Albino Luciani, papa con il nome di Giovanni Paolo I, è il quinto pontefice del XX secolo a salire agli onori degli altari. Ma chi era il patriarca di Venezia che fu papa per trentatré giorni (dal 26 agosto al 28 settembre 1978), suscitando interesse e simpatia non solo tra i cattolici? E cosa resta del suo pontificato? A rispondere sono sei autori, con scritti che tra l'altro indagano la presenza di Luciani (e di molti papi immaginari, ma non troppo) nella letteratura e nel cinema. I testi sono di quattro storici (Sylvie Barnay, Roberto Pertici, Gianpaolo Romanato e Giovanni Maria Vian), dello scrittore Juan Manuel de Prada e del critico cinematografico Emilio Ranzato.
Oggi i papi hanno il loro stato oltre Tevere, ma per secoli l'intera città di Roma è stata la loro residenza, volta a rappresentare in forme spesso magnifiche l'immagine e il potere del papato. I segni di questo lunghissimo regno sono ovunque: dalla configurazione delle strade ai tredici obelischi egiziani, dalle basiliche e dalle chiese ai palazzi pontifici, da San Pietro alla sottostante necropoli vaticana scoperta a metà del Novecento. L'itinerario mostra le manifestazioni dello straordinario mecenatismo papale che ha reso unica la città. Muovendo dall'attuale residenza di Francesco, e dalla sua inedita coabitazione in Vaticano con il predecessore, queste pagine ci accompagnano a ritroso fino ai luoghi del cristianesimo primitivo, dove palpabile rimane la memoria degli apostoli, capostipiti della chiesa romana.
Con la canonizzazione Giovanni Battista Montini, Paolo VI, sarà il quarto papa del Novecento a diventare santo. Un fatto eccezionale perché la santità dei pontefici è sempre stata problematica e rara.
Il libro affronta sul piano storico un nodo intricato e illumina di riflesso la figura moderna di Montini, il rapporto con i suoi predecessori Pacelli e Roncalli, l’uso politico e il significato della santità. Una dimensione che quando è autentica riesce ad attrarre l’attenzione non solo dei credenti.
Giovanni Maria Vian (Roma 1952), docente di filologia patristica all’Università di Roma La Sapienza e direttore dell’«Osservatore
romano», studia Montini da più di un trentennio.