Agostino tornò in Africa dall'Italia sul finire del 388. Ne era partito con la speranza di successi mondani, vi rientrava cristiano dopo eventi drammatici. Nove anni più tardi pensò di redigere il racconto di quei primi tempi della sua esistenza, descrivendo il processo attraverso cui Dio conduce un'anima alla Verità. Quel testo, rievocazione pungente del proprio passato e meditazione profonda sul mistero della vita e dell'uomo, è noto come le Confessioni: un capolavoro assoluto nella storia del pensiero, non solo religioso, in cui si riflettono tutti i grandi temi della filosofia agostiniana, dalla natura di Dio all'esistenza del male, dal libero arbitrio al ruolo della Grazia, al concetto del tempo.
Opera capitale del pensiero occidentale, il "De civitate Dei" di Agostino è stato scritto tra 413 e 426 d.C, per difendere il cristianesimo contro il paganesimo e per indicare la via della salvezza dell'uomo. Questo cofanetto presenta per la prima volta un monumento della fede e della filosofia in formato tascabile di altissimo livello scientifico. Tradotto e commentato da uno dei massimi studiosi di Agostino, il teologo gesuita Domenico Marafioti, il testo si presenta particolarmente adatto per un pubblico universitario ma non necessariamente di soli specialisti.
Prendendo l'avvio dal primo versetto della Genesi, la trattazione si amplia sino ad abbracciare tutta l'opera, in una esegesi appassionata e appassionante che introduce al mistero della creazione.
Con il decimo e undecimo libro delle "Confessioni", che la Fondazione Lorenzo Valla presenta nella traduzione di Gioacchino Chiarini e nel commento di Aimé Solignac e di Marta Cristiani, il racconto della vita di Agostino è ormai terminato. Agostino affronta l'altro tema della sua confessio: la memoria, il tempo, l'universo, il mistero di Dio, in pagine di vertiginosa e angosciosa interrogazione filosofica. Chi ama Dio, ama le sue opere visibili: "quando amo il mio Dio, amo una certa luce e una certa voce e un certo profumo...". Quindi Agostino si avanza nelle "distese e nei vasti palazzi della memoria": lì stanno le immagini nate dalla percezione delle cose, i pensieri nati dai sensi. Ci sono immagini che si presentano immediatamente, altre che si fanno desiderare più a lungo, come se le dovessimo cavar fuori da ripostigli segreti: altre ancora irrompono in massa e balzano in prima fila con l'aria di dire: "Non siamo noi, per caso?". Altre ancora sopraggiungono docilmente e in bell'ordine come uno le chiama. La memoria è il vero miracolo della vita inferiore, "mentre gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti, le onde enormi del mare, le vaste correnti dei fiumi". "Grande è la potenza della memoria, qualcosa di terrificante, mio Dio, la sua profonda e infinita complessità; e tutto questo è la mente, tutto questo sono io. Cosa sono io dunque, mio Dio?"
Le riflessioni sul tempo segnano l'inizio della meditazione sulla realtà divina, che è l'oggetto degli ultimi tre libri. "Non c'è stato un tempo in cui Tu non abbia fatto qualcosa, perché il tempo stesso è opera Tua. E non c'è tempo che Ti sia coeterno, poiché Tu permani; e se il tempo permanesse, non sarebbe più il tempo."
Indice - Sommario
TESTO E TRADUZIONE
Conspectus siglorum
Libro X
Libro XI
COMMENTO
Abbreviazioni e sigle
Libro X
Libro XI
"L'istruzione cristiana" (titolo originale latino: De doctrina christiana) è un trattato di ermeneutica, scritto da sant'Agostino quando era appena diventato vescovo di Ippona. In termini più attuali, può essere definito un manuale in cui il grande Dottore di una Chiesa ancora giovane e inesperta insegna a interpretare la Sacra Scrittura e a spiegarla pubblicamente secondo i canoni stilistici ereditati dalla latinità classica, in sostanza dalla retorica ciceroniana. Come modello supremo, però, viene proposto san Paolo, teologo ispirato e sublime oratore. "L'istruzione cristiana" viene così a situarsi come fondamentale opera-ponte tra l'antichità, nutrita di letteratura profana, e il medioevo, permeato di cultura biblica.
