Durata più di un trentennio, la contesa fra due dei massimi pensatori del Novecento – Leo Strauss e Alexandre Kojève – ha come oggetto la relazione tra il potere politico e la filosofia come saggezza, e dunque la responsabilità della filosofia in rapporto alla società. Nella prospettiva hegeliana di Kojève: la stessa ragione d'essere della filosofia.
I due sono pienamente d'accordo sull'esistenza di una opposizione tra filosofia e società, ma non concordano sulla soluzione del conflitto. Per Strauss quest'ultimo è inevitabile, e la filosofia deve procedere per la sua strada giacché non vi è soluzione politica compatibile con la verità. Dunque la piena conciliazione tra filosofia e società non è necessaria, non è auspicabile, non è nemmeno possibile, e lo sforzo in quella direzione è destinato solo a essere distruttivo per entrambe. Per Kojève, invece, la filosofia è essenzialmente politica e la politica filosofica, il progresso filosofico e quello politico devono procedere di pari passo verso il loro compimento: un uomo libero che riconosca universalmente di esserlo. E già dietro questa elementare contrapposizione si intravede come la disputa Strauss-Kojève investa tutto il Novecento, secolo dei totalitarismi e dell’invadenza capillare della società nel pensiero. Condotta in pubblico e in privato – come testimoniano i saggi e la densa corrispondenza che compongono questo volume –, la lunga sfida speculativa non era destinata a finire con una conciliazione. E ciò la rende tanto più preziosa, perché le questioni che tratta rimangono aperte e urgenti.
Una ricerca di storia della filosofia sui classici greci che diventa immediatamente una riflessione filosofica e politica sulla modernità, soprattutto sul Novecento dei liberalismi e dei totalitarismi: è questa la struttura delle opere di Leo Strauss, in particolare del presente volume dedicato all'analisi del pensiero politico di Aristotele, Platone e Tucidide in cui è celato il cuore della tensione dialettica, irrisolta e irrisolvibile, tra filosofia e politica. Agli occhi di Strauss, infatti, solo il recupero di una prospettiva premoderna rende possibile rispondere a domande fondamentali per l'esistenza umana - quali "che cos'è la legge?" o "che cos'è la giustizia?" - rese incomprensibili dalla deriva relativistica e nichilistica della cultura contemporanea.
"Diritto naturale e storia" è l'opera fondamentale di Leo Strauss. La tesi provocatoria secondo cui la filosofia politica degli antichi pensatori greci è di gran lunga superiore alla scienza politica dei moderni, viene sostenuta e esposta nel corso di un'ampia trattazione che ha per oggetto la storia del concetto di diritto naturale. Strauss vuole dimostrare che la teoria classica del giusnaturalismo è l'unica capace di conferire un genuino fondamento filosofico non solo ai diritti inalienabili dell'uomo e del cittadino sanciti nelle costituzioni delle democrazie occidentali, ma anche ai nuovi diritti di cui la società contemporanea avverte l'esigenza.
Scritta nel 1930, questa è la prima delle monografie di Strauss dedicate a tre personalità fondanti della modernità: Spinoza, Hobbes e Machiavelli. Questa dedicata a Spinoza è un saggio di critica alle pretese totalizzanti del razionalismo, condotta dal versante della religione rivelata e, insieme, un contributo di rilievo alla storiografia spinoziana del Novecento.