Abbiamo bisogno di saper immaginare un mondo diverso, evitando certo le fughe in avanti del sogno utopico, come di cadere nelle nostalgie della retropia o di cedere alle previsioni apocalittiche della distopia.
Diversamente dalla "cartografia coloniale" con cui ancora si guarda a sud, le chiese di Africa, Asia e America Latina reclamano prima di tutto il diritto ad essere "chiese fonte" e non "chiese calco". Oltre al motivo demografico (due terzi dei cattolici vivono in queste comunità), esiste però un diritto epistemico: quello di pensare diverso. Le voci dei teologi e delle teologhe del sud chiedono di superare gli epistemicidi culturali e religiosi perpetrati dal pensiero e pratica coloniale. Per superare la prospettiva coloniale, però, serve non un pensiero post-moderno (che indaga la modernità a partire da essa), ma un pensiero e una pratica decoloniale (che indaga il potere moderno a partire dalle cosiddette "ferite coloniali" per poterle superare). Si tratta di porre fine alla triplice ingiustizia che il sud ha subito: oltre a quella sociale ed ecologica, anche quella cognitiva.
Attraversando le diverse tradizioni e sensibilità religiose, la ricerca a più mani offerta dal volume vuole provare a rispondere alla domanda: come il pensiero e la pratica ospitale possono promuovere il dialogo tra le religioni?
Dopo una descrizione del pluralismo religioso interrogato anche dal punto di vista della teologia, sarà la sapienza orientale a ricordare che l’accoglienza e la tolleranza sono virtù tipiche del mondo hindu quando l’ospite continua ad essere considerato come una divinità. Così anche la teologia musulmana quando, come recita un hadith, ricorda che: “una casa dove non entrano degli ospiti non sarà frequentata dagli angeli”. E le chiese cristiane sanno che il metro di misura del loro agire e della loro testimonianza sarà, come ricorda il vangelo, l’ospitalità ecumenica ed interreligiosa: “ero forestiero e mi avete ospitato…”. La vocazione universale delle religioni, insomma, si fonda su un’identità ospitale, messa in discussione, però, quando esse si prestano a diventare dispositivi simbolici ufficiali di politiche d’identità, come la storia del Mediterraneo insegna. E se il diritto è chiamato a promuovere la pratica dell’ospitalità, anche la teologia della creazione può riscoprire un’ospitalità fondatrice.
In continuità con una ricerca avviata da tempo ed ereditando, insieme al patrimonio interreligioso, anche il pensiero e la pratica francescana, il lavoro che qui si presenta intende indagare l’ospitalità come cifra paradigmatica. Si tratta di rileggere ogni tradizione all’interno di tale paradigma e insieme provare ad eleggere il “principio ospitalità” come cifra del dialogo interreligioso a venire. In continuità con le tradizioni religiose, ma anche e tanto più come esigenza dei tempi che viviamo. Gli autori dei diversi saggi sono convinti che un’autocomprensione cristiana in chiave di ospitalità (che promuove l’identità credente e insieme rispetta l’irriducibilità dell’altro) possa liberare e far maturare il dialogo interreligioso.
La ricchezza del reale è multiforme e per esprimersi ha bisogno del concorso di molti e diversi saperi: anche di quello teologico e tanto più in un cambio d'epoca come quello che stiamo attraversando (papa Francesco). La teologia è oggi dunque chiamata a confrontarsi e dialogare con gli altri saperi, portando alla causa di un nuovo umanesimo il contributo della riflessione delle comunità credenti. Se la teologia deve saper accompagnare i processi culturali e sociali, essa lo potrà fare solo assumendo il contesto specifico in cui nasce e lavora. La dimensione ecumenica, interreligiosa e interculturale diventa così costitutiva della teologia pubblica che verrà.
Come le parabole del vangelo, le strisce di Mafalda - eroina "arrabbiata" e "contestataria" - rifiutano il mondo così com'è. Come il vangelo, il personaggio del fumettista argentino Quino ci aiuta a non abdicare al dovere di indignarci di fronte all'ingiustizia, a non dimenticare che la vera domanda filosofica non riguarda tanto l'essere e il nulla quanto come sia possibile il bene al posto del male.
