Dove corre il confine fra «paesaggio» e «città»? E come giudicare o indirizzare gli interventi sull'uno e sull'altra, o la continua crescita delle periferie? Devono prevalere i valori estetici (un paesaggio da guardare) o quelli etici (un paesaggio da vivere)? L'architetto è il mero esecutore dei voleri del committente, anche quando vadano contro l'interesse della collettività, o deve mostrarsi attento al bene comune? Sfidare i confini difficili fra città e paesaggio, decostruire i feticci di un neomodernismo conformista (il grattacielo e la megalopoli) e le sue conseguenze (i nuovi ghetti urbani) vuol dire tentare il recupero della dimensione sociale e comunitaria dell'architettura. In un paesaggio inteso come teatro della democrazia, l'impegno etico dell'architetto può contribuire al pieno esercizio dei diritti civili. Diritto alla città, diritto alla natura, diritto alla cultura meritano questa scommessa sul nostro futuro.
Si approfondirà ancora il baratro fra i principî della Carta fondamentale e le pratiche di governo? Nella Costituzione troviamo scritti la sovranità popolare, il diritto al lavoro, alla salute, alla cultura, il precetto di orientare l'economia e la proprietà secondo il principio supremo dell'utilità sociale (cioè del bene comune). Troviamo un orizzonte dei diritti dei cittadini, non ancora pienamente attuato, per cui possiamo dire con Calamandrei che «lo Stato siamo noi». Lo Stato, non i governi. Perché i governi hanno fatto il contrario: hanno smontato lo Stato, ridotto lo spazio dei diritti, svenduto le proprietà pubbliche, anteposto il profitto delle imprese al pubblico interesse. Dobbiamo essere con lo Stato in nome della Costituzione, anche contro i governi che non la rispettino e vogliano, anzi, distorcerla con improprie manovre. Dobbiamo misurare i drammi dell'economia sul metro della Costituzione, cercarvi soluzioni rivolte al bene comune, principio supremo che informa ogni sua parola.
Indignarsi non basta. Contro l'indifferenza che uccide la democrazia, contro la tirannia antipolitica dei mercati dobbiamo rilanciare l'etica della cittadinanza. Puntare su mete necessarie: giustizia sociale, tutela dell'ambiente, priorità del bene comune sul profitto del singolo. Far leva sui beni comuni come garanzia delle libertà pubbliche e dei diritti civili. Recuperare spirito comunitario, sapere che non vi sono diritti senza doveri, pensare anche in nome delle generazioni future. Ambiente, patrimonio culturale, salute, ricerca, educazione incarnano valori di cui la Costituzione è il manifesto: libertà, eguaglianza, diritto al lavoro. La comunità dei cittadini è fonte delle leggi e titolare dei diritti. Deve riguadagnare sovranità cercando nei movimenti civici il meccanismo-base della democrazia, il serbatoio delle idee per una nuova agenda della politica. Dare nuova legittimazione alla democrazia rappresentativa facendo esplodere le contraddizioni fra i diritti costituzionali e le pratiche di governo che li calpestano in obbedienza ai mercati. Ricreare la cultura che muove le norme, ripristina la legalità, progetta il futuro. Serve oggi una nuova consapevolezza, una nuova responsabilità. Una forte azione popolare in difesa del bene comune.
Norme recenti hanno offerto ai privati la gestione di parchi e musei e reso possibile l'alienazione del patrimonio dello Stato italiano attraverso due società, la Patrimonio S.p.A e la Infrastrutture S.p.A., suscitanto numerose perplessità in Italia e all'estero. Il libro di Salvatore Settis esamina le caratteristiche specifiche del patrimonio culturale italiano, il suo legame con il territorio, la storia e la lingua del Paese, il suo significato per la società civile. Esperienze, tentativi e fallimenti della pubblica amministrazione nella gestione del patrimonio culturale vengono messi a confronto con quanto accade in Europa e in America, ma anche con le potenzialità del "sistema italiano".