Il piacere del significante, per chi studia la lingua, è innanzitutto piacere della scoperta. Il piacere di smontare la forma di un testo per individuare, nella stratificazione dei livelli linguistici e delle singole scelte di stile, alcune costanti che siano - appunto - significative. La scoperta che scaturisce da una parola, da una frase, da un ritmo. L'idea che ogni elemento della forma possa contenere in sé tanti contenuti: tante informazioni - in certi casi, persino rivelazioni - sul presente e sul passato. In quest'ottica, cinque secoli di prosa letteraria possono essere indagati solo seguendo percorsi non lineari che - soffermandosi su momenti, autori e generi diversi - disegnano una storia linguistica mossa e frastagliata. Al centro di questo volume ci sono tre saggi dedicati rispettivamente alla riflessione sette-ottocentesca sul modello linguistico del Petrarca, alla riflessione metalinguistica di Manzoni nei Promessi sposi e ai riflessi della simulazione di parlato nella narrativa tardonovecentesca. Ai due estremi c'è il diverso lavorìo stilistico della commedia del Cinquecento e della narrativa di fine Novecento: dalla «commedia delle lingue» alla «lingua ipermedia». In mezzo, una serie di piccole monografie che tratteggiano il mutare di mode e stili. Dall'illuminismo della prima traduzione italiana di Candide al rococò dei paesaggi di Aurelio Bertola, dall'anticato dei romanzi storici di Maria Bellonci fino al minimalismo della «lingua domopak» di Andrea De Carlo. In un libro che cerca il senso della letteratura indagando la sua forma, il saggio iniziale è dedicato al particolarissimo senso del nonsenso tutto affidato alla creatività linguistica: più che un'introduzione, una dichiarazione d'intenti.
Il volume offre una guida sintetica e aggiornata sulle pratiche di scrittura del web insistendo sul profilo degli utenti, sulle peculiarità dei diversi ambienti e sul modo in cui le comunità che li popolano modellano il loro stile comunicativo nell'interazione. La prima parte è dedicata ad alcune questioni generali relative all'evoluzione di Internet, ai neologismi legati al web e alla testualità (interpunzione, multimedialità); la seconda si sofferma sui tipi di testo nati con la scrittura digitale e sulle loro caratteristiche specifiche; alla lingua come tema di discussione è dedicata la terza parte, che documenta l'interesse per la grammatica, per i dialetti e per le varietà regionali dell'italiano. Il percorso suggerito, senza identificare il web con i social network più diffusi, si snoda tra varietà di lingua e forme di aggregazione per mostrare come gli individui siano in grado di muoversi da uno spazio all'altro adeguando la partecipazione alla natura dei luoghi che frequentano.
Il ricorso agli insulti è una condizione presente in qualsiasi lingua e rappresenta un fenomeno crescente ed evidente all'interno della comunicazione mediata dalla rete. L'insulto è un elemento linguistico profondamente stigmatizzato, a tal punto da essere messo ai margini della ricerca nelle scienze del linguaggio. In questo contributo si cercherà di proporre una definizione di insulto e di classificare gli insulti a seconda delle diverse prospettive di analisi. Dopo aver discusso i risultati di una ricerca sulle pratiche di cyberbullismo, si forniranno alcune indicazioni sul ruolo dell'educazione linguistica, rispetto all'insulto, per quanto concerne la scuola e la comunicazione pubblica.
Come insegnare la linguistica italiana e la didattica dell'italiano nei corsi di Formazione primaria? Quali sono gli argomenti prioritari da presentare ai futuri maestri e maestre? Questi i principali interrogativi da cui è nato il libro, che raccoglie esperienze diverse e che mira a riproporre un confronto sulle conoscenze disciplinari irrinunciabili per ogni insegnante alle prese con il delicato compito di sviluppare nei bambini le quattro abilità, di arricchire il loro lessico e di avviarli alla riflessione sulla lingua. Le autrici delineano alcuni percorsi tematici attenti alle questioni di metodo: come attivare la curiosità per la lingua e il gusto intellettuale della scoperta, come esperire la lingua nella creatività, sia manipolando le regole sia infrangendole; come far leva sulla ricca offerta di programmi televisivi e web di cui i ragazzi si nutrono nel tempo libero per formulare proposte didattiche efficaci; come, con minime nozioni di storia linguistica, acquisire una consapevolezza storica che dia ragione delle caratteristiche dell'italiano contemporaneo. La bibliografia ragionata che chiude il volume costituisce il punto di raccolta di tutti i fili che lo percorrono, e si pone come sintesi di riferimento per chi voglia aggiornare o approfondire la preparazione in materia.
