidentali cercano rifugio in soluzioni estreme. Alla paura si risponde con la fuga all'indietro, verso l'isolamento da tutto il male che viene da «là fuori» e il recupero di aleatorie identità nazionali. Globalizzazione e immigrazione sono i due fenomeni sotto accusa. Il tradimento delle élite è avvenuto quando abbiamo creduto al mantra della globalizzazione, quando il pensiero politically correct ha recitato la sua devozione a tutto ciò che è sovranazionale, a tutto ciò che unisce al di là dei confini, dal libero scambio alla finanza globale. Il triste bilancio è quello di aver reso i figli più poveri dei genitori. Il tradimento delle élite si è consumato quando abbiamo difeso a oltranza ogni forma di immigrazione, senza vedere l'enorme minaccia che stava maturando dentro il mondo islamico, l'ostilità ai nostri sistemi di valori. Quando abbiamo reso omaggio, sempre e ovunque, alla società multietnica, senza voler ammettere che questo termine, in sé, è vuoto: non indica il risultato finale, il segno dominante, il mix di valori che regolano una comunità capace di assorbire flussi d'immigrazione crescenti. E il tradimento è continuato praticando l'autocolpevolizzazione permanente, un riflesso pavloviano ereditato dall'epoca in cui «noi» eravamo l'ombelico del mondo: come se ancora oggi ogni male del nostro tempo fosse riconducibile all'Occidente, e quindi rimediabile facendo ammenda dei nostri errori.
Il 2015 verrà ricordato per uno shock a cui gli italiani non erano abituati né preparati. Sono fallite delle banche. Piccole, ma non trascurabili. La protezione del risparmio è stata messa in dubbio. Un brivido di paura si è diffuso perfino tra i clienti di altre banche più grosse e più solide, perché nel frattempo entravano in vigore nuove regole, imposte dall'Europa, che comportano maggiori rischi per i risparmiatori. Sono così venute alla luce storie tragiche: cittadini ingannati, titoli insicuri venduti agli sportelli bancari, obbligazioni travolte nei crac. In parallelo, brividi di paura sulla tenuta delle banche si sono manifestati anche in altre parti del mondo: in Cina e persino nell'insospettabile Germania. E a preoccuparci non ci sono solo le banche private, quelle dove abbiamo i conti correnti e i libretti di risparmio. Anche quelle che stanno molto al di sopra, le istituzioni che dovrebbero governare la moneta e l'economia, non offrono certezze. In America, nell'Eurozona o in Giappone, la debolezza dell'economia ha rivelato errori e limiti delle banche centrali. In un'epoca come questa, in cui i redditi da lavoro diventano incerti o precari, il risparmio è ancora più importante che in passato. Ma possiamo fidarci di chi ce lo gestisce?
"Mi trasferii a San Francisco nel 2000 per vivere nel cuore della Silicon Valley la prima rivoluzione di Internet. Ci ritorno oggi da New York e ho le vertigini, e un senso d'inquietudine. La velocità del cambiamento digitale è stata superiore a quello che ci aspettavamo e ormai la Rete penetra in ogni angolo della nostra vita: il lavoro, il tempo libero, l'organizzazione del dibattito politico e della protesta sociale, perfino le nostre relazioni sociali e i nostri affetti. Ma la Rete padrona ha gettato la maschera. La sua realtà quotidiana è molto diversa dalle visioni degli idealisti libertari che progettavano un nuovo mondo di sapere e opportunità alla portata di tutti. I nuovi Padroni dell'Universo si chiamano Apple e Google, Facebook, Amazon e Twitter. Al loro fianco, la National Security Agency, il Grande Fratello dell'era digitale. E poi i regimi autoritari, dalla Cina alla Russia, che hanno imparato a padroneggiare a loro volta le tecnologie e ormai manipolano la natura stessa di Internet. Con questo libro vi porto in viaggio con me nella Rete padrona. È un viaggio nel tempo, per confrontare le speranze e i progetti più generosi di un ventennio fa con le priorità reali che plasmano oggi il mondo delle tecnologie. È un viaggio tra i personaggi che hanno segnato quest'epoca, da Bill Gates a Steve Jobs, a Mark Zuckerberg, e tra tanti altri profeti e visionari meno noti, che già stanno progettando le prossime fasi dell'innovazione."
