La storiografia antica ha dato dell'imperatore Commodo un giudizio decisamente negativo, come è avvenuto per Caligola e Nerone, mostrandolo come un giovane non solo inesperto ma anche inetto, del tutto inconsapevole della grande responsabilità del suo ruolo a cui preferiva il lusso, i vizi di una vita smodata e la sua sfrenata passione per i giochi gladiatori. Commodo, ancora troppo giovane quando divenne imperatore, non possedeva certo l'auctoritas del padre Marco Aurelio e le qualità di leader politico di altri imperatori della dinastia degli Antonini, ma non era però così debole di carattere e indolente come gli autori antichi tendono a rappresentarlo. Ad ogni modo, la fine del suo principato segnò l'inizio del declino dell'Impero romano, immerso in una crisi che nei decenni a venire diverrà sempre più irreversibile.
Nella Roma imperiale pochissimi furono gli imperatori che seppero distinguersi sul campo di battaglia per valore e per le loro gesta. Tra questi spicca senza dubbio Traiano, primo imperatore proveniente da una provincia, che con le sue conquiste seppe portare l'Impero alla sua massima estensione territoriale. Traiano fu protagonista di memorabili successi militari, come la conquista della Dacia del re Decebalo, arrivando a essere paragonato ad Alessandro Magno per aver esteso sino a Oriente i confini dell'Impero con l'annessione dell'Arabia, dell'Armenia, dell'Assiria e della Mesopotamia. Ma si distinse anche per i provvedimenti in campo politico, economico, sociale e urbanistico, dimostrandosi un abile politico, un attento e lungimirante amministratore. Traccia immortale del suo governo sono la Colonna traiana e i Mercati traianei. In ragione di ciò Traiano è considerato - insieme ad Augusto - uno dei più grandi imperatori della storia di Roma, nonché uno degli statisti più virtuosi e completi della Storia.