I libri VII, VIII e IX delle "Confessioni", nel commento di Goulven Madec e di Luigi F. Pizzolato, accompagnano la vita di Agostino sino all'autunno del 387. All'inizio del libro VII, Agostino è ancora immerso nell'ombra. Le dottrine manichee lo influenzano profondamente. Se pensa a Dio, immagina qualcosa di corporeo, collocato nello spazio. E da dove nasce il male? E perché Dio crea il male? È un problema a cui Agostino non troverà mai, in realtà, una risposta definitiva: "Che tormento, allora, per il mio cuore in travaglio, che gemito, mio Dio! E lì c'erano le tue orecchie, anche se non lo sapevo". La liberazione è rappresentata dalla lettura dei libri Platonicorum, che gli mostrano Dio come una luce immutabile e gli insegnano che il male non è una sostanza.
Tuttavia, mille ansie e angosce lo torturano ancora: l'eros, il mestiere retorico. Vive nell'incertezza: "E tu, o Signore, fino a quando? Fino a quando, Signore, t'adirerai sino alla fine? [...] Quanto tempo ancora e ancora, domani e domani? Perché non subito?". Infine Agostino sente una voce come di fanciullo, che dalla casa vicina gli dice: "Prendi, leggi; prendi, leggi". È un passo di Paolo. In quel momento, la luce della certezza penetra nel suo cuore; e all'istante tutte le tenebre del dubbio si dissipano. La storia del periodo trascorso con gli amici a Cassiciaco, e la morte della madre Monica ad Ostia, completano il terzo volume. Insieme alla madre, Agostino conosce una rapidissima visione mistica di Dio, anticipatrice della rivelazione definitiva, che ogni cristiano avrà soltanto nella vita eterna.
Indice - Sommario
TESTO E TRADUZIONE
Conspectus siglorum
Libro VII
Libro VIII
Libro IX
COMMENTO
Abbreviazioni e sigle
Libro VII
Libro VIII
Libro IX
Il secondo volume delle "Confessioni" comprende i libri quarto, quinto e sesto, commentati da Luigi E Pizzolato, Patrice Cambronne e Paolo Siniscalco. Composti a onde che si avanzano e si ritirano, secondo un fitto intreccio di motivi sinfonici, questi libri sono da un lato ritmati dal passo inesorabile e vano del tempo ("le cose che vanno dove vanno sempre, per non essere, per non essere più") e, dall'altro, dal passo di Dio che, "per vie nascoste e meravigliose", si insinua nel cuore di Agostino e di ogni uomo. Quando il libro quarto inizia, Agostino possiede una religione e una cultura: crede nel manicheismo, nell'astrologia, nella retorica; e vive come vivono tutti, accanto a una donna e a un figlio. Ma tutto precipita. Presto non crede più nella "massa tetra e informe" del Male, opposta alla quiete imperturbabile di Dio; nell'astrologia ne alle parole di Cicerone e di Aristotele. Intanto ha conosciuto lo slancio entusiastico dell'amicizia, la coscienza di essere due in uno, la morte dell'amico, il dolore straziante della separazione definitiva, il gusto e l'amore delle lacrime. "Tutto mi faceva orrore, persino la luce, e qualsiasi cosa non fosse lui m'era insostenibile e fastidiosa, eccetto il gemito e il pianto. " E su questo terribile strazio grava, nel testo delle "Confessioni", il senso della vanità di tutte le passioni terrene. Alla fine del libro sesto, Agostino ha lasciato l'Africa ed è a Milano. Ascolta e intravede Ambrogio e la sua lettura silenziosa. Ormai è sulla soglia. Attraverso Ambrogio, incomincia a capire le Scritture e la sostanza spirituale. Il Dio "altissimo e vicinissimo, segretissimo e presentissimo" sta per rivelarglisi.
Indice - Sommario
TESTO E TRADUZIONE
Conspectus siglorum
Libro IV
Libro V
Libro VI
COMMENTO
Abbreviazioni e sigle
Libro IV
Libro V
Libro VI
Questo volume e i quattro successivi sostituiscono la prima, grande edizione commentata delle "Confessioni" di Agostino. Ad essa hanno collaborato i maggiori studiosi francesi e italiani della sua opera: Jacques Fontaine, che ha scritto l'introduzione generale; Patrice Cambronne, Goulven Madec, Jean Pépin, Aimé Solignac, che hanno scritto parte dei commenti; Manlio Simonetti, che ha curato il testo, l'apparato biblico, e commentato l'ultimo libro; Gioacchino Chiarini, autore della bellissima traduzione; mentre gli altri commenti sono stati affidati a Marta Cristiani, Luigi F. Pizzolato e Paolo Siniscalco; e José Guirau ha allestito la bibliografia generale.