Il volume si propone di definire ed esemplificare un paradigma significativo di usi "creativi" della punteggiatura italiana contemporanea, in particolare del punto fermo, della virgola, del punto e virgola, dei due punti, delle parentesi tonde, delle lineette doppie, della lineetta semplice, del punto interrogativo, del punto esclamativo e dei puntini di sospensione. Con usi "creativi" si intendono quegli impieghi interpuntivi che - per ragioni morfosintattiche o comunicative - si scostano dalla loro manifestazione standard, codificata dalle grammatiche e descritta nei libri specialistici. Il volume è fondamentalmente un libro di linguistica, ma la sua impostazione non esclude che l'ampia batteria di esemplificazioni interpuntive proposte possa tornare utile anche a chi intenda munirsi di strumenti concettuali per portare avanti un lavoro di stilistica letteraria con attenzione alla punteggiatura.
Secondo una indovinata definizione di Renzo Arbore, Massimo Troisi era «un napoletano moderno». Moderno è anche il napoletano da lui portato in televisione e poi al cinema. In questo libro la lingua e lo stile di Troisi attore sono visti in correlazione con le modalità comunicative dei suoi anni, mentre si ridimensionano alcuni giudizi critici e stereotipi. "La Smorfia" di Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro irrompe in televisione negli anni Settanta del Novecento, con un uso consistente del dialetto, proprio quando si comincia frettolosamente a parlare di fine dei dialetti. Moderna è anche la soluzione adottata nel cinema, con un parlato recitato apparentemente incontrollato, ma in realtà minutamente dosato in un fluire dialogico che concede ampio spazio al dialetto. Oggi nella comunicazione spontanea i parlanti realizzano spesso frasi e discorsi in cui italiano, dialetto, italiano regionale si susseguono e si accavallano, proprio come accade nei film di Troisi, che sono documenti di modernità linguistica e di una rinnovata vitalità artistica dei dialetti.
Nella vita di tutti i giorni, facciamo molta attenzione alla qualità: facciamo colazione con caffè fair trade e biscotti in cui non vogliamo olio di palma, beviamo acqua minerale con pochissimo sodio e ci informiamo accuratamente sui grassi contenuti nei vari cibi. Se però - ad esempio - vogliamo leggere sul nostro tablet un'opera della letteratura italiana, non facciamo abbastanza caso a ciò che scarichiamo da internet. C'è un curioso paradosso nell'uso che facciamo del web: prendiamo per buono quasi tutto ciò che vi troviamo, senza chiederci come vi è stato caricato né come "funziona" un e-book. A partire dagli anni Novanta, si è assistito a una vera e propria corsa alla digitalizzazione di opere letterarie, specie se non soggette a diritti d'autore. Dal commercio di biblioteche digitali su CD-ROM, si è presto passati a piattaforme online gratuite, almeno in apparenza. La forza di tali progetti è nella quantità di titoli inseriti, più che nell'affidabilità di ognuno di essi, che risente fortemente delle dinamiche - frettolose e low cost - con cui queste risorse sono state acquisite. Questo libro avverte sulle dinamiche della digitalizzazione di massa e sulla conseguente ipoteca che grava sulla qualità dei relativi prodotti, non per scoraggiarne l'impiego - ormai entrato nella prassi quotidiana di ampie fasce della popolazione - ma per abbinarvi la necessaria consapevolezza critica, che consiglia spesso una verifica sulle più accreditate fonti cartacee.
Questo libro non vuole essere un manuale di comunicazione gentile, ma il suo contrario: un corso di "lotta di strada" per imparare a stare nei conflitti quando ci si sente circondati, quando si è fatto qualche passo falso e tutto sembra andare storto. Perché non bisogna aver paura della naturale tendenza umana a litigare, occorre solo guardarla in faccia per quella che è: una forma di violenza (verbale) che è l'ultimo rifugio degli incapaci (a discutere), parafrasando Asimov. In una società iperconnessa che oscilla tra il cittadino "silenzioso" che, per eccesso di politicamente corretto, non ha più voglia di discutere, e il cittadino "urlatore" immobile nelle sue posizioni impermeabili a ogni confronto, abbiamo bisogno di persone che sappiano fare la differenza discutendo. Dalle ceneri fallimentari dei nostri litigi possono nascere, infatti, dispute felici piene di soddisfazione. Basta imparare dagli errori: come quando sbagliamo, anche litigando si impara.