Il problema dei vizi, ben lungi dall’essere scomparso dal panorama culturale odierno, diviene oggetto di trattazione anche da parte della cultura “laica”, in particolare la riflessione filosofica, psicologica e sociologica, che giungono a conclusioni analoghe a quelle della morale classica: indulgere al vizio conduce alla scomparsa del piacere. Alla radice c’è la mancanza di una visione unificata in grado di dare significato alle azioni umane. Il vizio può essere riconosciuto dal soggetto soltanto alla luce di un bene più grande che lo abita.
Giovanni Cucci è laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo l’ingresso nella Compagnia di Gesù ha compiuto gli studi di teologia a Napoli presso la Facoltà S. Luigi e successivamente la licenza in psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove ha anche conseguito il dottorato in filosofia. Insegna etica presso lo studentato della Compagnia di Gesù a Padova ed è professore di filosofia e psicologia all’Università Gregoriana.
L'odio è un tema sempre più al centro dell'attenzione della vita umana, individuale come collettiva. Anche nelle società apparentemente evolute e civilizzate del XXI secolo un tale sentimento gode di grande interesse e attenzione negli ambiti più diversi della vita della personalità, della storia e delle relazioni significative del soggetto.Pur non essendo possibile prescriverne una "cura", l'odio può essere tuttavia fronteggiato, ascoltandone gli insegnamenti e smascherandone la falsità.
Ritenuti a torto un mero retaggio del passato, i vizi capitali costituiscono un'autentica enciclopedia delle passioni umane, una lettura geniale dell'agire umano nelle sue derive negative e nei beni cercati attraverso di essi. Chiunque consideri con attenzione questi vizi potrebbe trovarvi ogni possibile situazione di vita, di classe sociale, di attività proprie della giornata dell'uomo di sempre. Si potrebbe dire dei vizi capitali quello che il regista polacco Kiesloswski aveva osservato a proposito dei comandamenti: "Essi riassumono l'intera nostra esistenza, ciò che siamo e ciò che vorremmo essere: tutti li disattendiamo eppure tutti ci riconosciamo in essi". Questa polarità di trasgressione e ideale evidenzia la perenne attualità del discorso sui vizi, mettendo in guardia da una suggestione mortale: la tentazione di eliminare gli ideali dalla vita, rassegnandosi ad accogliere passivamente ciò che capita, con indifferenza. L'importanza di studiare i vizi capitali si giustifica infine per la profonda saggezza di cui sono portatori. Non a caso sono stati lungo i secoli oggetto di indagine da parte di artisti e studiosi delle discipline più diverse: le loro analisi delineano un profilo dell'uomo di tutti i tempi. Questo libro intende esplorare tale saggezza, avventurandosi in un percorso affascinante che coinvolge teologia, filosofia, psicologia, arte e letteratura.
Il libretto presenta le caratteristiche peculiari e le potenzialità distruttive, a livello psicologico, relazione e sociale, dell'invidia, confermando la sua caratteristica di vizio antipatico". " L'invidia è un vizio strano, non mira ad alcun bene, eppure per essa si arriva a sacrificare ogni cosa. Può essere contrastata solo da una visione della vita improntata alla beatitudine, dove si gioirà della gioia degli altri, non tanto della propria: per questo non ha senso invidiare ciò che di per sè già ci appartiene.
Nel saggio vengono presentate le caratteristiche più importanti della superbia, dal punto di vista spirituale, morale e psicologico, cercando in particolare di mostrare perchè, tra tutti i vizi, esso è stato riconosciuto non solo come il più grave, ma come la radice di ogni atteggiamento malvagio. La superbia è il vizio dei perfetti", o piuttosto di coloro che si credono tali, e presumono di essere autosufficienti, chiudendosi in tal modo a Dio e alla salvezza. In questo confronto interdisciplinare, oltre a ritrovare molte cose in comune, viene ricordata l'importanza del limite e di una relazione sana e affettuosa con le figure educative caratteristiche della crescita e dello sviluppo, in particolare i genitori. "
Analizzando le modalità proprie della lussuria, il presente contributo intende contestare la sua apparente immagine di vizio meramente carnale, e dunque una visione puramente biologica della sessualità umana. La lussuria presenta infatti delle caratteristiche prettamente culturali e spirituali: come recita il titolo, si tratta di una ricerca simbolica, spesso angosciante, dell'Assoluto, in cui si mostra una sofferta nostalgia di pienezza, da ascoltare e interpretare.
Ritenuti a torto un mero retaggio del passato, i vizi capitali costituiscono un’autentica enciclopedia delle passioni umane, una lettura geniale dell’agire umano nelle sue derive negative e nei beni cercati attraverso di essi. Chiunque consideri con attenzione questi vizi potrebbe trovarvi ogni possibile situazione di vita, di classe sociale, di attività proprie della giornata dell’uomo di sempre. Si potrebbe dire dei vizi capitali quello che il regista polacco Kiesloswski aveva osservato a proposito dei comandamenti: «Essi riassumono l’intera nostra esistenza, ciò che siamo e ciò che vorremmo essere: tutti li disattendiamo eppure tutti ci riconosciamo in essi». Questa polarità di trasgressione e ideale evidenzia la perenne attualità del discorso sui vizi, mettendo in guardia da una suggestione mortale: la tentazione di eliminare gli ideali dalla vita, rassegnandosi ad accogliere passivamente ciò che capita, con indifferenza. L’importanza di studiare i vizi capitali si giustifica infine per la profonda saggezza di cui sono portatori. Non a caso sono stati lungo i secoli oggetto di indagine da parte di artisti e studiosi delle discipline più diverse: le loro analisi delineano un profilo dell’uomo di tutti i tempi. Questo libro, che esce in una nuova edizione, con una bibliografia aggiornata e alcune integrazioni nel testo, intende esplorare tale saggezza, avventurandosi in un percorso affascinante che coinvolge teologia, filosofia, psicologia, arte e letteratura.
Giovanni Cucci è laureato in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo l’ingresso nella Compagnia di Gesù ha compiuto gli studi di teologia a Napoli presso la Facoltà S. Luigi e successivamente la licenza in psicologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove ha anche conseguito il dottorato in filosofia. È professore di filosofia e psicologia all’Università Gregoriana e presso lo studentato della Compagnia di Gesù a Padova. Tra le sue pubblicazioni: Ricoeur oltre Freud. L’etica verso un’estetica, Cittadella, 2007; La forza dalla debolezza. Aspetti psicologici della vita spirituale, Adp, 20112; Esperienza religiosa e psicologia, Ldc-La Civiltà Cattolica, 2009; Il sapore della vita. La dimensione corporea dell’esperienza spirituale, Cittadella, 2009; (con H. Zollner) Chiesa e pedofilia. Una ferita aperta, Àncora, 2010; (con A. Monda) L’arazzo rovesciato. L’enigma del male, Cittadella, 2010; La maturità dell’esperienza di fede, La Civiltà Cattolica, 2010; P come perdono, Cittadella, 2011; Benedetto Croce e il problema del male, Jaca Book, 2012.
L'accidia, "il male di vivere", sembra essere particolarmente diffuso nelle odierne società occidentali, nei paesi in cui l'ideale di una vita all'insegna della sicurezza e dell'abbondanza di beni è maggiormente praticato. Nel presente contributo si presentano le caratteristiche principali di questo "vizio capitale", rilevando come il malessere, anche psichico, che lo caratterizza, sia soprattutto la manifestazione di una mancanza di senso. Contrastare l'accidia significa perciò individuare un progetto sensato per la propria vita, mettendo a frutto il proprio potere di bene.