Fin dall'inizio del Concilio Vaticano II si parlò spesso dell'istituzione di un Consiglio, composto da rappresentanti di tutto l'episcopato, che fosse di aiuto al Papa nel governo della Chiesa universale. Lo stesso Paolo VI manifestò il suo pensiero sull'argomento poco dopo la sua elezione; anzi intervenne alla Congregazione generale del 15 settembre 1965 e vi promulgò il Motu proprio "Apostolica sollicitudo", con il quale si istituiva il Sinodo dei Vescovi. Lo scopo del Sinodo è chiaro: offrire all'episcopato cattolico lo strumento per prestare al Papa "una più efficace collaborazione" nel governo della Chiesa universale. Oggi - ed è questa la novità fondamentale voluta da Palo VI nell'istituzione del Sinodo - l'aiuto che l'episcopato dà al Papa non è più un fatto occasionale, perché vi provvede un organismo stabile. Nel cinquantesimo anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, è sembrato opportuno riproporre il magistero di Paolo VI su questo nuovo organismo che Papa Montini riteneva "pieno di speranza".
Le "orme indelebili" di Giulio Andreotti: l'amicizia, la collaborazione, l'ammirazione che lo hanno legato ad alcune tra le figure più significative del cattolicesimo del Novecento. Una ricostruzione storica fatta attraverso i carteggi e i documenti provenienti dall'archivio personale dello statista conservato a Roma presso l'Istituto Luigi Sturzo. Tra le testimonianze più significative rese da Andreotti molte riguardano le cause di canonizzazione.
Il seguente testo si basa sulla trascrizione di una trasmissione della RAI-Radiotelevisione Italiana / RAI Cultura / RAI Storia, “Paolo VI un Papa audace”, arricchito con altri testi di Paolo VI.
Il pontificato di Paolo VI ha attraversato un periodo nuovo nella storia dell’umanità, caratterizzato da profonde trasformazioni, da rapidi mutamenti, e proiettato verso nuove conquiste della scienza e della tecnica.
Paolo VI sapeva di dire cose grandi e cose gravi. Forse per questo non ha ispirato grandi simpatie. Come è stato fatto notare: dotato di grande intelligenza e finezza di spirito, non ha infiammato gli
animi della gente; forse il suo pontificato ha parlato di più alle menti che ai cuori.
L’audacia vera si misura più nelle piccole cose, nella fedeltà a un serio impegno quotidiano, che non nel clamore di un atto ostentato, quasi per sollecitare l’applauso.
Il valore dell’animo di una persona si misura nella discrezione e non nel clamore esterno.
Tutte queste qualità hanno fatto di lui «un ardimentoso pazientissimo», come si può evincere rileggendo alcuni importanti discorsi riportati in questo volume, a partire da quello programmatico del giorno di inizio del suo pontificato.
Ricordi di piccoli fatti di cronaca, piccoli gesti, battute anche umoristiche, aiutano a conoscere la personalità di Paolo VI. La sua grandezza si rivela anche in questa "storia minima", che mostra lati inediti di semplicità in un Papa dei segni profetici, che ci insegna anche la necessità di ritrovare il gusto delle cose umili e vere.
Dopo il Concilio Vaticano II, nella crisi generale che aveva colpito tutti gli Ordini e Congregazioni religiose, Paolo VI si preoccupò particolarmente che la Compagnia di Gesù, vera milizia sulla quale la Chiesa e i Pontefici avevano sempre contato più che su ogni altro Ordine religioso, camminasse sul solco tracciato da Sant'Ignazio di Loyola. C'era il pericolo di una drammatica spaccatura nella compattezza proverbiale dei suoi membri. Paolo VI e la Curia Romana seguivano attentamente i lavori di preparazione della 32a Congregazione Generale. Ci furono discorsi di Paolo VI che sembravano quasi diffide; ci furono dialoghi privati tra il Papa e Padre Arrupe, e incontri in Segreteria di Stato, in qualche caso un vero braccio di ferro per divergenze di vedute. Ad ogni modo, Paolo VI cercò con tutte le forze di salvaguardare la natura della Compagnia di Gesù come la sua coscienza e la cognizione storica lo ispiravano. Papa Francesco, che ha benevolmente offerto un Suo autografo che qui pubblichiamo, afferma con sicurezza che "Paolo VI ha salvato la Compagnia di Gesù!". I discorsi che qui vengono presentati testimoniano l'affetto, la fiducia e la cura tutta particolare con cui Paolo VI seguiva la vita della Compagnia.
