Se i cristiani non sono “del mondo”, tuttavia non devono dimenticare di essere “nel mondo”: oggi, infatti, a loro è richiesto di ripensare la fede cristiana all’interno della cultura postmoderna, senza alcun appiattimento acritico su di essa, ma in un’apertura al dialogo e al confronto. Possiamo così scoprire che la chiesa, nel contesto del mondo attuale, è chiamata a essere umile: la sua umiltà si radica nell’umiltà stessa di Dio, che in Gesù Cristo si è compromesso con la terra e l’umanità, e le permette di essere il popolo di Dio animato dallo Spirito santo. La chiesa è umile perché consapevole di essere “in relazione” e “dalla relazione”, perché non deve imporre una verità totalizzante, ma vuole proporre una verità che apre alla libertà.
Roberto Repole (Torino 1967), presbitero, insegna ecclesiologia e teologia sistematica presso la Facoltà teologica di Torino. Ha indirizzato buona parte della sua ricerca al ripensamento della chiesa nell’orizzonte della cultura contemporanea.
Il pensare del giovane d'oggi è caratterizzato da risorse e da potenzialità diverse rispetto al passato: anziché il pensiero, oggi si privilegia il "sentire". Avvicinare pensiero e gusto, cioè la ragione e il sentire, significa accogliere la sfida che è possibile percepire una bellezza e un sapere nel pensare, ritenere che il pensiero sia capace di rendere più saporita e gustosa la vita.
Il testo prosegue la collana di formazione per giovani universitari, avviata con A. Matteo, Onora la tua intelligenza. Lettera a un giovane studente e E. Salmann, Scienza e spiritualità. Affinità elettive, che invita a non separare lo studio dalla spiritualità e a rimotivare lo studio accademico. Si rivolge allo studente in forma diretta e personale, sollecitandolo alla riflessione in ordine al pensare e allo studio.
Sommario
Presentazione (mons. I. Sanna, arcivescovo di Oristano). Lettera a un giovane studente. Incanto. Fragilità. Umiltà. Domanda. Sim-patia. Attesa. Dono. Libri per approfondire.
Note sull'autore
Roberto Repole è docente di teologia sistematica presso la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale - sezione di Torino ed è referente per la pastorale universitaria della diocesi di Torino. È membro del consiglio di presidenza dell'Associazione Teologica Italiana (ATI).
A oltre vent' anni dalla sua pubblicazione, il titolo del fortunato saggio di Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti Il pensiero debole continua a essere considerato, in senso lato, la cifra di molto pensiero contemporaneo. Il depotenziamento della razionalità, l'indietreggiamento verso la "zona d'ombra", si sono imposti in diversi strati della cultura e, con il tempo, hanno finito per incrociare lo stesso cristianesimo: per ritrovarlo, ma depotenziato; per riaccostarlo, nell'atto stesso di indebolirlo. Si è preso così a parlare non solo di "pensiero debole", ma anche di cristianesimo debole, di Dio e di Chiesa deboli; con la pretesa, spesso, di dire la realtà stessa del cristianesimo, di Dio, della Chiesa. A distanza di qualche decennio, è tuttavia possibile porsi qualche domanda, e tentare di dare qualche risposta: è davvero, meno totalizzante e impositiva la cultura del "pensiero debole"? E veramente pietoso e rispettoso della differenza altrui un pensiero che finisce per costringere nelle sue categorie il cristianesimo, con la sua storia millenaria? Il presente saggio intende mostrare, a fronte della rigida alternativa tra un "pensiero forte" e un "pensiero debole", la possibilità di un' altra via, quella di un pensiero umile: capace di non catturare ma di mettersi in ascolto della Rivelazione, per riscoprire, da qui, che Dio e la Chiesa stessi non sono né forti né deboli, ma - appunto - umili. Un affascinante e originale contributo al dibattito culturale contemporaneo.