"Il mio modello di business? I Beatles." Così parlò Steve Jobs, il fondatore di Apple, uno che di business qualcosa capiva. A intrigarlo era soprattutto la formula del collettivo: vedeva i Beatles come un prodigioso moltiplicatore dei talenti individuali. L'indimenticabile quartetto della cultura pop, infatti, fu anche una start-up di successo. Proiettò quattro ragazzi cresciuti nella Liverpool del primo dopoguerra, in una miseria da Terzo mondo, verso la stratosfera della ricchezza. Personalmente, nei testi delle loro canzoni, composte in un periodo di radicali cambiamenti come gli anni Sessanta, ritrovo la mia adolescenza e un'epoca che fu l'ultima Età dell'Oro per l'Occidente: alta crescita, pieno impiego, benessere diffuso, aspettative crescenti per i giovani. Ma anche i germi di quel che accadde in seguito. "Taxman" prefigura le rivolte fiscali. "Get Back" nasce come una satira dei primi movimenti xenofobi e anti-immigrati. "When I'm Sixty-Four" anticipa la crisi del Welfare State da shock demografico. "Eleanor Rigby" e "Lady Madonna" evocano la nuova povertà che oggi è in mezzo a noi. "Across the Universe", con il suo richiamo al viaggio in India dei Fab Four, ricorda l'irruzione dell'Oriente nel nostro mondo. E "Yesterday", con il tema della nostalgia, ci costringe ad affrontare domande cruciali: davvero si stava meglio "ieri"? Prima dell'euro, prima della globalizzazione, prima di Internet? L'obiettivo di questo libro è ricostruire una speranza.
La crisi attanaglia il Paese e ancora oggi, a cinque anni dal fallimento della Lehman Brothers, fatichiamo a intravedere una via d'uscita. Mentre i governi e gli economisti dibattono su quali misure adottare, le aziende chiudono, la disoccupazione cresce, i consumi crollano. Siamo entrati in una fase recessiva e la colpa è stata, di volta in volta, attribuita al mercato dei mutui statunitensi - i celeberrimi subprime - alla deregulation finanziaria, all'enorme peso del debito pubblico. Se in molti si sono chiesti cosa ha causato la crisi, in pochi si sono domandati chi l'ha causata. "I banchieri" sostiene Rampini "sono i grandi banditi del nostro tempo". La crisi è diretta conseguenza dei loro comportamenti perversi, dei rischi altissimi che si sono assunti, della certezza dell'impunità. La collettività sta pagando per i loro errori, per una speculazione che ha portato allo sfascio l'economia reale, e che tuttavia resta impunita. In questo libro Federico Rampini racconta chi sono i banchieri di oggi, cosa hanno fatto e come sono riusciti a sfuggire a ogni castigo, a qualsivoglia condanna, per il loro agire dissennato.
Dopo la grande recessione che ha colpito il mondo intero, l'Occidente si trova a fare i conti con un modello di crescita rivelatosi fallimentare, centrato sulla corsa al consumo e sull'indebitamento. Ma se a vacillare è un intero modello di vita, l'Occidente può forse cogliere un'opportunità di salvezza guardando a Oriente. È qui che entra in gioco la Slow Economy: la via a uno sviluppo diffuso e sostenibile. Volgendo sempre lo sguardo a una millenaria saggezza orientale fatta anche di risparmio e frugalità, Federico Rampini ripercorre i luoghi e le storie in cui Occidente e Oriente si sono lasciati contagiare reciprocamente, in un awincente viaggio nella memoria e nel futuro.
Tra il 1995 e il 1999, grazie a Internet, al boom economico e all'euforia della Borsa, la Silicon Valley è stata il teatro della più grande creazione di ricchezza con mezzi legali nella storia moderna. Il capitalismo americano non aveva rivali nel mondo. Dal 2000 al 2001, con il crollo delle Borse, la New Economy ha provocato la più rapida distruzione di ricchezza dal 1929. Il modello californiano ha rivelato fragilità e costi sociali. Come è successo? Chi sono le vittime e chi i colpevoli? E soprattutto: come sarà la prossima fase di questa rivoluzione tecnologica? Quali invenzioni cambieranno il nostro futuro?
La nuova economia creata da Internet sta cambiando radicalmente il mondo intorno a noi. L'autore racconta questa rivoluzione in corso, analizzandone le cause, descrivendone i protagonisti, gli eccessi e i rischi di Borsa, chiarendone le implicazioni sul futuro: dal nostro modo di lavorare al ruolo della politica. Un viaggio nella New Economy che comincia dalla sua patria di origine, gli Stati Uniti, e prosegue attraverso l'Europa, mettendo a fuoco il divario tra vecchio e nuovo continente, mostrando il rapido sviluppo europeo, l'influenza che Internet e le nuove tecnologie esercitano sulla politica e il nesso inscindibile tra questa rivoluzione economico-sociale e l'immigrazione.