Se l'Occidente deve una metà del suo cuore all'Odissea, certo l'altra metà è riempita da questo libro tessuto in parti eguali di luce e di tenebra. Quale libro immenso! Lode e celebrazione di Dio; storia di una vita, di un'anima, di due culture; sublime testo filosofico e metafisico; saggio sulla memoria, sul tempo, sulla Bibbia; e tutto questo materiale disparato è disposto nelle linee di un'architettura rigorosa e complessa come le chiese che, per dodici secoli, sorsero sulla base di una testimonianza così appassionata. Petrarca adorava le "Confessioni", "questo libro gocciolante di lacrime". Come noi, ne amava la stupenda retorica: il gioco delle ripetizioni, dei ritornelli, dei parallelismi, delle opposizioni, l'inquietante stregoneria verbale, l'ansia dolcissima e drammatica delle interrogative, la mollezza a volte quasi estenuata - la quale suscitava, in lui che scriveva, e suscita in noi, che stiamo leggendo, lo stesso contagio e la stessa commozione.
Indice - Sommario
Introduzione generale
Bibliografia generale
Nota al testo
TESTO E TRADUZIONE
Conspectus siglorum
Libro I
Libro II
Libro III
COMMENTO
Abbreviazioni e sigle
Libro I
Libro II
Libro III
Prefazione / Introduzione
Dall'introduzione generale
Prologo
Il lettore del nostro secolo è tanto più sconcertato dalle "Confessioni" dal momento che le apre con una simpatia nutrita di illusioni molteplici. La discendenza dell'opera, ricca e diversa, può dargli l'impressione che gli basti risalire un certo filone delle letterature moderne per accostarsi con familiarità a un antenato comune di Jean-Jacques Rousseau, Alfred de Musset e André Gide; o anche, tra molti altri, di Michel de Montaigne, Ulric Guttinguer e Marcel Proust. Da questo punto di vista, è sufficiente il solo titolo dell'opera a risvegliare nel lettore echi ingannevoli. Non dimentico del dibattito tra Voltaire e Pascal sugli Essais di Montaigne, il lettore può accingersi a misurare con curiosità se anche chi scrisse le "Confessioni" meritasse già il giudizio di Pascal sullo "sciocco progetto, che egli ebbe di dipingersi", o la rettifica sarcastica di Voltaire, che lo riteneva da parte sua un "progetto affascinante". La memoria, intrisa di biografie e di autobiografie, può anche scoprire nella figura del vescovo d'Ippona un antenato di Nathanael, ubbidiente all'ultimo precetto delle Nourritures terrestres: "creato da tè... ah! il più insostituibile degli esseri". A meno che l'evocazione dell'adolescenza di Agostino non gli lasci sperare, sulle vicissitudini del giovane africano a Cartagine, dettagli piccanti come i ricordi del giovane Rousseau sulle sue avventure veneziane. Esistono infatti Confessioni e Confessioni. Qui non troveremo ne confidenze scabrose, ne l'apologia appassionata di un uomo di lettere assetato di giustificazioni, e neppure un'autobiografia intesa nel senso che i moderni (i quali del resto lo hanno inventato) danno al termine. Le Confessioni di Agostino sono prive di compiacimenti: sono lontane sia dal "culto di sé stesso", sia da un progetto letterario gratuito. Anzi esse sono solo parzialmente "autobiografichc"; quanto basta perché un'esperienza vissuta e individuale fornisca precisa materia e precisa illustrazione a una lode pubblica di Dio che fu misericordioso nei confronti del peccatore Agostino.
