Il nichilismo, la negazione di ogni valore, è anche quello che Nietzsche chiama "il più inquietante fra tutti gli ospiti". Si è nel mondo della tecnica e la tecnica non tende a uno scopo, non produce senso, non svela verità. Fa solo una cosa: funziona. Finiscono sullo sfondo, corrosi dal nichilismo, i concetti di individuo, identità, libertà, senso, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia, di cui si è nutrita l'età pretecnologica. Chi più sconta la sostanziale assenza di futuro che modella l'età della tecnica sono i giovani, contagiati da una progressiva e sempre più profonda insicurezza, condannati a una deriva dell'esistere che coincide con il loro assistere allo scorrere della vita in terza persona. I giovani rischiano di vivere parcheggiati nella terra di nessuno dove la famiglia e la scuola non "lavorano" più, dove il tempo è vuoto e non esiste più un "noi" motivazionale. Le forme di consistenza finiscono con il sovrapporsi ai "riti della crudeltà" o della violenza (gli stadi, le corse in moto). C'è una via d'uscita? Si può mettere alla porta l'ospite inquietante?
La prima riflessione sulla figura dello straniero in quanto tale, sul suo ruolo ambivalente, di minaccia e insieme di dono. Oltre ogni schematica contrapposizione tra rifiuto e accoglienza, emerge nell’analisi dell’autore l’irriducibile duplicità di una presenza con la quale ciascuno di noi è chiamato a confrontarsi.
Un testo asciutto e scritto con grande chiarezza, per capire a fondo l’inquietante prossimità dello straniero.
L'autore
Umberto Curi insegna Storia della filosofia all’Università di Padova. Tra le sue pubblicazioni, Meglio non essere nati (Bollati Boringhieri 2008) e, nelle nostre edizioni, Lo schermo del pensiero (2000).
Il legame tra diritti e dignità umana è un punto fermo nel pensiero giuridico corrente, fondato sul postulato che tutti gli uomini siano egualmente degni e si debbano reciproco rispetto per la comune umanità. Ma a questa accezione 'genetica' e ugualitaria della dignità umana, oggi prevalente, si sono contrapposte storicamente concezioni diverse, elitarie e subordinate all'esito dell'azione individuale. Umberto Vincenti risale alle origini classiche del concetto di dignitas hominis e ne ricostruisce il lungo percorso, fino alla odierna formulazione dei diritti: umani, inviolabili, fondamentali, della personalità.
Umberto Bresciani, nativo di Cremona, ha conseguito il dottorato in Lettere cinesi alla National Taiwan University di Taipei, Taiwan. Attualmente è docente presso l’Università Cattolica Fujen di Taipei. Esperto dei temi attinenti al dialogo religioso e culturale con il mondo cinese, ha pubblicato, in particolare, Reinventing Confucianism. The New Confucian Movement (Taipei 2001)
Descrizione
Il pensiero cinese contemporaneo appare fortemente contrassegnato dal cosiddetto movimento dei “Nuovi Confuciani” (New Confucian Movement). Opponendosi al radicale rifiuto del confucianesimo operato da molti intellettuali cinesi del XX secolo, questo movimento si propone di recuperarne i valori, facendo proprie al tempo stesso le istanze di modernizzazione provenienti dalla cultura occidentale. Esso ottiene oggi sempre più favore in Cina, contendendo il predominio culturale al marxismo e al liberalismo.
Il libro offre un’ampia e dettagliata introduzione alla filosofia cinese contemporanea e a questo importante ambito ancora poco noto al mondo occidentale. Vengono qui presentate la storia e le principali dottrine del movimento, approfondendo le figure degli esponenti di tre generazioni, dal 1921 ad oggi. Frutto di una ventennale e minuziosa ricerca delle fonti e e corredata da ricca documentazione, la ricerca, già pubblicata in lingua inglese, ha ricevuto ampi apprezzamenti dalla comunità accademica internazionale.
