Ricoeur istituisce un denso parallelismo tra racconto, architettura e urbanistica, e trova nell'analisi della città contemporanea un ampio campo di riflessione fondato sulla dimensione narrativa dell'architettura e su quella temporale dello spazio architettonico. L'atto dello scrivere e quello del costruire tendono a ordinare ciò che nella vita si presenta come confuso, dandogli intelligibilità e significato. Entrambi devono anche rispondere a una necessità di protezione che comporta un'ineludibile responsabilità nei confronti della fragilità dell'umano. Come scrive Heidegger, infatti, l'uomo non abita perché costruisce, ma costruisce perché abita. Così, se il costruire rimanda all'abitare, l'abitare interpreta e discute il costruire, lo confronta con le proprie aspettative, a volte lo accusa. E la qualità del nostro essere nel mondo dipende in larga parte dalla comprensione e dal procedere di questa dinamica.
Un'architettura degna e una città decente sono la sola alternativa possibile al degrado dell'urbano e dell'umano: questo emerge dalle riflessioni di Paul Ricoeur sulla città, per la prima volta raccolte insieme e tradotte. Tra insicurezza e alienazione la vita nella città si fa sempre più difficile e ingiusta. La diffidenza e la paura che crescono nei rapporti umani trovano corrispondenza nella bruttura dell'edificato urbano, vera e propria congestione di spazi. La città dimenticata l'accoglienza e il costruire perde la memoria del proprio gesto.