Tutti i saggi qui presenti ruotano attorno a "Il credo dell'uomo libero" come all'ideale centro da cui prendono vita le riflessioni di Russell a carattere sociale, politico e filosofico. Riflessioni che hanno contribuito a renderlo celebre in tutto il mondo e a instradarlo sulla via dei grandi pensatori libertari e liberali del XVIII e XIX secolo. Comprende anche "Quali desideri sono politicamente importanti", il discorso di ringraziamento che Russell pronunciò dopo che gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura nel 1950. I temi della libertà individuale, dei limiti del singolo nei confronti dello Stato e della legge, la visione della proprietà e della guerra e l'educazione dei giovani, sono i temi centrali che vengono affrontati dai saggi brevi qui ripresentati, tratti da varie opere e scritti prima, durante e immediatamente dopo l'eccidio inutile della prima guerra mondiale.
Il trionfo della stupidità raccoglie oltre settanta articoli brevi scritti tra il 1930 e il 1935, per la sezione culturale del celebre quotidiano americano «New York American». Da questo lavoro emerge un Bertrand Russell "diverso" dal filosofo e dal matematico rigoroso conosciuto dalla stragrande maggioranza dei lettori. Russell adotta infatti per questi brevi articoli uno stile leggero, umoristico e spesso provocatorio, scrivendo a ruota libera e con tono personalistico su temi legati alla quotidianità della vita, allora come oggi popolari, ma anche su questioni di carattere più generale e universale come l'amore, la guerra, la genialità, le norme e i tabù sociali. I punti di vista espressi dal filosofo su tematiche comuni sono spesso sorprendenti e divertenti, rendendo la lettura del libro piacevole e stimolante. È rimasto qualcuno normale?; I cani pensano?; Uomini contro Insetti, sono solo alcuni dei titoli dei brevi articoli presenti nel libro. Il trionfo della stupidità è una collezione di articoli capace di far riflettere ma anche sorridere.
No, non è giusto, questo non e buono, non è una causa santa questa in cui viene offuscato e distrutto lo splendore della gioventù. Siamo noi, i vecchi, ad aver peccato; abbiamo mandato questi giovani sui campi di battaglia per le nostre maledette passioni, per la nostra morte spirituale, per la nostra incapacità di vivere generosamente del calore del cuore e della viva visione dello spirito. Usciamo da questa morte, poiché siamo noi i morti, non i giovani caduti per la nostra paura di vivere. Anche i loro fantasmi sono più vivi di noi; ci espongono all'eterno ludibrio di tutti i tempi futuri. Dai loro fantasmi deve scaturire la vita e noi ne saremo vivificati.