"Sia lodato Bartali": in questi termini un quotidiano plaude, il 24 luglio 1948, alla vittoria di Gino Bartali al Tour de France. Quel titolo suona oggi ironico, ma allora era assolutamente privo di scherno perché rivolto a un personaggio oggetto di una venerazione quasi religiosa. Proprio per questo il trionfo in terra francese assunse il sapore di un evento miracolistico che, secondo una vulgata largamente diffusa, avrebbe sdrammatizzato la rivoluzione nella quale l'Italia rischiava di precipitare dopo l'attentato al leader comunista Palmiro Togliatti. Singolare davvero è la storia di Gino Bartali proclamato nel 2018 cittadino onorario di Israele per aver contribuito, durante la Seconda Guerra Mondiale, a salvare centinaia di ebrei. Nella seconda metà degli anni Trenta il ciclista fu al centro di una vera e propria beatificazione da parte del mondo cattolico che attorno alla sua figura creò il mito del «magnifico atleta cristiano» contrapponendolo all'eroe sportivo muscolare del fascismo. Nel dopoguerra Bartali contese a Fausto Coppi il primato della popolarità e la rivalità fra i due campioni si alimentò anche di motivi politici: al Bartali «cattolico e democristiano» le folle contrapposero il Coppi «comunista». Un vero e proprio duello politico e sportivo: a colpi di Guerra Fredda e di pedale.
Il teologo della liberazione brasiliano Leonardo Boff e il sociologo portoghese Boaventura De Sousa Santos dialogano in modo serrato su temi di rovente attualità: la crisi agonica in cui versa l’Europa, il ruolo dell’America Latina nello scenario politico contemporaneo, l’imperialismo, la biodiversità, un grido accorato in difesa della Terra e della Natura, il riscaldamento globale, i diritti umani dei popoli indigeni, la critica a un capitalismo distruttivo fondato sui principi di un neoliberismo selvaggio. Se il Sud globale è stato vittima di un’esclusione causata dal colonialismo, da queste pagine emerge chiaramente che sarà proprio guardando al Sud del mondo, alle sue sperimentazioni politiche e sociali, che la vecchia Europa potrà trovare, forse, linfa vitale per risollevarsi dalla crisi e speranza per aprire nuovi cammini.
Sangue infetto, smaltimento illegale dei rifiuti, speculazioni edilizie, depredazione del territorio, corpi femminili usati come merce di scambio. Sono molte le forme che assume la corruzione, senza contare quello che accade all'interno dei partiti. Fiumi di denaro mangiati a scapito dei cittadini e della loro vita. Ma non tutti osservano immobili l'assalto alle risorse pubbliche e l'ingordigia di chi ha come unico scopo l'arricchimento personale. Esiste una nazione che non si vede, che si oppone e che per questo ha pagato e continua a pagare per la propria onestà. Ma che non è arresa al dilagare dell'illegalità.
In questi tempi di crisi economica mondiale, la caduta di molti tabù sull'economia è pressoché inevitabile. Quello sull'infallibilità e l'efficacia degli aiuti economici internazionali è il più inatteso. Attraverso una disamina critica di alcuni aiuti economici della storia più recente, Stiglitz analizza non solo le differenze tra i Paesi che li elargiscono e quelli che li ricevono, ma anche l'uso che ne viene fatto e le relative conseguenze. Depositi, riserve e percentuali positive iniziano ad assumere così un altro significato. Domandandosi se queste speculazioni siano soggette alle leggi internazionali di giustizia oppure se ci sia bisogno di uno schema di redistribuzione degli introiti commerciali su scala mondiale, Stiglitz ci offre il suo punto di vista sulle brucianti contraddizioni dell'economia mondiale.