Parlando con un ambasciatore, Papa Giovanni XXIII ebbe a dire: "Voglio scuotere la polvere imperiale che dal tempo di Costantino si è depositata sul trono di Pietro". Paolo VI arriva a dare concretezza a questo "sogno" del suo predecessore. Nel desiderio di rinnovamento e aggiornamento suscitato dal Concilio Vaticano II, con la Costituzione Apostolica "Regimini Ecclesiae" del 15 agosto 1967, e con il Motu proprio "Pontificalis Domus" del 28 marzo 1968, si impegnò a snellire quell'apparato che dava del pontefice e della curia romana l'immagine di una "Corte" non più adatta ai nuovi tempi. Nel suo discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2014 Papa Francesco è stato ancora più forte ed esigente: la curia romana è come un corpo complesso; per vivere ha bisogno non soltanto di nutrirsi ma anche di curarsi da malattie e tentazioni che ne indeboliscono il servizio al Signore. Con rapidi cenni, si è voluto ricordare la "carriera" e l'"impegno" di Montini nel servizio della Santa Sede.
Vengono pubblicati, per la prima volta, i manoscritti dei discorsi pronunciati dal Papa Paolo VI durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa dal 4 al 6 Gennaio 1964. Il volume assume una importanza storica particolare quale documento esplicativo del cammino della Chiesa, in contemporanea col Concilio Vaticano II, concluso dallo stesso Papa Paolo VI "pellegrino di fede e di pace" nella sua qualità di "Papa di Roma, successore di Simone, il Pescatore di Bethsaida, chiamato Pietro dal Messia, capo della società religiosa chiamata Chiesa". La ricchezza e la profondità della dottrina insieme ai testi liturgici dello stesso Pontefice, risaltano come singolare luce nella essenzialità del cammino cristiano.
Il pontificato di Paolo VI ha attraversato un periodo critico della vita della Chiesa e della società. "Il mondo moderno - osservava Papa Montini proteso verso mirabili conquiste, è incline alla dimenticanza e alla negazione di Dio e vien meno il senso religioso fra gli uomini del nostro tempo". Per richiamare i cristiani a maggiore coerenza e coraggio, Paolo VI invita la Chiesa a celebrare un "Anno della Fede" (1967-1968). Convinto che ogni crisi nella Chiesa è crisi di fede, Paolo VI ricorda che "non c'è affatto incompatibilità tra la fede cristiana e la vita moderna". Per aiutare a vivere il nuovo Anno della Fede, voluto dal Santo Padre Benedetto XVI, vengono proposte le catechesi di Paolo VI sulla fede, con alcuni manoscritti inediti, dai quali appare chiara la sua passione per il tema della fede.
In queste pagine viene riletto ed approfondito il mirabile discorso che Papa Paolo VI tenne all'ONU il 4 ottobre 1965, uno dei più importanti del suo pontificato. Paolo VI porta la Chiesa nel vivo delle complessità del mondo. E dimostra la crescente ansia del Papa e della Chiesa riunita nel Concilio di affrontare di petto i problemi non solo morali ma anche materiali degli uomini. Il discorso all'ONU è un passo importante nella definizione dei rapporti della Chiesa e del mondo, perché pone in luce il significato religioso di tale presenza. Mai, prima di allora, si era potuto immaginare di vedere il Papa impegnare la Chiesa in un passo così delicato e in un atto di tanta solennità.