Le ultime parole fanno comprendere che non si entra in queste "Confessioni" con la tranquillità con cui si affrontano le confidenze troppo umane di un memorialista o di un romanziere moderno. L'universo interiore di Agostino e le forme del suo discorso possono, a prima vista, sembrarci ugualmente sorprendenti, o addirittura estranei. Non solo per il sentimento di estraneità ispirato dal racconto di ogni esperienza mistica, nel senso che diamo ancora a questa parola pensando a Teresa d'Avita o a Giovanni della Croce. Ma l'estremismo concertato della sensibilità religiosa di Agostino e della sua espressione non ci disturba meno di quanto ci imbarazzi, in alcune pagine, l'agilità sottile della sua ragione alle prese con le contraddizioni più delicate dell'animo umano. Le risonanze filosofiche e bibliche, sapientemente accordate o contrastate, sono difficili da cogliere a prima vista per un lettore che abbia scarsa familiarità con il tardo platonismo e spesso una familiarità appena maggiore con il Nuovo e soprattutto con l'Antico Testamento. Anche se iniziato discretamente alla complessità di una simile cultura classica e cristiana, il lettore talvolta faticherà nel seguire i meandri del pensiero di Agostino: si pensi alle pagine dove, sotto il riflesso cangiante e volutamente disparato delle metafore e delle astrazioni, si tesse un linguaggio adeguato con attenzione a esprimere il proprio oggetto: in questo linguaggio le perifrasi e le riprese si seguono a stento, come in un discorso esoterico.
Non è però meno vero che, a questo proposito, noi non siamo più prevenuti, come lo erano i nostri predecessori, dall'ossessione del "genio luminoso". Di fronte a uno stile talvolta più barocco che classico, l'apertura del gusto moderno ci mette al riparo da molti pregiudizi anche recenti, scusabili in lettori del secolo scorso che non avevano ancora letto A rebours, ne conosciuto i deliri verbali della poesia dopo Rimbaud. Nonostante qualche difficoltà formale, il lettore di buona volontà non può declinare l'invito al viaggio nell'universo interiore di Agostino. Se accetta di compierlo può constatare che, a prezzo di uno sforzo minimo di attenzione, "tutto lì parla all'anima, in segreto, la sua dolce lingua natale". Anche per il lettore di oggi le Confessioni conservano fascini immediati: il calore umano, la freschezza dell'anima, le sfumature delicate e multiple di un sentimento religioso e poetico in accordo con quello del salmista, ma anche la convinzione, la passione dell'assoluto e la penetrazione metafisica, l'accanimento paziente nel comprendere le ambiguità umane, la rivendicazione incessante dei diritti della ragione e del libero arbitrio (anche di fronte a un Assoluto personale che precorre sempre le decisioni dell'uomo). Le Confessioni non smettono di testimoniare con foga quella che chiamiamo, dopo i filosofi del diciottesimo secolo, la "caccia alla felicità". Agostino si appassiona a ciò che noi chiamiamo la ricerca del senso: senso dell'esistenza umana, del male e della morte, della colpa, e dell'equilibrio perduto e ritrovato. Come noi, diffida dei sistemi, esercitando nei loro confronti una critica esigente; vive tragicamente la tentazione dello scetticismo disperato; e, anche quando pensa di aver trovato, continua con passione a cercare di comprendere le debolezze dell'uomo, i limiti della ragione e le oscurità del nostro destino. Non c'è bisogno che il lettore sia un credente per trovare nelle "Confessioni" quel "nutrimento di verità" che Agostino si dichiara capace di trarre dalla poesia classica, anche da quella più lontana dal cristianesimo. Quand'anche non condivida le sue convinzioni religiose e filosofiche, il lettore di oggi non può non ammirare le qualità invidiabili di questa personalità così attraente: l'onestà intellettuale; il coraggio di continuare a cercare sempre; soprattutto, forse, il gusto di vivere nel fervore del cuore e dello spirito.
In questo senso cercheremo di indicare la via al lettore, prima che egli la percorra in compagnia di guide migliori. Esiste sulle "Confessioni", tanto più su Agostino, una bibliografia sempre rigogliosa, più considerevole che sulle altre grandi opere dell'antichità classica. Eccellenti e recenti edizioni, soprattutto in francese e in italiano, possiedono introduzioni la cui ampiezza è pari al valore. Actum ne agas: ci guarderemo dal ripeterle. Cercheremo anche di non sciupare le note preparate in questi volumi da specialisti eminenti sui particolari del testo e dei suoi problemi. Bisogna innanzitutto che il lettore si impegni di buon grado e prenda coscienza delle affinità tra Agostino e un uomo d'oggi.
