Simboli di rinascita è un saggio di fenomenologia del sacro che esamina il simbolismo cristiano a partire dallo stretto rapporto che le immagini intrattengono con la psiche dell’uomo religioso.
Viene dunque analizzata la capacità dell’esperienza religiosa di trasformare la mente per mezzo di simboli, confrontando tra loro la tradizione cristiana, i culti misterici greco-romani e le diversità culturali emerse dagli studi antropologici.
L’interpretazione degli elementi cosmici richiamati nel rito battesimale (acqua, terra, fuoco ecc.) si fonda sia sulla ricerca delle analogie rituali, proprie di altre tradizioni religiose o filosofiche, sia sull’esplorazione della loro funzione evolutiva.
Il nesso fra simbolo e coscienza è dunque l’interesse primario del testo, che segue principalmente l’indirizzo fenomenologico-religioso di Mircea Eliade e la psicologia analitica di Carl Gustav Jung.
In un'epoca, come la nostra, in cui l'umanità non si fonda più su alcun principio d'ordine superiore, è importante riscoprire la traccia veritiera di una perduta Tradizione, celata nel simbolismo degli antichi, oggi lontano dalla nostra mentalità perché rifugge da qualunque verità non contingente. La saggezza ci riconduce ai simboli sia perché essi sono destinati a sopravvivere a tutte le generazioni, sia perché costituiscono le fondamenta della psiche umana. Per Mircea Eliade, infatti, i simboli appartengono, con il mito, alla sostanza della vita spirituale, sono connaturati all'essere umano e adempiono una funzione importante: la riscoperta di quel lontano passato che l'umanità tuttora ignora, quel paradiso perduto, quell'altra dimensione spirituale più ricca rispetto al mondo chiuso del nostro momento storico. Perciò, affinché l'uomo possa prendere coscienza del suo nuovo posto nell'universo, è necessario rintracciare la verità archetipica dei simboli più antichi, tramandatici nei secoli attraverso culti, miti, leggende di tutti i popoli del mondo.
A seguito di una lettura, in occasione della visita a un museo o a una chiesa, dopo aver assistito a uno spettacolo e in numerose altre circostanze legate allo studio o allo svago, simboli concernenti il Cristianesimo si presentano allo sguardo e allo spirito. Questi segni hanno segnato profondamente la cultura mediterranea e occidentale. La loro comprensione è indispensabile per apprezzare appieno il nostro patrimonio artistico, intellettuale e spirituale, nonché per apprendere i valori filosofici e morali sui quali si fonda la società laica. Questo lessico raccoglie oltre 500 simboli d'origine evangelica e, più in generale, biblica. Spesso condivisi con altre civiltà, essi sono stati progressivamente sviluppati e arricchiti in modo specifico dalla tradizione paleocristiana, da quella medioevale, poi da quella moderna. Alcuni di questi simboli sono ancora in uso nelle Chiese. Altri, appartenenti alla storia, sono stati in parte dimenticati, anche se restano incisi nella pietra delle cattedrali, si ritrovano sui muri affrescati, sulle pergamene degli antifonari o nelle pagine dei libri, per esprimere un messaggio sui Misteri cristiani. Il volume guida alla comprensione del linguaggio simbolico, a volte complesso e contraddittorio, altre volte di un'assoluta limpidezza.
Prima che le divinità femminili spodestassero la religione matriarcale, in tempi lontanissimi regnava la religione primigenia della Grande Madre. E proprio dalla Grande Madre derivano le Vergini Nere, le Madonne Nere dal volto scuro venerate in molti santuari in Borgogna, Alvernia e Linguadoca. Ma qual è il loro mistero? Petra van Cronenburg si propone di dare una risposta in questo libro, che ripercorre la storia di questi culti, a partire dai celti, i galli, i romani, per arrivare fino ai nostri giorni, alle porte di una militante teologia femminista che si riallaccia, o almeno cerca di farlo, alla religione primigenia della Grande Madre.
Gli storici dell'arte che applicano il termine "arte sacra" a qualsiasi opera di soggetto religioso dimenticano che l'arte è essenzialmente forma. Perché un'arte possa essere chiamata "sacra" non basta che i suoi soggetti derivino da una verità spirituale, bisogna anche che il suo linguaggio formale testimoni della stessa fonte. Non è questo il caso dell'arte religiosa del Rinascimento o del Barocco, che non si distingue per nulla, dal punto di vista dello stile, dall'arte fondamentalmente profana di quel periodo. Merita la denominazione di "arte sacra" solo un'arte le cui stesse forme riflettano la visione spirituale propria a una data religione.
Come si è riusciti tecnicamente a edificare le immense cattedrali, sorte in Europa occidentale tra il 1050 e il 1400, che per la loro complessità architettonica superarono tutte le grandi costruzioni realizzate dall'uomo dal tempo delle piramidi? Quali erano i materiali impiegati e per quale motivo furono scelti dai geniali architetti? Quali i principi costruttivi su cui si fondavano i mirabolanti progetti? Conoscenze provenienti dall'antica Roma da un lato, sapere distillato nelle università arabe in Spagna dall'altro, e neoplatonismo di derivazione greca furono le maggiori componenti che influenzarono la tecnica e il simbolismo delle cattedrali più importanti.
Una grammatica dell'iconografia cristiana. Così potrebbe essere definita la presente pubblicazione, in cui è offerta la trascrizione di un antico manoscritto bizantino, reperito nella prima metà del XIX secolo nel Monte Athos e trasmesso di generazione in generazione negli atelier dei monaci-pittori, almeno a partire dal XV secolo. Il manoscritto si compone di quattro parti che spiegano la maniera di preparare i colori e di come impostare gli affreschi e le icone. La pittura bizantina è una delle fonti più antiche dell'arte sacra tradizionale in Occidente, da cui emerge il carattere metafisico delle regole pittoriche trasmesse fra i monaci.