L'allarme per un ipotetico ritorno del fascismo guarda nella direzione sbagliata. L'attenzione degli allarmati democratici si concentra sui segnali più vistosi: gesti identitari (saluti romani, croci celtiche), violenze fisiche, manifestazioni di odio razziale. Si tratta di fenomeni esecrabili, ma appunto perché plateali forse meno pericolosi rispetto a quelli meno immediatamente evidenti: i movimenti politici che, pur ripudiando il ricorso alla violenza agita sul piano fisico (ma non su quello verbale) e pur muovendosi all'interno delle regole del gioco democratico, manifestano chiari caratteri ereditari del fascismo novecentesco. Sono quei partiti - spesso difficilmente riconducibili alle categorie di destra e sinistra - che vengono convenzionalmente definiti come populisti o sovranisti. Mentre i nostalgici dichiarati del nazifascismo non sono che un fenomeno di nicchia, i populisti europei e americani discendono, consapevolmente o inconsapevolmente, non dal Mussolini fondatore del partito fascista ma dal Mussolini che per primo intuisce i meccanismi della seduzione politica nella società di massa. Dopo anni dedicati a un corpo a corpo storico e letterario con i protagonisti del fascismo novecentesco, Scurati si solleva sopra quella materia bruciante e in queste pagine ne individua con limpida precisione le leggi e le eterne insidie, consegnandoci un testo fondamentale per affrontare l'epoca inquieta che stiamo attraversando.
Dopo quasi ottant'anni la guerra è ricomparsa sul Vecchio Continente. L'aggressione scellerata che Vladimir Putin ha scatenato contro l'Ucraina il 24 febbraio 2022 ha rotto decenni di pace e ha fatto sì che l'Europa tornasse a essere ciò che per secoli era sempre stata fino alla conclusione del secondo conflitto mondiale: 'il posto della guerra'. Come è potuto accadere uno scempio simile proprio nella 'civile Europa'? Nel luogo che ha rappresentato un pilastro di quell'ordine liberale che ha trasformato il sistema internazionale stringendo attorno a sé una famiglia di democrazie affratellate e tessendo una fitta trama di istituzioni e trattati garanti della cooperazione e della pace? Se la pace, dunque, è stata infranta proprio dove le condizioni per mantenerla erano le migliori possibili, che speranza resta per evitare che la forza ricominci a essere la sola 'regola del mondo'? La risposta a questa domanda passa per la consapevolezza che la possibilità di escludere la guerra come prospettiva deriva proprio dalla credibilità e dalla sopravvivenza di quell'ordine liberale che la guerra di Putin ha messo sotto attacco: l'invasione russa dell'Ucraina non è infatti solo una dichiarazione di ostilità mortale nei confronti di quel paese, ma è anche un'esplicita aggressione all'Occidente democratico e ai principi e alle regole su cui si fonda. Ripensare la guerra, e il suo posto nella cultura politica europea contemporanea, dopo l'Ucraina è il solo modo per non trovarsi di nuovo davanti a un disegno spezzato senza nessuna strategia per poterlo ricostruire su basi più solide e più universali. Perché se c'è una cosa che la fiera resistenza del popolo ucraino ci ha insegnato è che non bisogna arrendersi mai, che la difesa della propria libertà ha un costo ma è il presupposto per perseguire ogni sogno, ogni speranza, ogni scopo, che le cose per cui vale la pena vivere sono le stesse per cui vale la pena morire.
Qual è il senso dell'Europa?
«Per Ida Magli l'Europa-UE era il problema antropologico centrale, nostro e del nostro tempo: il vivere dell'essere umano – e tanto più di un popolo – in una comunità creata artificialmente. E il problema antropologico sfociava necessariamente nella politica» – Giordano Bruno Guerri
Scritto nel 1997, questo libro audace e provocatorio è un documento che ripercorre uno dei passaggi chiave nella storia della seconda repubblica. Dopo il Trattato di Maastricht agli italiani è stato chiesto un grande sforzo per aderire alle direttive comunitarie: sacrifici economici, nuove tasse, compressione dei consumi. Ida Magli, voce fuori dal coro in un momento storico di europeismo convinto di tutta la classe politica, sollevava numerosi dubbi sul progetto: siamo sicuri che l'Europa sia quel paradiso terrestre promesso? Il tenore di vita è davvero destinato a migliorare? E la disoccupazione? E la cultura delle minoranze? E la nostra identità? Qual è, in sostanza, il senso dell'Europa? Domande alle quali a distanza di più di vent'anni si può provare a dare qualche risposta.
