Vengono qui tradotte in lingua italiana in forma integrale le lettere che Schiller inviò tra gennaio e febbraio 1793 all'amico Körner con l'intento di raccogliere e discutere le idee per il progettato dialogo "Kallias o della bellezza: opera che mai, però, vide la luce. Esse accompagnano il lettore nel tormentato e ambizioso progetto schilleriano di presentare "quel concetto oggettivo del bello, di cui Kant dispera". La loro lettura si presenta, altresì, come un'adeguata introduzione al saggio "Grazia e dignità", pubblicato nello stesso anno, nel quale Schiller del resto chiaramente allude al dialogo incompiuto, laddove parla di "un'analitica del bello". "Grazia e dignità" è nella fattispecie il primo, e decisivo, dei saggi di estetica di Schiller, che molto deve alle riflessioni esposte all'amico Körner. In esso Schiller si confronta con il pensiero di Kant, ripensando e sottoponendo a sviluppi definitivi sia la prospettiva estetica della "Critica della facoltà di giudizio" sia la morale kantiana. In "Grazia e dignità" confluiscono, per trovare nuove strade e nuove aperture, tanto l'esperienza teatrale e poetica quanto i giovanili studi medici di Schiller.
Questo libro presenta in traduzione italiana tre scritti risalenti agli anni 1780-1786: le due dissertazioni "Filosofia della fisiologia" e "Saggio sul rapporto tra natura animale e natura spirituale dell'uomo" e il saggio epistolare "Dialoghi filosofici", che riflette le posizioni metafisiche del giovane Schiller nel quadro del dibattito illuministico tra materialismo e spiritualismo.
L'opera di Schiller fu per tutto l'Ottocento la vera opera "classica" della letteratura tedesca, veicolo dei valori positivi della borghesia in ascesa che ne fece il "suo" autore. Altrettanto importante fu la sua influenza sulla letteratura di tutta l'Europa, da Coleridge e Carlyle a Constant e Puskin; e fu infine fecondissimo anche il suo rapporto con la musica, dall'inno "Alla gioia", musicato da Beethoven nel finale della Nona Sinfonia alle numerose opere che Verdi trasse dai suoi drammi. Nei testi qui raccolti emergono i temi principali del teatro schilleriano: l'attacco alle istituzioni sociali del suo tempo, il passaggio dalla rivendicazione della libertà politica alla coscienza della più impegnativa libertà morale d'ogni individuo, lo scontro inesorabile del mondo reale e di quello ideale.
Il saggio introduttivo ricostruisce il contesto storico-genetico dell'opera e ne discute i problemi fondamentali. Con testo tedesco a fronte.
Quando scrisse le tre parti del "Wallenstein", fra il 1796 e il 1799, Schiller era ormai un uomo maturo. Aveva abbandonato le ingenuità e i furori ideologici delle prime tragedie, nelle quali il bene, il coraggio e la libertà stavano da una parte, e il male e la tirannide dall'altra. Nel portare sulle scene le vicende del generale dell'impero asburgico, che tante battaglie vinse durante la Guerra dei Trent'anni ma venne poi sospettato di tradimento e ucciso, Schiller non mette in campo vizi contro virtù, ma uomini a tutto tondo, un po' buoni e un po' cattivi, in lotta fra loro; soprattutto rappresenta le loro volontà teoriche in lotta contro l'andamento quasi meccanico delle loro azioni negli insondabili destini tracciati da quel groviglio di forze discordi che è la storia. Un caposaldo del teatro europeo tradotto da Massimo Mila sessant'anni fa in una prosa che ancora oggi appare moderna ed efficacemente teatrale.