È stato un discorso epocale quello che Jorge Mario Bergoglio ha rivolto agli scrittori de «La Civiltà Cattolica». Il Papa ha chiesto loro di guardare al mondo con «inquietudine, incompletezza di pensiero e immaginazione». Non ha chiesto di vivere di certezze, ma con pensiero incompleto e immaginazione. Un discorso che archivia l'intransigentismo cattolico. Il direttore de «La Civiltà Cattolica», padre Antonio Spadaro, lo scrittore Raniero La Valle, la teologa musulmana Shahrzad Houshmand, lo storico del Cristianesimo Daniele Menozzi e il portavoce della Comunità di Sant'Egidio, Roberto Zuccolini, aiutano a inquadrare il tema da diverse prospettive, che il volume sviluppa nel contesto di una nuova alleanza tra civiltà, la sola capace di creare un'etica universale che, nell'epoca della globalizzazione, può sconfiggere gli opposti fondamentalismi.
Quattro saggi inediti si affiancano in questo volume a uno studio sull'eredità dell'etica marxiana e al testo, ormai classico, sulla teoria dei bisogni. Una lettura del pensiero di Marx decisamente controcorrente che - analizzando il rapporto con la modernità, la giustizia, la liberazione dell'uomo, l'ebraismo, la cultura tedesca - sottolinea l'importanza filosofica del lavoro di Marx, la cui attualità non è scalfita dal superamento delle sue teorie economiche o sociologiche ed è ancora oggi indispensabile per comprendere i caratteri fondamentali della nostra modernità e molti problemi cruciali del nostro tempo. «Karl Marx non si è mai identificato con il suo essere un tedesco o un ebreo, né con il suo essere un membro del proletariato internazionale o un marxista. È ben nota la sua affermazione: 'lo non sono un marxista, sono Karl Marx'. Quindi quando parlo di Marx come filosofo ebreo-tedesco ho in mente l'identità delle sue creazioni, della sua opera, della sua filosofia, non la sua identità personale».
Michel Foucault può ritenersi, a ragione, l'ultimo grande interprete del pensiero occidentale. Le sue posizioni spregiudicate, la straordinaria raffinatezza di un'indagine che forza i limiti della nostra "cultura", ne fanno un punto di arrivo per chiunque aspiri a una lettura intelligente del nostro tempo. Nel 1978, quando la sua filosofia andava ormai descrivendosi come una «radicale pratica dello smascheramento», Foucault rilascia questa lunga intervista. In essa, il maestro si misura con i grandi temi chiave della sua ricerca: l'archeologia del sapere, la "morte dell'uomo" negli apparati di potere, la nascita delle società repressive, la crisi delle ideologie. Un colloquio che è anche una biografia intellettuale e una continua proposta di fuga dal mondo dell'"organizzazione totale". Un'occasione unica per scoprire (o continuare a esplorare) quel magnifico laboratorio del pensiero che è stato Michel Foucault.
Tra il luglio 1942 e il settembre 1944 un treno merci partiva quasi ogni martedì dal "campo di transito" di Westerbork, in Olanda, portando il suo carico di esseri umani verso la Polonia, verso Auschwitz. Più di centomila furono i deportati alla fine della guerra, cinquemila i superstiti. Da Westerbork passarono anche Anna Frank e Edith Stein, e a Westerbork visse i suoi ultimi giorni la giovane Etty Hillesum, osservando, scrivendo e aiutando i suoi simili, fin quando anche lei dovette salire sul treno. In queste due lettere, scritte nel dicembre 1942 e nell'agosto 1943, Etty racconta il luogo dell'umiliazione e l'attesa della morte, guarda le persone, parla con loro, mostra i preparativi per la partenza nella notte, la dignità, la paura, descrive i volti dei soldati. Avrebbe potuto salvarsi; scelse invece di restare e di testimoniare quei giorni, con la voce di chi vive e scrive in perfetta armonia e sa esattamente cosa deve fare: aiutare gli altri, non cedere all'odio, cercare, nonostante tutto, la bellezza. Le due lettere vennero pubblicate clandestinamente dalla resistenza olandese nell'autunno del 1943. Per proteggere le persone coinvolte e sviare la censura, l'editore le aveva attribuite a un pittore fittizio di nome Johannes Baptiste van der Pluym e ne aveva aggiunta una terza falsa. Questi testi ci consegnano intatta la forza di una prosa dove ogni parola è vera, necessaria, intensamente vissuta.
