A partire dal IV secolo, è attestato a Roma, presso la basilica di San Giovanni in Laterano, uno scrinium della Chiesa romana, che aveva la duplice funzione di biblioteca, per conservare i libri, e di archivio per i documenti. Seguendone la storia dai suoi albori, il presente volume si focalizza soprattutto sulla sua trasformazione in Biblioteca dei Papi, dopo il loro definitivo trasferimento in Vaticano nel xv secolo. Una prima sede della Biblioteca Vaticana, all'interno del Palazzo Apostolico presso San Pietro, venne predisposta dal fondatore Niccolò V (1447-1455); dopo un secolo, però, lo spazio non era più sufficiente a contenere quella che era ormai diventata la maggiore biblioteca del mondo, e Sisto V (1585-1590) decise di far costruire il Salone Sistino, una nuova sede nel Cortile del Belvedere. Un gioiello monumentale, che si estende per oltre mille metri quadrati ed è decorato al suo interno con affreschi dedicati alla storia delle biblioteche e dei Concili ecumenici, e con raffigurazioni degli inventori degli alfabeti e della Roma del tempo. Dalla fine dell'Ottocento, poi, la Biblioteca raddoppiò i propri spazi di lettura e decuplicò i propri depositi, fino ad arrivare agli attuali 80.000 manoscritti, circa 1.600.000 stampati (tra cui quasi 9.000 incunaboli), incisioni, disegni, monete e medaglie. Protagonisti assoluti di questo luogo unico al mondo sono naturalmente i libri, o, se vogliamo, i codici, le pergamene, i manoscritti più famosi per apporto culturale, per preziosità del documento e per valore artistico. Questi protagonisti sono menzionati e commentati secondo la cronologia della loro entrata nella Biblioteca, così l'ultimo è il Papiro Bodmer XIV-XV, datato tra il II e il III secolo d.C., con i Vangeli secondo Luca e secondo Giovanni.
Aldous Huxley è un interessante figura di intellettuale che seppe unire cultura scientifica e umanistica, operando un affascinante sincretismo tra cultura occidentale e orientale. Il suo motto «io continuo ad apprendere» {Aún aprendo) esemplifica molto bene il suo atteggiamento di lucida critica nei confronti della realtà che lo circondava e di osservazione nei confronti della natura. Il suo pensiero rappresenta una complessa combinazione di razionalità e creatività, di scetticismo e misticismo, sintetizzati nel principio filosofico di essere «realisticamente idealista», che lo colloca tra i pionieri di una visione ecologica e pacifista.
Un'opera fortemente innovativa che intreccia storia dell'arte, politica e religione
Nel mondo bizantino la Vergine Maria incarnava il potere piuttosto che la tenerezza materna. Conosciuta come la Madre di Dio, divenne garante della vittoria militare e quindi dell’autorità imperiale. In questo libro pionieristico, Bissera V. Pentcheva collega la fusione di culto mariano e ordinamento imperiale con i poteri attribuiti alle immagini di questa donna Tutta Santa. Attingendo a una gamma di fonti e immagini, da monete e sigilli a mosaici monumentali, Pentcheva dimostra che uno slittamento fondamentale dalle reliquie alle icone nel culto bizantino avvenne verso la fine del X secolo. Inoltre, l’autrice mostra come le processioni attraverso la città di Costantinopoli fornissero il contesto nel quale le icone mariane si presentavano quali colonne portanti delle richieste imperiali di protezione divina. Pentcheva apre nuove strade sostenendo che la devozione alle icone mariane dovrebbe essere considerata uno sviluppo posteriore a quanto generalmente si presume. Questa nuova prospettiva ha importanti implicazioni non solo per la storia del rituale imperiale, ma anche per la comprensione della creazione di una nuova iconografia mariana nel corso del XII e XIII secolo. Centrato su questioni fondamentali di arte, religione e politica, Icone e potere fornisce un contributo significativo all’intero campo degli studi medievali. L’opera sarà anche di grande interesse per tutti coloro che si occupano del culto di Maria nelle tradizioni cristiane in Oriente e in Occidente.
Nella storia dell'uomo diversi sono i modi insediativi. Sono esistite, e tuttora esistono, forme differenti dalla città come da secoli è il sistema nomadico. Ma nella conquista e nell'uso del territorio da parte delle popolazioni umane il modo urbano ha una storia plurimillenaria, di cui fin dall'antichità si sono occupati filosofi, storici, geografi, cronisti, e nel nostro tempo antropologi, sociologi e urbanisti. Questa opera percorre il farsi delle diverse forme urbane nell'arco di un tempo lunghissimo, partendo dalle sue origini mediterranee e mediorientali e descrivendone le tappe fondamentali e principali, con una specifica attenzione al momento greco arcaico e classico, a quello ellenistico e soprattutto a quello romano e a quanto ne è seguito, con alterne vicende che si intrecciano con la vicenda della città araba e musulmana. Così da documentare - soprattutto nel capitolo consacrato al Pieno e Tardo Medioevo, che apre alla città moderna - come il modo città sia inconfutabilmente quello di maggiore pregnanza e incisività. Perché, più di altre modalità insediative, la città si presta a essere luogo, oggetto, e tramite, dei contenuti di vario ordine (economico, sociale, politico, religioso, culturale, simbolico) che caratterizzano una civiltà.
