I testi qui per la prima volta raccolti rientrano nell'ampia ricerca che Ricoeur svolge su questioni di filosofia politica, dove la disamina del concetto di tolleranza (e dei suoi opposti) è condotta secondo la dialettica dell'et et: mostrare affinità e differenze tra i concetti e gli slittamenti di significato nei diversi piani del discorso. La tolleranza ha tre giustificazioni - politico-giuridica, culturale e teologica - e nasce come contingenza propria dell'età moderna, per poi diventare condizione di possibilità di una vita giusta. Nell'età post-moderna l'esito inatteso: la tolleranza rischia di scivolare nell'indifferenza. Di qui l'intollerabile, «ultimo rifugio di tolleranza pensata e voluta», paradossalmente esso stesso intollerante quando si erga a giustiziere dell'immoralità degli altri. La stessa indignazione necessita quindi di prudenza e mitezza: è un invito all'etica di compromessi ragionevoli. La tolleranza, in tal senso, resta una virtù incompiuta, un compito senza fine.
Jaca Book presenta gli scritti inediti di Ricoeur su un tema centrale nella riflessione filosofica contemporanea. In accordo con lo stesso principio che ha guidato la realizzazione del primo volume di questa serie, Attorno alla psicoanalisi, di Écrits et conférences di Paul Ricoeur, Ermeneutica offre ai lettori testi essenziali di cui Ricoeur aveva autorizzato la pubblicazione che non risultano di facile reperibilità o che non sono stati mai resi pubblici nella versione originale. Si tratta di testi dei quali esiste presso il Fonds Ricoeur di Parigi il manoscritto originale rivisto dall'autore. Il pregio peculiare di questo secondo volume - al di là del carattere meticoloso della curatela (che accompagna quasi per mano il lettore, offrendo una ricca rete di rimandi bibliografici e di note di approfondimento) - è che l'insieme degli scritti raccolti tracciano un itinerario essenziale del contributo di Ricoeur all'ermeneutica filosofica contemporanea. Ne emerge tutta la sua originalità, ne emergono gli aspetti caratterizzanti, ne emerge il cuore. Il libro diventa, dunque, una nuova via di accesso al vasto e articolato corpus ermeneutico dell'opera ricoeuriana. Paul Ricoeur è stato uno dei maggiori filosofi del '900. Ha insegnato Filosofia alle Università di Strasburgo, alla Sorbona di Parigi, a Nanterre e a Chicago. Jaca Book è l'editore italiano delle sue opere che ha cominciato a pubblicare negli anni '70.
Costante è stato il confronto di Ricoeur con Kant, in particolare con la dottrina del male radicale contenuta in La religione nei limiti della semplice ragione. I saggi qui per la prima volta tradotti e raccolti possono essere visti come la ricapitolazione di questo confronto, una messa a punto sulla filosofia della religione kantiana, intesa come «ermeneutica filosofica della speranza». Un'ermeneutica che ha a suo fondamento un enigma storico-esistenziale - «il fatto che il libero arbitrio esiste solo sotto la forma del servo arbitrio» - e un paradosso antropologico: l'inerenza nell'uomo di una tendenza al male morale innestata su una disposizione al bene. Il male - quale inversione, nelle massime dell'azione, della priorità tra il dovere e il piacere - è sì radicale ma non originario: sta qui, nota Ricoeur, il pelagianesimo di Kant. Per lui la religione è, nella sua essenza, rigenerazione del principio buono nella volontà cattiva. Una rigenerazione che è una dialettica tra sforzo morale e dono della grazia.
I saggi qui raccolti, e scritti tra il 1975 e il 2000, possono definirsi un compendio della riflessione morale di Ricoeur: dalla distinzione tra etica, come desiderio di una vita compiuta, e morale, in quanto universalità della norma che media tra volontà diverse, alla determinazione dei concetti di stima di sé, sollecitudine, giustizia, libertà, intenzione etica, legge, valore, istituzione, «legge di natura». Una costellazione di categorie con la quale Ricoeur traccia, quasi didatticamente, i lineamenti di una filosofia morale. Una filosofia che, coniugando prospettiva teleologica e deontologica - Aristotele e Kant, ma memore anche della lezione di Max Weber -, riconosce l'ineliminabilità del conflitto dei doveri, di un lato tragico inerente all'azione morale. Conflitto al quale far fronte, di volta in volta, con la saggezza pratica. Senza dimenticare la paradossalità dell'etica evangelica, con i suoi comandamenti - «ama il prossimo tuo», «porgi l'altra guancia» - che «orientano disorientando »: scompigliando l'esistenza, «rigenerano la libertà».
Pubblicato nel 1950, Il volontario e l'involontario si presenta come il volume inaugurale di un'antropologia filosofica posta sotto il titolo di Filosofia della volontà, che avrà il suo proseguimento con Finitudine e colpa (1960). Con sguardo fenomenologico e "partecipativo", che fa proprie le lezioni di Husserl e Marcel, Ricoeur affronta il tema cartesiano del rapporto tra libertà e natura attraverso la relazione tra il volontario e l'involontario, declinata in tre momenti: l'agire, il decidere e il consentire, che sono le forme costitutive dell'umano. La descrizione della reciprocità tra il volontario e l'involontario, andando oltre il dualismo di tanta parte del pensiero filosofico e scientifico, mette in luce i molti significati del "cogito incarnato", con disamine insuperate sulla decisione, il corpo e la sua esperienza, l'azione, l'abitudine, il carattere, la nascita, la vita, la morte. La dialettica tra il volontario e l'involontario mette capo al riconoscimento di una "libertà soltanto umana". Pagine che fanno di quest'opera un classico della filosofia contemporanea.