Il saggio mette a confronto i fondamenti filosofici del pensiero di Hegel e di Severino. A differenza di altri studi che hanno confrontato il pensiero hegeliano e quello severiniano sotto particolari punti di vista, questo è il primo studio sistematico che fa i conti con le opere dei due pensatori nella loro interezza. Benché non sia stato trascurato l'aspetto filologico e storico-critico del dialogo filosofico, questo studio ha voluto entrare nell’essenza della riflessione portata avanti dai due pensatori. L'hegelismo viene considerato come la forma di epistéme più coerente e rigorosa dell'idealismo tedesco e, conseguenzialmente, il compimento di tutto il pensiero filosofico occidentale a partire dalla sua origine greca. Ciò malgrado l'hegelismo viene ad imbattersi in contraddizioni insolubili, in particolare la non conciliabilità tra dimensione ontologica fondativa e quella storicistica del divenire, cioè il tempo: l’essere e il tempo. Hegel naufraga proprio nel tentativo di pensare rigorosamente l'identità e la non-contraddizione. La filosofia severiniana, invece, oltrepassato il divenire in senso occidentale, rimane fedele al proprio canone della incontradditorietà e si dimostra in grado di rispondere alle incoerenze hegeliane. Prefazione di Emanuele Severino
"Sta forse giungendo a compimento il senso espresso da più di duemila anni dalla nostra cultura che, come dice il nome, è "occidentale", cioè "serale", avviata a un "tramonto", a una "fine". L'evento occidentale è sempre stato presso la sua fine, ma solo ora, con Nietzsche, e poi con Heidegger e Jaspers, comincia a prenderne coscienza. Ma che cosa davvero finisce proprio oggi quando sembra che tutto il mondo insegua senza esitazione la via occidentale, fino ad annullare la specificità che finora ha reso riconoscibile l'Occidente e soprattutto la sua distanza dall'Oriente? Finisce la fiducia che l'Occidente aveva riposto nel progressivo dominio da parte dell'uomo sugli enti di natura, oggi divenuti, al pari dell'uomo, materiali della tecnica."
La parola "anima", nell'attraversare i più svariati sistemi di pensiero, genera una serie di equivoci in cui si nascondono vertiginose variazioni di significato. Percorrendole è possibile scorgere gli spostamenti di volumi di senso e le migrazioni linguistiche da cui dipendono le epoche storiche e gli scenari da esse dischiusi. L'analisi di Galimberti muove da Platone, che gioca l'anima su un doppio registro, coniugandola da un lato con la costruzione della ragione e il governo di sé, dall'altro con l'abisso della follia e la dissoluzione dell'individuo. Da allora in poi questi due registri non hanno cessato di condizionare la costruzione dei saperi.
Da una decina d'anni Umberto Galimberti tiene con regolarità una rubrica su "La Repubblica delle Donne", in cui risponde alle lettere che gli vengono inviate dai lettori e dalle lettrici del quotidiano. È una delle rubriche più lette e ha un seguito appassionato: non pochi conservano con cura i ritagli raccolti negli anni. Le risposte di Galimberti sono in effetti un esempio eminente del suo modo di intendere il lavoro del filosofo: sono risposte colte e profonde, ma sempre comprensibili e centrate. La parola di un filosofo che non ha paura di riflettere sul mondo contemporaneo, sugli eventi e sui disagi che tormentano gli uomini e le donne di oggi.
DESCRIZIONE: Kierkegaard è per antonomasia il filosofo dell’esistere contemporaneo, di ciascun uomo nei confronti di tutti gli uomini. Come egli propone in Il concetto dell’angoscia, l’umanità, a differenza di tutte le altre specie, è composta da individui ciascuno dei quali è se stesso ed «insieme» la specie tutta. Ogni individuo è Adamo, e pecca di nuovo insieme a lui, in modo altrettanto «originale», e così contribuisce a mutare la propria umanità, insieme a quella di Adamo e di ogni altro uomo.
Le vie su cui Kierkegaard particolarmente insiste per l’accesso dell’uomo all’autenticità del proprio esistere sono: la «ripetizione-ripresa», il «pentimento» e il «perdono». Vie sulle quali si soffermano i saggi qui raccolti, nella consapevolezza che nessuna di queste categorie esistenziali può essere oggetto né di constatazione né di dimostrazione. E tuttavia è grazie a queste categorie – da lui coniate – che Kierkegaard ha saputo dare nuovi nomi al mistero dell’esistenza.
COMMENTO: Una ricognizione sui temi della ripresa, del pentimento e del perdono nel pensiero del filosofo danese, scritta dai maggiori specialisti a livello internazionale.
Il volume di Umberto Regina intende offrire al lettore un'introduzione a tutta l'opera di Soren Kierkegaard, proposto come filosofo dell'arte dell'esistere. Lo studio vuole essere una nuova lettura che illumina volti inediti del pensatore danese.
Consegnato a parole, miti, filosofie, letterature e arti, il primato della vista si identifica da sempre con il possesso del sapere e l'esercizio del potere. Se in greco antico il lessico del vedere e quello del conoscere sono tutt'uno e se per il Platone de "La Repubblica" è filosofo "chi ama lo spettacolo della verità", l'equivalenza di teoria e visione, che fonda e attraversa l'intera metafisica occidentale, non ha nulla del dato acquietante, anzi si configura come una drammaturgia che è urgente interrogare. Un excursus dai grandi personaggi tragici a Freud, dalla mitologia classica alle testimonianze figurative più tarde, dai dialoghi platonici a Orwell, in cui l'autore indaga le ragioni che rendono lo sguardo così potente.