La preghiera dei Salmi nelle parole del Papa. Se Dio parla all’uomo, anche l’uomo parla a Dio e il Salterio raccoglie preziose preghiere che riflettono gioia, dolore, scoraggiamento, fiducia, abbandono, supplica, ringraziamento… l’intera Storia dell’uomo.
«L'amicizia è la visione di sé con gli occhi dell'altro», e in questo riconoscersi, nella condivisione totale della gioia e del dolore dell'esistenza, incomincia la rivelazione della Verità. Per Pavel A. Florenskij - il filosofo che ha saputo unire la poesia e la scienza nella fede - l'amicizia è la più elevata forma di conoscenza. Una conoscenza che si attua nell'azione, che vive di fedeltà assoluta e che rappresenta, sulla Terra, l'emanazione della forza di Dio che ama. L'amicizia è l'undicesima delle dodici lettere contenute nel trattato "La colonna e il fondamento della verità", uscito per la prima volta nel 1914 e summa del pensiero del filosofo russo. La scelta della forma epistolare non è un espediente retorico, ma una necessità profonda nella quale il vissuto di Florenskij e la sua riflessione teoretica si riflettono l'uno nell'altra. Il "tu" a cui sono rivolte le lettere è infatti il cognato Sergej S. Troickij, morto tragicamente anni prima. Tutto il resto, nella sua ricchezza enciclopedica e nei suoi vertici di lirismo, è allora anche il frammento di un dialogo ininterrotto con l'amico perduto, eppure per sempre presente.
Agli inizi del Novecento lo studio degli atomi forniva risultati non spiegabili con la meccanica newtoniana: l'analogia tra la struttura atomica e un microscopico sistema solare non reggeva. Di fronte a una massa di dati incomprensibili all'interno di un consolidato contesto teorico, un gruppo di giovani scienziati tentò la sola via possibile: mutare le regole del gioco. Grazie a Bohr, Schrödinger, de Broglie, Heisenberg, Dirac, prese forma una teoria che avrebbe cambiato per sempre il nostro modo di fare fisica e di guardare alla realtà che ci circonda: la meccanica quantistica. Battiston, con le competenze di un scienziato e la chiarezza di un divulgatore, ci prende per mano e ci conduce nel misterioso campo di questa teoria dalle infinite applicazioni, mostrandoci tutta la fantasia della natura e i mobili confini della conoscenza umana.
L’analisi di Bauman è di grande attualità nel momento in cui l’ideale socialista viene riscoperto in tutto il mondo, da Bernie Sanders a Jeremy Corbyn. Il filosofo polacco riflette sull’impat­to che l’utopia vivente del socialismo ha avuto sullo sviluppo della so­cietà moderna. Considerando la contrapposizione tra pensiero sociale utopico e scientifico, Bauman presenta il socialismo come contro-cultura della società capitalista, esamina le ragioni del suo fallimento nella sua applicazione alla Rivoluzione russa ed esplora, infine, alcune possibili forme che l’utopia socialista potrebbe assumere nelle società industriali di fine secolo.
ZYGMUNT BAUMAN (Poznan, 1925 – Leeds, 2017)
Filosofo e sociologo polacco di origini ebraiche, si è formato all’Uni­versità di Varsavia e alla London School of Economics. Nel 1968 ha perso la cattedra a Varsavia a causa della ripresa dell’antisemitismo e dei conflitti interni che allora infiammavano la Polonia. Rifugiatosi dapprima in Israele, ha in seguito insegnato Sociologia all’Università di Leeds a partire dal 1971, dove è rimasto sino alla morte. Si è guadagnato una fama interna­zionale grazie alle sue ricerche sui rapporti fra modernità e totalitari­smo. Castelvecchi ha già pubblicato Scrivere il futuro (2016), La libertà, Meglio essere felici (2017) e Le nuove povertà (2018).