Vi sono pensatori che rimangono nell'ombra perché fuori da circuiti accademici, indisponibili a piegarsi ai cliché dominanti, indipendenti da "scuole" consolidate che spesso producono sbiaditi replicanti piuttosto che filosofi creativi. Max Picard rientra in questo stretto numero. Medico di professione (lavoro che presto abbandonerà) e filosofo per dedizione, seguì sempre una propria strada all'insegna dell'autenticità. Segnato dal suo complesso orientamento religioso - le radici ebraiche mai rinnegate e il cattolicesimo come fede elettiva -, egli ne trasse non un facile accomodamento ma una sorta di continuità spirituale senza nette censure. Picard trasferì questa polifonica ricchezza religiosa entro il suo pensiero filosofico, mai appagato, ribelle a ogni scorciatoia teorica, famelico di quella verità che non è solo la constatazione di fatti, ma la ricerca sempre nuova di quel luogo sorgivo dal quale scaturisce il senso delle cose. Il volume, che rappresenta lo studio più completo della figura picardiana, contiene le traduzioni inedite di "L'atomizzazione della persona" di Max Picard, "Lo sguardo" di Gabriel Marcel e "Per Max Picard" di Rainer Maria Rilke.
Simile ad un prisma che restituisce una luce differente a seconda del modo con il quale viene illuminato, il tema della "parola giusta" viene declinato nei saggi qui raccolti percorrendo alcune strade significative della riflessione contemporanea. Alcuni punti di riferimento emergono su tutti: le proposte di Karl-Otto Apel, Paul Ricoeur, Chaïm Perelman, Ferdinand Ebner, Martin Buber, Romano Guardini, Franz Rosenzweig, Emmanuel Lévinas.La natura stessa del tema invita a non restare solo su un piano storiografico o accademico, ma ad andare al cuore di ciò che è nelle attese profonde di molti. Occorre rivendicare l'autentico potere creativo e donativo della parola che si rinnova e arricchisce ogni qualvolta viene rivolta a un Tu che diviene il mio interlocutore. Occorre recuperare il senso profondo del nostro comunicare, parlare, interloquire. Un senso per l'appunto "giusto" perché non si darà giustizia né pace se l'uomo non saprà pronunciare quella parola, la "parola giusta", che accende l'amore nell'uomo permettendogli di aprirsi all'incontro con il Tu.