Nel trentennale della nascita del Centro di Solidarietà di Reggio Emilia (Ceis), don Giuseppe Dossetti, che ne è il fondatore e l'anima, in dialogo con Sara Di Antonio ci offre una riflessione intensa e a tutto tondo sui temi che hanno segnato la sua vita e la sua opera: dalle dipendenze all'emarginazione sociale, alla discriminazione etnica, all'esclusione in tute le sue forme. Centrale nella riflessione di don Dossetti si rivela l'idea di "mondo vitale".
Gli autori
Don Giuseppe Dossetti jr. ha fondato e dirige il Centro di Solidarietà di Reggio Emilia che opera nella campo delle dipendenze e del disagio sociale, in particolare immigrati e minori. E' sacerdote della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla.
Sara Di Antonio (1976) si è laureata in Storia Contemporanea all'Università di Bologna. Ha conseguito il Master Burson Marsteller in Comunicazione Pubblica e d'Impresa. Giornalista, svolge attività di comunicazione, ufficio stampa, pubbliche relazioni per enti pubblici e partiti politivi.
Giuseppe Dossetti trascorse gli ultimi anni della sua vita a Monte Sole, luogo degli eccidi nazisti dell'autunno 1944, e proprio al cospetto di tali eventi si interrogò profondamente sulla Shoah, sul silenzio di Dio ad Auschwitz, sulla presenza del Cristo crocifisso nella storia. Parte da qui l'analisi dell'autore, che approfondisce da un lato il rapporto di Dossetti con l'ebraismo e con il "mistero di Israele" (anche nelle sue espressioni politiche), dall'altro i ricorrenti richiami alla kenosi di Cristo "fino alla morte di croce": una "immolazione nell'amore" che costituisce per Dossetti l'orizzonte non solo per il discepolo, ma anche per la Chiesa e il Cattolicesimo, chiamati a seguire Cristo sulla via della povertà e a superare, come scriveva già nel 1953, la tendenza ad "attrihure all'iniziativa degli uomini rispetto alla Grazia un valore di nove decimi". Prefazione di don Athos Righi.
È pensando ai giovani che don Gallo ha scritto questo libro: sono loro che dovranno guidare un Paese che si trova in un "mare in tempesta", e aiutarlo a ritrovare la bussola. "Le mie bussole sono due: come partigiano e come essere dotato di una coscienza civile, la mia prima bussola è la Costituzione. Poi, come cristiano, la mia bussola è il Vangelo". Don Andrea Gallo non è solo un prete: è prima di tutto un uomo. Dossetti, Gramsci, Bocca, De André, Brecht sono i suoi eroi, e viaggiare con lui attraverso il senso - che non è solo memoria del passato ma soprattutto speranza per il futuro - della nostra carta costituzionale è un'esperienza entusiasmante e divertente, anche se spesso amara. La forza del Don è contagiosa, e le sue parole e i suoi aneddoti, che vanno dalle esperienze durante la Resistenza ai tristi episodi del G8 del 2001 a Genova, non finiscono mai di stupirci e arricchirci. In Appendice una Lettera a Fabrizio De André dei ragazzi e le ragazze di don Andrea Gallo.
"Negli ultimi mesi si sta diffondendo un po' ovunque una grande paura, per questa crisi inarrestabile, per l'incalzante mancanza di lavoro, e quindi per il futuro dei nostri giovani. Eppure non dobbiamo farci prendere dal panico: la strada verso la soluzione c'è, ed è alla portata di tutti, anche se difficile da praticare. Usciamo dalla "società delle spettanze", per la quale ogni cosa è dovuta, sempre!" Don Gallo, spinto dall'urgenza di questo momento storico, prende la parola e annuncia la buona novella: non ascoltiamo i profeti di sventura. La crisi che stiamo attraversando può essere un momento di crescita, di ricostruzione del tessuto sociale, che in questi anni è stato drammaticamente disintegrato. Per farlo bisogna rimboccarsi le maniche e partire dal piccolo: attraverso una solidarietà liberatrice che non sia semplice assistenzialismo, attraverso l'incontro e l'accoglienza, l'ascolto dei movimenti e delle richieste dei giovani, e soprattutto attraverso la giustizia sociale e l'equità. L'amatissimo "prete del marciapiede" ci prende per mano e ci mostra la strada, ci incoraggia, ci esorta a non arrenderci: è proprio questo aspetto concreto, pratico, tenace a far sì che il don non sia un semplice maestro, ma un vero testimone. Perché "alla fine, Dio non ci chiederà se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili".
