Goethe diceva che le Ricerche sulla natura - che Seneca scrisse verso la fine della vita - sono il più bel libro di scienza che sia mai stato scritto. Seneca parla dei fuochi che attraversano l'atmosfera: degli aloni, degli arcobaleni, degli specchi, delle nuvole, delle piogge, delle nevi, dei venti, dei terremoti, dei fulmini, dei tuoni, delle acque dolci e salate, della grandine; ed è affascinato dalle profondità sotterranee - grotte, cavità, voragini sconfinate, fiumi, laghi. Parla di tutte le cose della natura con una precisione sensibile e un'adesione alla materia che ci ricorda Lucrezio; e con una fantasia degna di un grande poeta. Sotto i suoi occhi di lucido veggente, la natura diventa animata: nubi, tuoni, fulmini sono la sede di un dramma come quello che si svolge nei nostri cuori. Niente resta mai fermo; tutto si trasforma incessantemente: l'aria deriva dall'acqua, l'acqua dall'aria, il fuoco dall'aria, l'aria dal fuoco. Seneca indaga gli arcani della natura; e la sua immaginazione è ossessionata dalla fine del mondo, quando le acque inghiottiranno la terra, tutte le cose saranno sommerse e si preparerà un nuovo principio dell'universo, con nuovi esseri umani, per qualche tempo puri e innocenti.
Questo grande libro di scienza è anche un libro di teologia e di morale. Seneca ricerca Dio, che gli sfugge e si nasconde: rappresenta la tragica ineluttabilità del destino - e l'attitudine che ciascuno di noi deve tenere davanti alle vicende della storia e delle cose. "Tollera ciò che accade come se avessi voluto che accadesse."
Indice - Sommario
Introduzione
Nota al testo
Abbreviazioni bibliografiche
TESTO E TRADUZIONE
Sigla
Libro primo
Libro secondo
Libro terzo
Libro quarto a
Libro quarto b
Libro quinto
Libro sesto
Libro settimo
COMMENTO
Libro primo
Libro secondo
Libro terzo
Libro quarto a
Libro quarto b
Libro quinto
Libro sesto
Libro settimo
Indice dei nomi
Indice tematico
Indice linguistico
Un Seneca feroce, cinico e irridente, lontano dalla seriosa gravità del filosofo, inaspettato per chi lo conosce solo dalle Lettere a Lucilio o dai Dialoghi. L'Apocolocyntosis, l'unica opera di satira politica a noi giunta dall'antichità, bizzarra mescolanza di prosa e poesia, parodia di generi alti e punte di accesa volgarità, racconta il destino ultraterreno del defunto Claudio: non apoteosi, come da prassi per gli imperatori morti, ma apocolocyntosis, cioè "inzuccamento", il processo postumo in cielo e la condanna a giocare a dadi con un bossolo forato. Il tutto scritto con una ferocia e un astio che la rendono una delle pagine più inquietanti del rapporto spesso tragico tra il potere e gli intellettuali. Rossana Mugellesi esplora nell'introduzione le particolarità dell'Apocolocyntosis e della satira menippea, genere di cui l'operetta è l'unico esempio superstite.
Il senso della fuga del tempo e della capacità delle cose percorre tutta l'opera di Seneca.