Questo "Commento ai Salmi" è il cuore di un'opera sterminata, che Agostino compose per tutta la vita, e che contiene le sue pagine più luminose dopo le "Confessioni". Durante la celebrazione della Messa, al termine della lettura delle Scritture, i fedeli cantavano un salmo; e Agostino lo interpretava davanti al pubblico raccolto nella chiesa. Qualcuno stenografava l'omelia: Agostino rivedeva e trascriveva il testo; così che questo "Commento", sebbene stilisticamente sapientissimo, ci tramanda la viva voce di Agostino - le sue domande, le sue risposte, le sue pause, il ritmo ansioso di chi vuoi persuadere ed essere persuaso. Tutti i grandi temi di Agostino confluiscono in queste orazioni. Il mistero di Dio e del cuore umano: due abissi che si attraggono. Cristo come luce, che illumina gli angeli e l'uomo, e come corpo, come debolezza, come ferita. Il tempo che scorre e trascina via i nostri pensieri, i nostri sentimenti e tutte le cose. Il sogno di quando usciremo fuori dal tempo nel non-tempo, davanti al Cristo non-incarnato, di cui il Cristo incarnato è solo l'ombra. La mescolanza, nelle stesse persone, della città terrena e della città celeste. E - tema che si insinua in tutti gli altri e avvolge tutti gli altri - il desiderio di Dio, della dolcezza di Dio, del Dio onnipresente e introvabile : "Si arriva a Dio come seguendo qualcosa di dolce, non so quale diletto interno e nascosto, quasi che dalla Sua casa risonasse dolcemente uno strumento musicale".
Ciò che distingue questo "Commento", tra le opere di Agostino, è il ricamo delle citazioni bibliche e della prosa latina: mai l'arte della citazione e della tarsia giunse a questa sublimità. E la rappresentazione della corposità metaforica della vita dello spirito. È il principio che tutte le immagini possono significare Dio. È il procedimento mai rettilineo: il procedimento a onde, a variazioni, a domande, a ripetizioni, a echi, a risonanze infinite: una rete ansiosa, avvolgente, mobile di interrogazioni - verso un punto che ci sfugge e ci sfuggirà sempre, come, diceva Baudelaire, "cet ardent sanglot qui roule d'âge en âge / Et vient à mourir au bord de votre éternité!".
Indice - Sommario
Introduzione
TESTO E TRADUZIONE
- Conspectus siglorum
- Salmo 25
- Salmo 29
- Salmo 41
- Salmo 51
- Salmo 64
- Salmo 76
- Salmo 86
- Salmo 89
- Salmo 92
- Salmo 109
- Salmo 132
- Salmo 133
- Salmo 136
- Salmo 143
COMMENTO
Indice dei passi della Sacra Scrittura
Indice dei nomi e di alcune cose notevoli
Prefazione / Introduzione
Dall'Introduzione
I "Salmi" e la loro interpretazione nella chiesa antica
I. I "Salmi". Il libro dei "Salmi" è una collezione di poemi lirici, d'ispirazione religiosa, composti in epoche diverse della storia d'Israele, sia come formule ufficiali per le cerimonie del culto, sia anche per uso privato dei devoti di Jahweh, i quali ricevettero poi, presto o tardi, una destinazione liturgica. Uno dei tipi più comuni di salmo è l'inno, il canto di lode a Jahweh, in frequente connessione col tempio di Gerusalemme, dove la comunità esprime la sua gratitudine per i benefici di cui è stata oggetto da parte del suo Dio, dalla creazione alla liberazione dall'Egitto e dagli altri nemici. Altri salmi sono di lamentazione: sia privata da parte di chi, nel travaglio e nel dolore, chiede a Dio conforto e liberazione; sia pubblica da parte del popolo che, radunato nel santuario in occasione di qualche sciagura nazionale, cerca in Dio conforto e salvezza. Altri salmi esprimono la fiducia, addirittura la certezza che la preghiera del salmista a Dio sia stata esaudita.
I singoli salmi sono preceduti da una breve rubrica relativa all'autore del salmo, al genere letterario, all'uso liturgico, alle modalità dell'esecuzione, a fatti della vita di Davide. Si tratta d'indicazioni tutt'altro che sistematiche, sempre presenti, a volte in forma brevissima, nel testo greco, assenti in trentaquattro salmi nell'attuale testo ebraico, e con divergenze in gran numero fra testo ebraico e testo greco. Gli studiosi moderni non considerano affidabili i dati delle rubriche: soprattutto quelli relativi all'autore e a fatti della vita di Davide; in effetti la cronologia dei singoli salmi risulta, alla loro indagine, molto incerta: tuttora c'è chi considera parecchi salmi composti al tempo della monarchia; ma è preminente la proposta di considerare i salmi composti, tranne qualche eccezione, in età esiliaca e postesiliaca. Ma intorno all'era volgare in ambiente giudaico era opinione comune che Davide fosse stato l'autore almeno di buona parte dei salmi: il contrasto fra Gesù e i farisei sull'origine davidica del Messia è impostato sulla comune convinzione che il salmo 109 fosse stato composto da Davide.