Perché si scrive? Per chi si scrive? In migliaia di lingue, in latitudini geografiche e tempi storici diversi, ''è la storia della condizione umana a tessere la trama che gli uomini raccontano instancabilmente agli uomini''. Per la prima volta in un unico volume sono qui raccolti i discorsi di accettazione del Premio Nobel per la letteratura pronunciati da quegli scrittori che hanno ritenuto, da un pulpito tanto vertiginoso, di privilegiare un sentimento di responsabilità verso il mondo, facendosi testimoni dell'irriducibilità dell'umano. Pagina dopo pagina tornano, ariose e vive, parole che oggi appaiono neglette o svuotate di significato: libertà, verità, impegno, uguaglianza, comunità, rivoluzione. Ci accorgiamo con stupore, pudore, nostalgia che erano possibili e commoventi, e ci chiediamo come sia accaduto che la tardiva fine delle ideologie abbia trascinato con sé, assieme ai regimi liberticidi che a esse si rifacevano, anche le aspirazioni di riscatto sociale, di progresso, democrazia, solidarietà e giustizia. Parole che da questo generoso levarsi di voci prendono corpo e assumono una fisionomia collettiva, per quanto fatta di mille differenze e punti di vista, giungendo alle domande essenziali che ci riconnettono agli infiniti esseri umani che hanno abitato, abitano e abiteranno questo pianeta.
La ricca produzione machiavelliana è testimonianza di una delle epoche più tormentate e significative della civiltà occidentale, ove prassi politica, riflessione storico-filosofica e inventiva letteraria si fondono armonicamente insieme. La riflessione politico-filosofica machiavelliana non è affatto avulsa dal contesto, bensì sempre radicata nella quotidiana esperienza umana e politica di quegli anni di doloroso travaglio storico, i quali tuttavia furono fonte inesauribile di ispirazione, di una costante meditazione sulla natura e sulla condotta umana. Riproponiamo al lettore in un unico volume, secondo l'edizione critica di Mario Martelli, le opere di uno dei massimi ingegni del Rinascimento.
Questo libro pone delle domande apparentemente banali, come sempre appaiono le grandi questioni: viviamo davvero in una democrazia? I politici ci rappresentano davvero? Lo Stato pensa davvero al bene dei cittadini? La risposta degli autori è sempre no, il cittadino non possiede, in realtà, nessun potere, per cui l'intero progetto della vita sociale deve essere ripensato da un "laboratorio per la rivoluzione" composto da studiosi che sostituiscano i politici. Pubblicato per la prima volta nel 1996, questo dialogo si mostra oggi in tutta la sua preveggenza, anticipando fatti come la nascita del Movimento 5 Stelle, spronandoci a ripensare questioni cruciali come la cultura, i flussi migratori, la scuola e i mass media attraverso una difficile ma necessaria operazione di "dissolvimento dell'ovvio".
La Politica è un saggio di economia, di storia delle costituzioni, di dottrina dello stato, di filosofia del diritto. Ma è soprattutto la trattazione di quella che, fra le scienze che si occupano della condotta morale dell’uomo, ha una funzione strutturale, poiché fornisce gli strumenti per ordinare uno stato in cui sia possibile vivere bene (e, ultimamente, umanizzarsi). Tessendo la sua ricca trama, Aristotele tiene uniti sintesi teorica e analisi (a tratti sorprendentemente “attuale”) della realtà del suo tempo, prescrizione ideale e sano realismo. Al centro di tutto, una concezione strutturalmente relazionale dell’uomo (“animale politico”), che oggi più che mai abbiamo necessità di riguadagnare.
Gianni Cervetti è un universitario nella Milano del dopoguerra che sogna di fare il medico. Ben presto però la sua passione politica lo avvicina al PCI e nel 1956 viene inviato a Mosca per studiare da quadro del partito. Sono anni decisivi tanto per la sua formazione politica e intellettuale quanto per la sua vita personale; qui comincia il lungo percorso che lo porterà a diventare, nei decenni, un grande conoscitore di cose, ambienti e personaggi russi. Nel 1961 torna a Milano e continua il suo impegno nel partito fino ad approdare nel 1975 alla segreteria nazionale con Berlinguer. In una ricostruzione vivida dei fatti salienti della sua epoca, Gianni Cervetti non solo ci restituisce il clima politico di quegli anni di speranze e disillusioni, ma ci offre personalissirni ritratti umani e aneddoti sui suoi protagonisti: da Giorgio Napolitano a Bettino Craxi, da Concetto Marchesi a Luigi Longo, Emilio Sereni, Giancarlo Pajetta, Emanuele Macaluso e molti altri.
Thomas Piketty raccoglie in questo libro i suoi interventi apparsi su "Liberation" dal settembre 2004 al maggio 2015, componendo una straordinaria sintesi dei temi a lui più cari, già affrontati più analiticamente nel "Capitale nel XXI secolo". Gli articoli testimoniano nel loro complesso il tentativo di comprendere e analizzare il mondo giorno dopo giorno e di impegnarsi nel pubblico dibattito, cercando di conciliare la coerenza e la responsabilità del ricercatore con quelle del cittadino. La risposta alla domanda contenuta nel titolo prende forma articolo dopo articolo: si può salvare l'Europa? Solo con una vera riforma democratica delle sue istituzioni. La soluzione non è infatti "l'aggiramento della democrazia con il ricorso a norme troppo rigide e a procedure tecnocratiche. Questa è la logica che ci ha condotto sull'orlo dell'abisso. Ora dobbiamo dire basta."
