Questo libro si propone di chiarire che cosa è la grammatica quando la si 'prende sul serio', facendo piazza pulita delle tante idee sbagliate al proposito. In particolare, mostra che non è una massa di minute prescrizioni, ma il punto d'arrivo di Homo sapiens che cerca come esprimere quel che ha in mente. Stazione provvisoria di questa lunga marcia, la grammatica è il motore che fa silenziosamente funzionare le lingue. Intesa così, è anche il terreno su cui la linguistica si incontra con le scienze cognitive, l'informatica e perfino la teoria dell'evoluzione. "La grammatica presa sul serio" la raffigura come un arcipelago di componenti interdipendenti, parzialmente universali e sempre esposti ai rischi del mutamento. Presenta questioni aperte che gettano luce sulla natura delle lingue e anche dell'umano: perché Homo sapiens ha inventato una grammatica? Che nesso c'è tra la grammatica e la mente? Esistono lingue che ne sono prive? Come è fatta la grammatica delle 'protolingue'? La grammatica è uguale per tutte le lingue? Gli errori la fanno progredire? Quali sono i suoi meccanismi principali? Questi temi sono illustrati con un linguaggio rigoroso ma amichevole, un minimo ricorso a tecnicismi e un ricco corredo di esempi dall'italiano e da lingue europee ed extraeuropee.
Questo volume, scritto in forma di dialogo filosofico, insieme colto e semplice, distaccato e intimo, continua l'analisi della conoscenza avviata in "La Terza Fase. Forme di sapere che stiamo perdendo". Il protagonista di questo libro viene accostato da uno sconosciuto che vuole intervistarlo sul modo in cui invecchia la sua mente. Prende quindi il via un dialogo serrato su quel che succede alla mente che invecchia, e su quel che succede nella mente in generale, sul modo in cui è fatta, funziona e "avverte" se stessa.
Un panorama desolante, quello delle nostre università, tanto al centro di periodiche discussioni e di pubbliche lamentazioni, quanto impermeabili a tentativi i riforma. Questo libro è una nuova edizione, con importanti integrazioni, di un libro-denuncia di forte impatto. L'autore sostiene che, malgrado le innovazioni normative intervenute, nella struttura profonda l'università italiana è rimasta identica a com'era nel 1993.