Nell'ambito dell'attuale riflessione teologica cristiana sul popolo ebraico è ormai dato per scontato che l'alleanza tra Dio e Israele non sia stata revocata. Da ciò consegue il fermo ripudio della teologia della sostituzione, secondo la quale la Chiesa definisce se stessa come il vero e nuovo Israele che subentra all'antico. Queste affermazioni, orientate a sviluppare un nuovo corso nei rapporti cristiano-ebraici, risultano però ancora incerte nel prospettare quale nuova immagine di Chiesa emerga da questo radicale mutamento. Poiché molte difficoltà dipendono da un'inadeguata impostazione del problema, il volume prospetta un cambio di approccio basandosi su un'approfondita ermeneutica di alcuni testi del Nuovo Testamento. L'indagine si incentra sulle conseguenze ecclesiologiche legate al fatto che l'elezione d'Israele avviene nei confronti degli altri popoli ed è quindi costitutiva della polarità Israele-Genti. Discorso analogo comporta il confronto con l'ebraismo definito in base a tre parametri fondamentali: Torah, popolo, terra. Da questa impostazione consegue la necessità di non presentare il cristianesimo come semplice universalizzazione dell'ebraismo. Definire la Chiesa come una comunità di chiamati da Israele e dalle Genti esige un ripensamento della categoria ecclesiologica di mistero, la riduzione del ricorso a parametri identitari per definire il cristianesimo e una nuova visione dell'inculturazione della fede.
Accostarsi alla Bibbia può rivelarsi una straordinaria avventura intellettuale, una fonte di emozioni, una ricerca di senso, un modo per porsi gli interrogativi più profondi legati all'esistenza. Per un occidentale, indipendentemente dal suo credo, non conoscere le Scritture significa rinunciare in partenza a comprendere appieno la civiltà in cui vive e molti valori e idee a cui si fa abitualmente riferimento. L'influsso della Bibbia sulle fedi, sui comportamenti, sulle mentalità e i costumi è di una vastità tale da rendere arduo tracciarne i confini. Di analoga entità è il peso delle tematiche in cui ci si imbatte scorrendo le sue pagine: creazione, peccato, pentimento, perdono, alleanza, liberazione, legge, grazia, amore, redenzione, speranza messianica, salvezza, giudizio, risurrezione dei morti. Lungo i secoli queste prospettive bibliche hanno alimentato la fede e plasmato le concezioni di moltitudini di persone e la loro incidenza è stata tale da estendersi anche al di là dei confini strettamente confessionali. Nel contempo, però, le Scritture restano testi largamente ignorati oppure proposti in modo fortemente semplificato per essere messi strumentalmente al servizio di visioni religiose o ideologiche.
Il valore salvifico della morte di Gesù nei testi di Chiara Lubich
La cultura del "fine settimana" affonda le proprie radici nelle Scritture, dai valori delle quali è andata però progressivamente allontanandosi. Di più, oggi lo stesso weekend, secolarizzazione del tempo biblico, rischia di essere a propria volta secolarizzato, disciolto nel tempo frammentato e continuo che caratterizza il presente. Sorge allora l'esigenza di far luce, con i saggi qui raccolti, su questa eredità dimenticata, di origine giudaico-cristiana, da cui deriva la scansione settimanale di un tempo coronato dal sabato. Proprio in quanto settimo, il sabato - o la domenica pensata come sabato cristiano -, pur essendo diverso da tutti gli altri giorni, ha bisogno dei precedenti sei per essere tale. Sono la cessazione, la quiete e il riposo a delimitare e completare l'opera che li ha preceduti. La separazione che introducono, oltre a dare pienezza al compiersi della creazione, porta a misurarsi con il senso del limite, tra umano e divino. Ecco perché parlare del sabato, a partire dalla Bibbia ebraica e cristiana, significa riflettere sul tempo, di Dio e degli uomini, interiore e collettivo.
DESCRIZIONE: Una storia inventata è perlopiù intesa come una vicenda non accaduta realmente. Da certe narrazioni, però, dipende una lunga storia di significati, riflessioni, richiami. Questo è il caso del racconto biblico primordiale di Adamo ed Eva: vero perché narrato o narrato perché vero? Se ha dell’incredibile, tuttavia attorno a questo episodio tramandato dal catechismo si sedimentano i capisaldi della cultura occidentale, non solo rintracciabili nell’Antico e Nuovo Testamento, ma nell’arco della letteratura e del pensiero dall’antichità sino a oggi. L’atto del mangiare la mela (un’invenzione, dato che in latino si parla di malum), elevato a simbolo del peccato originale, ha una portata universale nei concetti, correlati, di colpa e trasgressione e nella figura del diavolo. Temi presi qui in esame toccando idealmente gli estremi di una parabola che ha appunto la matrice nel libro della Genesi, una compiuta espressione nei testi di Paolo e i suoi effetti nella psicanalisi moderna.
COMMENTO: Il tema del peccato nelle rilettura dei testi biblici. Quanto, come e dove è presente la parola «peccato»? Si interrogano i maggiori specialisti.
PIERO STEFANI è presidente dell’associazione «Biblia » e insegna Ebraismo alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale (Milano). Tra le sue pubblicazioni ricordiamo alcune delle più recenti: Gesù. Un nome che ci accompagna da duemila anni (il Mulino, 2012); Dalla Bibbia al Talmud. Breve introduzione all’ermeneutica rabbinica (San Paolo, 2012). Per Morcelliana: Fede nella Chiesa? (2011).