"Quando gli uomini e le donne cercano di entrare in contatto con Dio, allora nascono le preghiere: ci sono anche delle formule prefissate, ma la vera preghiera è l'espressione che viene dal profondo del cuore".
«Drogati di merda». Così Don saluta i suoi ragazzi che gestiscono l’osteria marinara A’ Lanterna in via Milano dove si mangia un pesce da favola. «Ciao Don, in ritardo questa sera…», è la risposta di Fabio, che serve ai tavoli. Don gli batte una mano sulla spalla e poi girandosi verso di me: «Solo io li posso chiamare così».
Nel saluto c’è tutto l’affetto del mondo per i suoi giovani, per i tanti che sono passati dalla comunità di San Benedetto al Porto, che lui ha aiutato a uscire dal tunnel della droga e del malaffare.
Don lo avevo incontrato altre volte, durante un dibattito o un suo intervento in qualche mia trasmissione. Le sue parole mi hanno sempre affascinato, non sono mai buttate al vento, hanno sempre un senso, ti rimangono dentro, ti fanno pensare (è banale dirlo figuriamoci scriverlo, però non ho altro modo per raccontare quello che provo).
Quando è stato ospite a Che tempo che fa, mentre Fazio lo intervistava, io ero seduto dietro la scena, seguivo la ripresa attraverso un monitor di servizio, ascoltandolo pensavo: «Peccato che Don sia un prete, se fosse un politico, avremmo trovato il nostro leader». È facile fare il rivoluzionario con il fucile in mano, anche se a volte è inevitabile, soprattutto quando si lotta contro il dittatore o l’usurpatore.
Di Andrea Gallo conosco quasi tutto e mi sono reso conto, studiando la sua vita, che è quella di un grande rivoluzionario – sicuramente lui non sarebbe d’accordo con questa affermazione, scommetto che mi direbbe: «Io ho seguito solo le impronte lasciate da altri» – non solo per il bene che fa, ma per la forza della sua parola, l’esempio dato dal suo modo di vivere, per la capacità di rendere semplice tutto quello che è complicato.
Così ha scritto in una lettera pubblicata dal «Secolo XIX» qualche tempo fa: «Mai finora ci siamo ritrovati con animocosì turbato come oggi. Siamo di fronte, nel nostro bel Paese, a una caduta senza precedenti della democrazia e dell’etica pubblica. La mia coscienza di uomo e di prete che intende coniugare fede e impegno civile è in difficoltà a prendere la parola. Dov’è la fede? Nelle crociate moralistiche? Dov’è la politica? Nei palazzi? Dove sono i partiti? Sempre più lontani. È una vera eutanasia della democrazia, siamo tutti corresponsabili, anche le istituzioni religiose».
Loris Mazzetti
È bello come il sole, Daniele. Ha due occhi grandi grandi, non ha neppure tre anni ma sta già lottando contro un mostro che gli divora i muscoli: la distrofia muscolare di Duchenne, una malattia che colpisce uno su 3500 bambini. Una particolare mutazione, mai riscontrata prima in letteratura medica, fa di Daniele un caso unico. La sua giovane vita è appesa ai progressi della ricerca e alla solidarietà.
Attraverso una serie di contributi, Cinzia Lacalamita si fa portavoce dell'emozionante storia del bimbo che ha conosciuto quasi per caso, navigando in internet.
Cinzia Lacalamita scrittrice di Trieste, è addetto stampa del gruppo di ricerca Body-Image, con il quale segue attivamente alcuni progetti di prevenzione rivolti agli adolescenti. Editorialista del quotidiano online Affaritaliani.it, dove scrive principalmente di fatti di cronaca che coinvolgono le famiglie, abusi, violenza e pedofili. Collabora con la redazione di grilloNews report, mensile di informazione degli amici di beppe Grillo e con radiogoccioline.com. E' Top Ambassador di You Telethon, comunità virtuale di Telethon