In ambito cristiano, non solo l'origine davidica di molti salmi non è contestata, ma si dà anche, tranne poche eccezioni, la massima fiducia ai dati storici contenuti nelle rubriche, che perciò forniscono spesso all'interprete lo spunto di base su cui egli sviluppa la sua esegesi del testo.
2. I "Salmi" nel Nuovo Testamento. Intorno all'era volgare i "Salmi" erano parte importante della liturgia del tempio e della sinagoga e perciò fondamento della pietà del giudeo. Ciò spiega perché la loro conoscenza fosse incomparabilmente maggiore di quella degli altri libri poetici dell'Antico Testamento, anche e soprattutto a livello popolare, dove alcuni di essi, per esempio i salmi 2.44.109, contribuivano ad alimentare l'attesa messianica. Non meraviglia perciò incontrare alcuni passi di salmi nelle polemiche che, sin dai primordi della chiesa, si ebbero fra giudei e cristiani intorno alla messianicità di Gesù, mentre di essi faceva uso anche l'incipiente organizzazione liturgica della comunità cristiana.
Per inquadrare adeguatamente la più antica interpretazione cristiana dei "Salmi", dobbiamo rifarci proprio a queste prime polemiche. La messianicità di Gesù, che i cristiani sostenevano contro i giudei, doveva essere suffragata dall'autorità dei testi veterotestamentari considerati d'indiscusso significato profetico e messianico, la cui applicazione a Gesù i cristiani appunto difendevano contro il rifiuto degli avversari. In questo più antico dossier di passi veterotestamentari, i "Salmi" erano ben rappresentati: basti rilevare il molteplice impiego di passi dei salmi 2 e 109 nei più arcaici testi cristiani. Ma passione morte risurrezione di Cristo si situavano al di fuori dell'usuale modulo messianico: se ne cercò pertanto il fondamento scritturistico in testi fino allora non considerati messianici e che ora invece si caricavano di nuovi insospettati significati alla luce dell'evento pasquale. Nell'ambito dei salmi basti pensare al 21 e al 68.
Questa rilettura in chiave cristologica dei vecchi testi si allargò ben presto oltre l'ambito specifico della polemica con i giudei riguardo alla realizzazione, o meno, delle profezie messianiche nella persona e nell'opera di Cristo: gli occhi della fede ormai scoprivano l'annuncio profetico di Cristo nell'Antico Testamento anche là dove il giudeo scettico non era disposto a riconoscerlo. E infatti difficile pensare che costui abbia potuto accettare Ps. 15,10 "Non abbandonerai nell'inferno l'anima mia né permetterai che il tuo santo veda la corruzione" come profezia della risurrezione, com'è invece in Act. Ap. 2,31; o Ps. 40,10 "Uno che mangia il mio pane ha levato contro di me il suo calcagno" come profezia del tradimento di Giuda (cfr. Ev. Matth. 26,23; Ev. Io. 13,18). Ne erano invece ben convinti i cristiani, perché ormai per loro Cristo era diventato la chiave di lettura dell'Antico Testamento: la chiave finalmente capace di rimuovere il velo che offuscava la vista dei giudei (2 Ep. Cor. 3,13), e perciò di aprire alla loro mente il significato più autentico del libro sacro, rimasto fino allora incompreso.
In un cuore ricolmo d'affetto e in un'anima così sensibile come quella di Agostino, l'amicizia appare non soltanto un bisogno, ma una predisposizione naturale. Non ci si stupisce quindi se, attraversando la sua opera, si incontrano tanti amici e si raccolgono un gran numero di riflessioni su ciò che l'amicizia rappresenta e nella sua visione cristiana. Frutto di una lunga esperienza spirituale, le sue parole raggiungono spesso un'intensità e una profondità d'accenti non comuni, che fanno capire non solo quanto importante fosse l'amicizia per lui e quanto sia necessaria per tutti, ma soprattutto in che modo si diventa e si resta amici.