Se resta ancora aperta- verosimilmente non destinata a chiudersi mai - la discussione su quanto la canzone d'autore sia imparentata con la poesia, impossibile è invece negare che essa abbia saputo interpretare al meglio sogni e bisogni, ansie e difficoltà del nostro paese, a partire dalla stagione del boom economico. Uno dei protagonisti di tale fenomeno è stato senza dubbio Enzo Jannacci, milanese doc, nato nel 1935 e morto nel 2013, che per quasi sei decenni ha alternato la professione di medico chirurgo alla musica cosiddetta leggera. Sapendo coniugare, come nessun altro nel panorama artistico nazionale, il gusto irriverente per lo sberleffo e una sensibilità geniale e stralunata, con una vena poetica tendente alla malinconia e alla nostalgia per un mondo arruffato ma ancora capace di riconoscere la purezza.
La ricchezza del reale è multiforme e per esprimersi ha bisogno del concorso di molti e diversi saperi: anche di quello teologico e tanto più in un cambio d'epoca come quello che stiamo attraversando (papa Francesco). La teologia è oggi dunque chiamata a confrontarsi e dialogare con gli altri saperi, portando alla causa di un nuovo umanesimo il contributo della riflessione delle comunità credenti. Se la teologia deve saper accompagnare i processi culturali e sociali, essa lo potrà fare solo assumendo il contesto specifico in cui nasce e lavora. La dimensione ecumenica, interreligiosa e interculturale diventa così costitutiva della teologia pubblica che verrà.