Nato da una ricerca coordinata fra varie Università italiane, questo volume presenta l'analisi di alcune chiese, cosiddette Rotonde, che nel corso del Medioevo sono sorte lungo tutta la Penisola presentando la nobile forma riconducibile all'archetipo del mausoleo. Più precise e dirette genealogie possono riconoscersi nel rinvio alla Cappella palatina di Aquisgrana, nella citazione dei sacelli circolari del tardo impero con dedicazione alla Madre del Salvatore o nella volontà di porsi come "copia" mnemonica del Santo Sepolcro, o Anastasis, di Gerusalemme. Lo strumento offerto al lettore per lo studio di questo tipo architettonico è il disegno di rilievo, che mantiene un ruolo fondamentale nello studio della Storia dell'Architettura, ma che proprio in mancanza di documentazione archivistica - come spessissimo avviene nei casi affrontati da questo libro - si rivela un momento ineludibile della conoscenza di un manufatto architettonico.
Un percorso quasi rettilineo da nord a sud collega, nel cuore della città antica di Brescia, una serie di monumenti che negli ultimi tempi sono stati aperti alle schiere di studenti delle Facoltà Umanistiche dell'Università degli Studi di Brescia. Si tratta di edifici storici, relativi ad un arco cronologico che va dal XV al XVIII secolo, quasi sempre di vecchia appartenenza demaniale o comunale, chiusi da decenni, perché dismessi dalla Pubblica Amministrazione, a volte abbandonati ad uno stato di obsolescenza e in qualche caso di notevole degrado. Affidati a vario titolo all'Ateneo bresciano, hanno visto in pochi anni una rinascita straordinaria non solo come centri di vita culturale, ma anche in una rinnovata condizione di recupero architettonico, come manifestazione dello splendore di nobili provenienze di storia e di arte.
Mosca e Pietroburgo sono oggi una rinomata meta per i turisti di tutto il mondo, che vi si recano non solo per vedere affreschi e icone del Medioevo, ma anche per percorrere i paesaggi urbani del periodo barocco neoclassico o per riscoprire l'arte figurativa del 1800 e di quelle avanguardie che, all'inizio del secolo scorso, hanno influenzato l'arte internazionale. Eppure il viaggiatore che da ovest va nella Grande Russia, pur cogliendo omonimie con il proprio paese d'origine, ha la sensazione di varcare uno spartiacque artistico e culturale. Secoli di scambi, di influenze epocali, di comunicazione artistica sono infatti troppo spesso sconosciuti agli altri europei. Questo testo intende colmare tale lacuna.
Le letture fondative della creatività del più noto architetto del XX secolo sono esaminate in modo metodico attraverso la cronologia della biblioteca personale di Le Corbusier, una verifica pagina per pagina delle opere, ricopiando le annotazioni, studiando i passi sottolineati. Si manifestano il suo universo filosofico e morale e la sua formazione intellettuale, la persistenza delle prime acquisizioni e la loro presenza nei suoi testi e nelle sue opere, così da spiegare le sue scelte estetiche successive.
Le discipline politologiche utilizzano termini con radici remote, al punto che difficilmente si prescinde da un’idea di politica al di fuori di questi lemmi. La straordinaria e ricorrente mutevolezza del quadro delle politiche estere e internazionale stride con questo lessico bloccato. Perciò il tema Società Internazionale, per descrivere questo campo sempre più importante, indica una opzione dei curatori e degli autori che parte dalla ricostruzione scrupolosa e realistica di quanto esiste per tracciare un futuro possibile. È la prima opera del genere concepita in Italia, e vuole colmare un vuoto nel panorama delle Relazioni Internazionali per essere d’aiuto al lettore quando le opposte sirene del globalismo iperliberista e del neonazionalismo protezionista appaiono rendere sempre più rischiosa la navigazione a vista nel mare della politica mondiale. Vittorio E. Parsi (1961), ricercatore a Scienze Politiche UCSC Milano, docente di Relazioni Internazionali a Macerata, coordina l’insegnamento di politica internazionale presso l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) di Milano. Già noto ai lettori di Jaca Book per l’EDO Democrazia e Mercato e per aver collaborato a Politica (I Dizionari e Eta). Fabio Armao (1957) è ricercatore di Relazioni Internazionali a Torino. Si occupa delle forme di violenza politica e delle alternative pacifiste. Autore di numerosi saggi e articoli su guerre e crimine organizzato.