Centrale nell'analisi di questo Commento del Crisostomo è l'interpretazione e il senso da dare alla sofferenza di Giobbe. Il Crisostomo esclude che si possa leggere in chiave retributiva. Egli è infatti al di sopra di qualsiasi peccato per il quale Dio avrebbe potuto punirlo. Quindi, per mezzo della figura di Giobbe, il padre antiocheno esprime una forma di pedagogia divina attraverso la quale tutti devono apprendere dalla sofferenza di Giobbe. Accanto al tema dell'edificazione, e come intrecciate ad esso, ricorrono nel commento biblico altre questioni alle quali il Padre della Chiesa si sforza di rispondere, come la presenza del male, la prosperità dell'empio, il distacco dai beni, il pericolo delle ricchezze, l'educazione dei giovani.
Il Libro di Giobbe, presente da sempre nei canoni della Bibbia, offre spunti di lettura e di interpretazione sorprendenti, non solo sul piano teologico ma anche sul piano filosofico. L'autore parla dell'esperienza di Dio che vive, indissolubilmente "buona" e "cattiva" a un tempo, e afferma una verità che fa scalpore: l'eccesso del male è una teofania, un "tocco" di Dio. I dialoghi del Libro di Giobbe si possono considerare uno dei luoghi principali in cui si compie la rivoluzione etica ed escatologica della Bibbia: l'invenzione di una morale del tutto nuova, quella dell'amore, per la quale il male non è tollerabile e grazie alla quale, proprio per questo motivo, il senso della vita umana non può che essere quello di lottare contro il male, anche oltre la morte. L'autore del libro biblico ne illumina in particolare la dimensione personale, quel momento in cui un'anima vede approssimarsi l'inferno per sé sola, e fonda in risposta una legge d'amore. Proposto in una nuova edizione profondamente rinnovata, il presente studio si giova anche di un commento al libro di Emmanuel Levinas, intitolato Trascendenza e Male.
Il Commento ad Abacuc, composto tra il 389 e il 392, è dedicato a Cromazio, vescovo di Aquileia. Girolamo offre una lettura spirituale: Nabucodonosor è il diavolo e i Caldei sono i suoi seguaci, ovvero i demoni o gli eretici. Nel Commento ad Abdia, composto intorno al 396, gli Idumei che aggrediscono gli Israeliti alludono agli eretici che insidiano i credenti e li spingono ad uscire dalla Chiesa. Nei due commenti, seppure in misure diverse, Girolamo ricorre al suo repertorio esegetico consueto che combina letteratura patristica, cultura classica profana e tradizione giudaica.
Perché Elia è un profeta attuale? Perché tutte le sue vicende richiamano le tematiche fondamentali del credere oggi: la formazione alla laicità; il rapporto con il potere e con i non credenti; l'incontro con il vero volto di Dio e la scoperta dell'altro come luogo di fede. Nel suo itinerario spirituale possiamo comprendere cosa significhi oggi vivere in un mondo sentito spesso come "nemico di Dio": Elia, uomo del suo tempo, è anche uomo del presente che sa dare speranza nel futuro.