L'autore o gli autori del Codex Purpureus Rossanensis certamente non potevano prevedere il successo e la risonanza che a distanza di secoli avrebbe avuto quell'opera per loro certamente di normale attività letteraria. Oggi, peraltro, la sua notorietà è stata rilanciata dal suo riconoscimento ed inserimento, il 9 ottobre 2015, nel Registro della Memoria del mondo (Memory of the World) da parte dell'Unesco, che è valso ad accrescere il fascino e quasi l'alone di mistero che da sempre lo hanno circondato. Il Codex non finisce di meravigliare e di stimolare gli studiosi, provocandoli e quasi sfidandoli a tentare ogni altro tipo di approccio nuovo per penetrarne quegli aspetti innovativi che immancabilmente arrivano. La bellezza del prezioso Evangeliario sta anche in questo: chiunque vi si può accostare e perdersi in una visione di immensità e di luce trasparente inimmaginabile. Chi non resta ammaliato dai colori sempre freschi delle miniature? Dalle simbologie nascoste negli stessi personaggi raffigurati? Dalla forza estetica ed estatica che promana dalla porpora, dagli ori e dagli argenti delle scritte? Il Codex riesce ad essere ancora oggi, dopo quasi sedici secoli, tutto questo e molto di più. Un problema non di poco conto da definire è la sua destinazione d'uso. E un codice-oggetto destinato ad evidenziare lo status symbol del suo possessore? È un libro liturgico per le grandi celebrazioni sacre bizantine? Questo studio presuppone proprio la destinazione liturgica del Codex e, richiamandosi ai soggetti ed ai personaggi specificatamente raffigurati nelle miniature, non solo evidenzia la fondatezza del loro rapporto stretto con le iconografie quotidiane della Settimana Santa bizantina, anche quella ancora oggi praticata nell'Eparchia di Lungro in Calabria, ma arriva a considerazioni che inducono a stabilire una successione diversa delle Tavole, la cui attuale collocazione è da ritenere posticcia e non coerente con le esigenze liturgiche della Settimana Santa bizantina.
Una bella e limpida raccolta di riflessioni mariane sgorgate dal cuore di S. E. Mons. Luigi Renzo, Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, che portano il timbro delle circostanze in cui sono nati, ma conservano la freschezza di ciò che di più bello un figlio possa dire della Mamma.
"Come è bravo questo Papa! Voi che ne pensate, Vescovo?: così mi ha apostrofato un bambino di scuola elementare durante la Visita Pastorale in una scuola. La domanda ha avuto il sapore di una sfida perché mi ha spinto a sapere di più di Papa Francesco, che in questi mesi ho incontrato più volte in S. Marta e con cui ho avuto occasione di scambiare piacevoli battute. Dall'insieme è nato questo racconto, in cui ho voluto accostare, con animo devo dire affascinato, le vicende umane pregresse oltre che il magistero di Papa Bergoglio, 'venuto - come lui stesso ha detto - dalla fine del mondo'. E bisogna riconoscere che una vera 'fine del mondo', un profondo scombussolamento di forme ha portato coraggiosamente nei ritmi, nello stile, nelle logiche protocollari del Vaticano e della Chiesa. Anche la scelta del nome Francesco, la lapidaria frase: 'Voglio una Chiesa povera e per i poveri' e le preferenze delle periferie stanno facendo il resto. Il ripercorrere i fatti in stile di racconto, a me ha fatto tanto bene. Lo auguro di cuore anche ai buoni lettori." (Mons. Luigi Renzo)