Come le parabole del vangelo, le strisce di Mafalda – eroina “arrabbiata” e “contestataria” – rifiutano il mondo così com’è. Come il vangelo, il personaggio del fumettista argentino Quino ci aiuta a non abdicare al dovere di indignarci di fronte all’ingiustizia, a non dimenticare che la vera domanda filosofica non riguarda tanto l’essere e il nulla quanto come sia possibile il bene al posto del male.
«Anche se al mondo ci sono più “problemologi” che “soluzionologi”, come sostiene Mafalda, la piccola peste dei fumetti di Quino, non è un buon motivo per rinunciare al cambiamento, come dice il vangelo. È infatti possibile un diverso modo di stare al mondo, quello che si può esprimere con l’“avere tutto senza possedere nulla”. Da Mafalda e dal vangelo impariamo che il criterio di giustizia sta nella circolazione dei beni e non nel loro accaparramento. La risposta al problema della fame, ad esempio, prima che da una pratica viene da un pensiero: quello della gratuità. Molto oltre le intenzioni di Quino e degli evangelisti, Mafalda e il vangelo prestano attenzione alla dimensione etica della vita e portano avanti lo stesso appello alla giustizia e alla pace».
Marco Dal Corso
"Dalla teologia della liberazione alla teo-poetica: queste l'originale percorso intellettuale di Rubem Alves (1933- 2014, teologo ed educatore tra i più importanti dell'America Latina), un pensatore che si è gradualmente allontanato dalla teologia accademica per inventare un linguaggio capace di parlare a tutti, in particolare a quanti portano in sé il desiderio di vitalità che sfonda ogni confine. Narrazione, poesia, metafora diventano la mediazione necessaria per far sgorgare dal cuore delle persone l'anelito alla vita, che in dissolvenza si identifica con Dio, quello che la Bibbia educa a cercare oltre gli schemi imposti dal pensiero tradizionale. Non si perde nulla dei temi iniziali - la liberazione, la speranza - ma cambia il linguaggio, che diventa più aderente agli impulsi che muovono la vita. Abbandono della teologia o di una forma di teologare? Il lettore è provocato a interrogarsi sul compito stesso della teologia: spiegare il mistero o introdursi in esso per la via della bellezza." (Giacomo Canobbio)
"Il pluralismo religioso è oggi una sfida per tutte le religioni" (C.M. Martini). Questo volume, per la prima volta in Italia, si propone come un manuale di dialogo interreligioso, la cui lettura potrà essere utile agli studi teologici, alle comunità ecclesiali, alle cristiane e ai cristiani che vivono quotidianamente il confronto coi fedeli di altre religioni.
A partire da "il coraggio, l'altruismo e la fantasia" sottolineati da Francesco De Gregori in una sua nota canzone, per Marco e Tobia Dal Corso la Bibbia e il gioco del calcio presentano diversi tratti comuni.
Autore:
Dal Corso Marco
Insegna religione in un liceo di Verona ed è docente invitato all'Istituto studi ecumenici "San Bernardino" di Venezia. È membro della redazione di "Studi Ecumenici" e di "Cem Mondialità"; per Pazzini Editore dirige la collana "Frontiere". È autore di diversi libri tra cui, per l'Emi, "Terra" (2007) e "Insegnare le religioni" (con Marialuisa Damini; 2011).
Contenuti:
Un viaggio nell'altra logica delle religioni tradizionali di Africa e America Latina, tra temi e riti, divinità e antenati, cosmovisioni e antropologia, per cogliere la novità delle tradizioni sapienziali dell'umanità in epoca di globalizzazione.
In questo volume, dedicato alle religioni tradizionali particolarmente in Africa e America Latina, si parla di:
• I punti di contatto tra le varie religioni tradizionali;
• Un'altra logica: del simbolo, del cuore, della simultaneità, della vita;
• I tratti comuni delle religioni africane;
• Spiritualità indigene, afro e popolari in America Latina;
• Resistenza - Solidarietà - Rispetto della terra;
• Le religioni tradizionali, capaci di futuro;
• Miti, riti, feste e sacerdozio, e uno sguardo sull'Oceania.