La fine della Repubblica romana è una storia che è stata raccontata tante volte da apparire pressoché scontata: chi non ricorda le Idi di Marzo e le guerre civili? La vittoria finale di Ottaviano? Eppure, di questi avvenimenti abbiamo sempre ascoltato soltanto un punto di vista, quello degli storici greci e romani, che hanno fornito una versione parziale della realtà politica e militare. Se ci allontaniamo da Roma e dall'Italia e allarghiamo lo sguardo all'insieme dell'imperium Romanum, ai territori delle province e dei regni alleati, senza trascurare i nemici esterni di Roma - a cominciare dall'impero partico -, scopriremo i veri comprimari di questo racconto storico. Familiarizzeremo con un caleidoscopio di popoli - africani, ispanici, galli, greci, traci, armeni, egizi - e di personaggi, dalla famosissima Cleopatra ai re Artawazd di Armenia e Bogud di Mauretania. Personaggi e popoli visti non più come semplici pedine, bensì come attori di un equilibrio geopolitico che fa delle guerre di questo periodo un insieme di conflitti che non è scorretto definire come una vera e propria guerra mondiale ante litteram.
Il 9 giugno del 53 a.C, sulla pianura di Carre nell'Alta Mesopotamia, un esercito di cavalieri venuti dall'Iran e dall'Asia centrale sbaraglia un'armata di oltre cinquantamila uomini, inviati da Roma a conquistare l'impero rivale dei Parti. Oltre metà dei legionari trovano la morte sul campo, molti altri sono presi prigionieri e deportati, e quel che è peggio i nemici si impossessano delle insegne militari, estremo disonore per anni nella coscienza collettiva romana. Il generale, Marco Licinio Crasso, è massacrato poco dopo la battaglia, e il suo cadavere oltraggiato rimane insepolto. Lo scontro segna una battuta d'arresto per Roma: la sua avanzata verso la conquista del mondo, ritenuta fino ad allora inarrestabile, è bloccata da un'armata di cui erano state sottovalutate la perizia militare, la forza d'urto e, soprattutto, la capacità di resistere al temibile dispositivo della legione.
Il 9 giugno del 53 a.C., sulla pianura di Carre, nell'Alta Mesopotamia, un esercito di cavalieri venuti dall'Iran e dall'Asia centrale sbaraglia un'armata di oltre cinquantamila uomini, inviati da Roma a conquistare l'impero rivale dei Parti. Le frecce degli uomini arrivati da Oriente mettono in ginocchio i romani: oltre metà dei legionari trova la morte sul campo, molti altri sono presi prigionieri e deportati, e quel che è peggio i nemici si impossessano delle insegne militari, estremo disonore per anni nella coscienza collettiva romana. Il generale Marco Licinio Crasso, l'uomo che diciotto anni prima aveva sconfitto Spartaco e fatto crocifiggere sulla via Appia seimila tra schiavi e gladiatori ribelli, è massacrato poco dopo il combattimento e il suo cadavere oltraggiato rimane insepolto. La battaglia segna una battuta d'arresto per Roma: la sua avanzata verso la conquista del mondo, ritenuta fino ad allora inarrestabile, è bloccata da un'armata di cui erano state sottovalutate la perizia militare, la forza d'urto e, soprattutto, la capacità di resistere al temibile dispositivo della legione.
Giusto Traina racconta la storia avvincente e appassionante di una battaglia fra le più oscure nella storia militare dell'antichità, il primo grande scontro di una guerra continua, praticamente mai conclusa, fra Roma e l'Iran.
"Il nostro sarà un vero e proprio viaggio attraverso il mondo tardoromano, in un anno importante per la sua evoluzione politica. Ci muoveremo lungo uno di quei percorsi circolari cari ai compilatori degli 'inventari del mondo' tardoantichi. Partendo dall'evento politicamente più rilevante del 428 dopo Cristo - la caduta del regno d'Armenia - attraverseremo il Mediterraneo e l'Europa, per poi ripiegare verso Oriente, fino al primo tratto della Via della Seta, ai confini di altri mondi. Durante il viaggio incontreremo città e deserti, palazzi e monasteri, scuole pagane e santuari cristiani. E soprattutto vivremo insieme alle dramatis personae di questo lungo anno: gli imperatori Teodosio Il, Valentiniano III e Vahrâm V; generali romani come Flavio Dionisio; capi barbari come Censerico o signori della guerra come il saraceno al-Mundhir. E poi religiosi come Simeone Stilita, Paolino di Nola e Agostino; donne di potere come Calla Placidia e Pulcheria; intellettuali pagani come Macrobio o Plutarco di Atene; vescovi potenti come il siro Rabbula o il copto Scenute. Lo sfondo è il tramonto dell'impero romano. O, se si preferisce, l'alba del medioevo."