L'antico libro biblico dei Proverbi si conclude con un poema dedicato al sorprendente ritratto di una donna eroica, perfetta, "di valore". Non sappiamo se si tratta di una figura reale, della destinataria di un elogio funebre o della personificazione della Sapienza. Il poema, infatti, non descrive il suo aspetto fisico, non esalta la sua bellezza, non menziona sentimenti d'amore, ma si concentra sull'attività delle sue mani, delle sue braccia, dei suoi fianchi, sulla saggezza delle sue valutazioni e delle sue decisioni. Contro l'idea di perfezione femminile celebrato nella poesia erotica diffusa nelle corti reali e negli harem del Vicino Oriente antico, il poema biblico del libro dei Proverbi glorifica una donna impegnata in normali affari famigliari e sociali che realizza con decisione anche ciò che, nel mondo antico, è normalmente di competenza dell'uomo.
Il libro dei Dodici Profeti Minori - Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia - è da qualche tempo oggetto di attenzione da parte di molti esegeti, soprattutto di lingua tedesca e inglese. Rispetto alla lettura che affronta i vari libri singolarmente, in ambito esegetico sono infatti maturate domande che riguardano l'unità del libro e che ne studiano la forma finale in prospettiva canonica. Lo studio costituisce una sorta di introduzione e di commento al libro dei Dodici Profeti Minori. Si tratta del primo lavoro sul tema apparso in lingua italiana, considerato che al momento non esistono monografie che affrontino i Dodici con tale approccio. Il percorso proposto, di tipo esegetico-teologico è suddiviso in tre parti. La prima ha lo scopo di presentare di motivi che giustificano la lettura unitaria del libro dei Dodici. La seconda offre almeno un saggio di lettura esegetica tratto da ognuno dei singoli profeti minori. La terza approfondisce alcuni temi di carattere teologico, presenti in uno o più profeti, e riprende la questione più generale relativa alla forma del libro dei Profeti Minori.
Parlare di "missione" nell'Antico Testamento può sembrare improprio, perché in esso non viene sviluppato esplicitamente il tema della "missio ad gentes" e neppure si individua la volontà di fare proselitismo. Spesso ci si rivolge all'Antico Testamento, allora, andando alla ricerca di brani o figure (Abramo, il Deutero Isaia, Giona, alcuni Salmi, ecc.) che sembrano anticipare la prospettiva missionaria del Nuovo Testamento. È però importante cogliere qual è il contributo specifico che l'Antico Testamento può fornire al tema della missione senza forzare i dati biblici.
L'ipotesi sviluppata in questo volume è che la missione di Israele consiste nel rendere testimonianza al Signore attraverso tutta la vita del popolo, assumendo quindi la sua elezione come una responsabilità da vivere in rapporto agli altri. II particolare "servizio" che il popolo offre al suo Dio è analizzato a partire da alcuni esempi emblematici (la creazione, la liturgia, il culto, ecc.) che consentono di individuare e apprezzare la novità che scaturisce dalla rivelazione.