Nel corso della sua vita Togliatti coniugò l'attività di dirigente di partito con un'intensa riflessione sulla politica e sulla storia del Novecento, sulla cultura e la filosofia italiana e europea. Il volume raccoglie un'ampia scelta degli scritti e dei discorsi di preminente valore culturale dal 1917 al 1964: dagli esordi giornalistici negli anni della Grande guerra al celebre "Memoriale" di Jalta. L'antologia - la più ampia pubblicata in un unico volume - è costituita da sei sezioni tematiche ordinate cronologicamente e dedicate alla storia d'Italia, al fascismo in Italia e in Europa, alla democrazia repubblicana, al comunismo internazionale, all'eredità di Gramsci, alle polemiche culturali.
Il fisco conosce per nome e cognome tutti coloro che non pagano le tasse scavando ogni anno un buco di 180 miliardi nel bilancio dello Stato. Con i dati di cui dispone potrebbe stanarli subito, costringendoli a restituire quanto hanno rubato alla collettività. E sarebbe così in grado di abbassare la pressione fiscale sui contribuenti onesti. L’evasione è il cancro della nostra economia. Ma basta passare in rassegna le leggi che dovrebbero combatterla per capire che in Italia la lotta a un fenomeno senza uguali in altri paesi è solo una farsa. Il sistema è congegnato proprio per consentire ai contribuenti infedeli di non rischiare nulla. Perché i ladri di tasse sono anche elettori. E votano compatti come nessun’altra categoria. Perciò, sono protetti da una potentissima lobby politica. Che ha il suo zoccolo duro nel centrodestra. Livadiotti lo dimostra svelando chi ha scritto, proposto e votato quelle leggi che lasciano certezza di impunità agli evasori. Il lavorio di Berlusconi & Co. ha dato i suoi frutti: uno studio condotto in esclusiva per questo libro fa vedere come l’evasione sia sempre salita con i governi di centrodestra e scesa quando a comandare era il centrosinistra. E la lobby che ha fatto gli interessi dei contribuenti infedeli ha ottenuto il suo tornaconto. L’analisi dei flussi elettorali dal 1994 al 2008 dice che il voto degli evasori è sempre stato alla base dei successi di Berlusconi. Fino al 2013, quando i ladri di tasse sono passati armi e bagagli con Beppe Grillo. Scandalo nello scandalo, la casta della politica ha concesso un formidabile privilegio ai suoi rappresentanti in parlamento. Se un comune mortale guadagnasse quanto loro, la sua aliquota media arriverebbe al 39,4. Quella di Lor Signori è appena del 18,7 per cento.
Stefano Livadiotti è una delle firme più note de “L’Espresso”: da venticinque anni si occupa di economia e di politica con inchieste, interviste e reportage. Per Bompiani ha pubblicato L’altra casta. L’inchiesta sul sindacato (2008; tascabili Bompiani 2009), Magistrati. L’ultracasta (2009; tascabili Bompiani 2011), I senza Dio. L’inchiesta sul Vaticano (2011; tascabili Bompiani 2013).
Autobiografia politica e confessione esistenziale, "Ricordati di vivere" ripercorre trent'anni di storia italiana ed europea intrecciando vita pubblica e vita privata, passioni civili e passioni del cuore, alternando la dialettica e l'oratoria dei grandi drammi con l'ironia disincantata e le durezze del referto clinico. Dallo spaesamento di un giovane che diventa riformista in pieno '68 all'incontro con Bettino Craxi - un Craxi descritto in azione e nell'istante della decisione, ma anche a tavola e nel tempo libero, mentre fa politica e mentre vive - , dal caso Moro all'epopea laica e socialista degli anni ottanta, dal sodalizio con Giovanni Falcone alle stragi di mafia, a Mani pulite e al crollo della Repubblica. Se il filo rosso della storia è l'amicizia con Craxi e con Falcone, in queste mémoires di fine secolo lampeggiano i ritratti di François Mitterrand e Willy Brandt, di Berlinguer e Andreotti, di De Mita e Forlani, di Marco Pannella, Adriano Sofri e Raul Gardini. Senza astio e senza sconti - tantomeno a se stesso - Claudio Martelli racconta in presa diretta il labirinto delle intenzioni, le responsabilità e le dure corvées della politica per riannodare il filo spezzato di una storia con i suoi bagliori di gloria e i suoi fallimenti, le sue grandezze e le sue miserie, per gettare una luce nuova su quel passato più recente da cui tutti veniamo e sui perché di una crisi politica che non ci ha più lasciato.