In questo volume Paul Ricoeur illustra il problema dell'ermeneutica così com'egli lo intende. Suo intento è di condurre la riflessione sull'ermeneutica fino al punto in cui si approda a un'antinomia: l'opposizione fra distanziazione alienante e appartenenza, dalla quale nasce l'esigenza di un mutamento di direzione. Con l'ermeneutica filosofica l'esegesi biblica intrattiene un rapporto arduo e complesso: come ermeneutica speciale rispetto a un'ermeneutica generale, come ermeneutica cherigmatica rispetto a un'ermeneutica in funzione di canone. Un utile quanto appassionante saggio dell'ermeneutica di Ricoeur è una raccolta di studi in collaborazione con A. LaCocque, edita da Paideia nel 2002: "Come pensa la Bibbia. Studi esegetici ed ermeneutici".
Pubblicato nel 1960, Finitudine e colpa è con Verità e metodo di Gadamer il testo che inaugura l'"âge herméneutique", un'età che ha fatto dello statuto dell'interpretazione una questione dirimente per la filosofia. L'ermeneutica in quest'opera si presenta come decifrazione dei simboli e dei miti attraverso i quali è stata fatta esperienza, nelle tradizioni greca e biblica, dell'enigma del male. Simboli primari (impurità, peccato, colpevolezza) declinati nei miti del "principio e della "fine" e caratterizzati da una duplicità di senso. Di qui la definizione della ermeneutica come dialettica tra senso letterale e senso profondo dei simboli. Un modello posto sotto il motto «il simbolo dà a pensare». Sta in ciò la classicità di Finitudine e colpa: Ricoeur ha fatto del male - delle sue condizioni simboliche di possibilità - la cosa stessa della filosofia. E ha giustificato - come fosse una «seconda rivoluzione copernicana» - la legittimità dell'ermeneutica: essa è il cammino della ragione, attraverso il conflitto delle interpretazioni, per render conto del male che è già lì, e resta opaco al rischiaramento. Un compito «mai finito di distruggere gli idoli, al fine di lasciare parlare i simboli».
La serie di questi studi è attraversata da tre prospettive filosofiche. Nella prima, viene ricercato per il sé uno statuto che sfugga alle alternanze della esaltazione e della decadenza, che affettano le filosofie del soggetto alla prima persona: dire sé non è dire io. Ritenuto il riflessivo di tutte le persone grammaticali - come nell'espressione "la cura di sé" -, il sé postula la deviazione attraverso analisi che portino ad articolare in modo diverso la questione chi? Chi è il parlante del discorso? Chi è l'agente o il paziente dell'azione? Chi è il personaggio del racconto? A chi viene imputata l'azione posta sotto l'egida dei predicati "buono" od "obbligatorio"? Indagini essenzialmente improntate alla cosiddetta filosofia analitica, con la quale l'ermeneutica del sé entra in un dibattito molto serrato. Seconda prospettiva: l'identità suggerita dal termine "méme" va scomposta in due principali significazioni: l'identità-idem di cose che permangono immutate nel tempo, e l'identità-ipse di colui che mantiene sé stesso soltanto sul modo di una promessa mantenuta. Infine l'antica dialettica del Medesimo e dell'Altro deve essere rinnovata se l'altro da sé si dice in molti modi: il "come" dell'espressione "sé come un altro" può significare, allora, un legame più stretto rispetto a qualsiasi comparazione: sé in quanto altro.
Textos seleccionados y editados por Johan Michel y Jérôme Porée.
Prólogo de Tomás Domingo Moratalla.
Este libro recopila dieciséis textos dispersos y de difícil acceso de Paul Ricoeur. Su calidad y pertinencia los convierten en una obra única, esencial e indispensable para entender no solamente a Ricoeur, sino también la antropología filosófica misma. Se trata, por tanto, de un trabajo que muestra el quehacer de la fenomenología hermenéutica, la manera de hacer filosofía de una de las mentes más brillantes, perspicaces y, sobre todo, «inquietas» del siglo XX, un pensador claro y didáctico preocupado no solo en explicar y exponer sus ideas, sino en que el lector las comprenda.
Paul Ricoeur (1913-2005) es, sin duda, uno de los filósofos más importantes del siglo XX. En su vasta producción ha cultivado la ética, la fenomenología, la hermenéutica, la lingüística, la teología… Todos estos campos convergen en lo que el mismo denominó «antropología filosófica», el análisis de las múltiples dimensiones de la existencia humana. Entre sus obras cabe destacar La metáfora viva (1963), El conflicto de las interpretaciones (1969) y Tiempo y narración (1983).
Traducción del original francés (Antropologie philosophique) por Tomás Domingo Moratalla.